La terza edizione degli Indiependenza Award si è tenuta il 13 dicembre 2023. Ma che cazzo sono gli Indiependenza Award? Beh, una cafonata. Nominalmente sono dei premi che Gameromancer assegna ai migliori giochini piccini indie dell’anno corrente, ma in realtà le statuine (che non esistono) altro non sono che un pretesto per parlare un po’ di videogiochi che tendenzialmente la bolla del videoludo non è che racconta in modo così massivo.
Ma esattamente, indie che vuol dire?
Bella domanda. La risposta ormai è “niente”. Però per vari motivi l’etichetta ha ancora senso di venir presidiata (l’alternativa è che poi decida Geoff Keighley per tutti chi è indie e chi no). Il criterio indie che abbiamo seguito per questa edizione è presto detto: no a chi non ne ha bisogno. Quindi fuori dai giochi Devolver, Annapurna, i platform holder, Gearbox Publishing e via così. Per quest’anno Thunderful s’è deciso che è ancora considerabile bisognosa di spazio, perché c’hanno i soldi ma l’IP più grossa pubblicata nei fatti è quella di Steamworld. Torneremo sulla cosa. Forse.
In realtà forse un cazzo: torneremo sulla cosa perché è importante riuscire a trovare un criterio che abbia una ratio, e questo è perfettibile. Il dibattito è in progress. E puoi partecipare anche tu.
Come mai quest’odio per Geoff e i TGA?
Ascoltati ‘sto podcastino clickbait, va. Tendenzialmente comunque è perché siamo gente di sinistra e i TGA sono una pura emanazione del capitale.
Detto questo, qui di seguito c’è la replica della diretta con a corredo tutte le varie categorie, le nomine e il vincitore. Dove disponibile qualche approfondimento (scritto, video o podcast) ci sono pure i linkini. Ganzo, eh?
Pippo’s Choice Award
Una delle piccole tradizioni degli Indiependenza Award è che ad una certa sul gruppo Facebook della Ribellione si apre una sondaggineaperta dove si possono votare i giochini piccini dell’anno. Criterio libero, dopotutto è uno spazio della gente. Quest’anno arrivati alla chiusura delle urne c’è stato un ex aequo (che vor dì “hanno pareggiato”) tra Dredge e Sea of Stars. Presentiamo i due giochini:
Dredge, di Black Salt Games (pubblicato da Team17). Tipo una delle poche cose che all’interno del videoludo non ha ridotto Lovecraft a mera estetica e tentacoloni ma ne ha colto il significato dando vita ai suoi orrori. All’Avvocato Alteri ha ricordato per qualche motivo Death Stranding, ed è stato quindi furbescamente ribattezzato Dredge Stranding. È pure uscito un DLC l’altro giorno;
Sea of Stars, di Sabotage Studios. I tizi di The Messenger hanno cagato un jRPG. È sfiziosino, con tutto che ci mette una vita a ingranare (botte a parte). Ho rotto un sacco le palle per coprirlo io su PoteriArcani La Rivista Ufficiale;
Sapore Littorio Award
È il premio per il miglior indie italiano. Pare valga la pena recuperare anche solo quella parte della diretta perché c’è stato un siparietto dal sapore (appunto) littorio che dimostra qual è la vera cifra stilistica di Gameromancer: la locura. Comunque, i nominati:
Roller Drama, di OpenLab Games. Disclaimer: Pietro Polsinelli è una delle persone più meravigliose su cui abbiamo avuto la fortuna di inciampare in questo settore di stronzi che si sentono stocazzo. In una premiazione propriamente detta questo sarebbe conflitto di interessi. Qua non si vince un cazzo se non 5 minuti di dubbia celebrità, e Roller Drama se li merita tutti per il suo essere una delle cose più DAMS giocate quest’anno. Rece, DLC del podcast, tanto amore, tutto assieme;
Crime O’Clock, di Bad Seed (pubblicato da Just for Games): Praticamente il tenente Colombo che s’è inchiappettato Where’s Wally, Waldo o come cazzo si chiama alle tue latitudini. Funziona in modo svizzero /badumtss, ha il nostro humor cretino sui nomi e sfotte pure il capitalismo. Potenziale GOTY;
dotAge, di Michele Pirovano. 9 anni di sviluppo ma ce l’ha fatta ed è andato pure alla grande. Che gli vuoi dire? A parte parlare di capitale nella rece facendo incazzare diversa gente;
Children of Silentown, di Elf Games Works e Luna2 Studio (pubblicato da Daedalic Entertainment). Un’avventura grafica vecchio stile che eredita i soliti enigmi un po’ cervellotici classici del genere. All’inizio sembra avere qualcosa di grosso da dire ma la risoluzione del “mistero” è più semplicistica di quello che ci si aspetterebbe;
Shattered Heaven, di Leonardo Production. Pare l’ennesimo SlayTheInspired (sì, i giochi tipo Slay the Spire si chiamano così, è canon, stacce) ma in realtà poi sotto c’è un RPG story-driven pure ragguardevole. L’Avvocato c’è finito sotto almeno. O meglio, a destra. Comunque dal lato sbagliato della vicenda.
Il premio meno ambito della storia dei premi in Italia (meno ambito pure del Tapiro d’Oro) lo vince Crime O’ Clock.
Giustizia Sociale Award
L’equivalente di un “Games for Impact” o quelle cagate lì che parlano di giochi che hanno un messaggio, un impegno, altre cose che poi la gente taccia per politicamente corretto o woke culture. Quest’anno in lizza c’erano:
A Space for the Unbound, di Mojiken (pubblicato da Toge Productions): Un To The Moon sulla depre che dal punto di vista del giochino sbaglia tanto per 4 capitoli – ma glielo perdoni per la storiella – e poi col capitolo 5 droppa i megatoni. E tu droppi i lacrimoni;
Viewfinder, di Sad Owl (pubblicato da Thunderful): Gorogoa ma in 3D. Con un messaggio ecologista marcato, una art direction pazzesca e insomma, che aspetti?
Venba, di Visai Games. Cooking Mama ma con un’anima. E niente, dura due ore, ci penserai per il resto della tua vita. Se non lo giochi sei stronzə tu. Anche qua mi sono venduto al male pur di parlarne bene;
VideoVerse, di Kinmoku. Praticamente una visual novel ambientata su Miiverse. Che parla di tossicità delle community. Pazzesca (anche se sta in piedi con gli stuzzicadenti). Se sei cresciuto su Forumfree, rischi di rimanerci sotto;
Saltsea Chronicles, di Die Gute Fabrik. Non pago dell’impegno sociale è pure un gioco sfacciatamente di sinistra, dove non c’è un unico protagonista ma un coro e con un mini-gioco dove per vincere non devi accumulare carte. Più chiaro di così.
La non-fungible-statuina la vince Viewfinder.
Micosi Award
Ecco, sapevo che mi ero dimenticato di introdurre un concetto. Ogni anno agli Indiependenza Awards nominiamo delle Persone Indiecate che in un modo o nell’altro hanno reso (a nostro avviso almeno) lustro al mondo indipendente all’interno del circo della Game Critique. In buona sostanza a questa gente appaltiamo una categoria (di solito proposta da loro) per cui hanno piena autonomia decisionale su tutto. Quest’anno una delle tre persone indiecate era Giulia Martino, che ha ovviamente proposto un premio a tema funghi:
March of Shrooms, di KWT Games (pubblicato da Freedom Games). È una roba pazza e coloratissima dove vabbè, il rimando ai funghi è estremamente chiaro da subito direi;
Lone Fungus, di Basti Games. Un clonazzo di Hollow Knight ma con i funghi. Giulia evidenziava come peraltro il concetto di “fungo solitario” sia quasi un ossimoro, che poi è un po’ il motivo per cui l’ha giocato;
Saltsea Chronicles, di Die Gute Fabrik;
Smushi Come Home, di SomeHumbleOnion (pubblicato da Mooneye Studios). Quasi uno zeldino, qui la cosa fica è che c’è una sorta di diario dei funghi da riempire esplorando, e si tratta di funghi che esistono anche IRL. Giulia ne ha parlato su Final Round, con un pezzo dove dà consigli su come andare a funghi. Bella lettura;
Universe for Sale, di Tmesis Studio (pubblicato da Akupara Games). Philip K. Dick nello spazio, con la meccanica base di gioco che è il poter creare universi combinando degli ingredienti. In qualche modo si può creare un universo popolato solo da funghi giganti;
Vince Saltsea Chronicles.
Calzati Award
Il premio al “miglior gioco di genere”. Cioè un gioco che non si inventa sostanzialmente nulla ma interpreta alla perfezione quelle etichette del cazzo che gli si appiccica sopra nella pagina di Steam. Questo lo hosta ovviamente Calzati. Che ovviamente ne ha giocato uno solo. Vallo a capire.
Sea of Stars, di Sabotage Studios;
Planet of Lana, di Wishfully (pubblicato da Thunderful Publishing): Limbo ma con i colori. E un sound design pazzesco. E quanto cazzo ho voluto bene a Lana e Mui. C’è la rece;
9 Years of Shadow, di Halberd Studios (pubblicato da Freedom Games): Sostanzialmente una coverona di Metroid Fusion che limona duro con Sailor Moon. Bella robina, design preciso, sta dal lato giusto della forza dei metroidvania senza eccessive derive rpg (ci sono le subquest, ma poche e opzionali) e insomma, uscire il grano perché merita di brutto;
Coffee Talk Episode 2: Hibiscus & Butterfly, di Toge Production. È Coffee Talk. È l’episodio 2. Un anno che parliamo di more of the same e DLC enormi venduti stand alone eccetera quando basterebbe chillarsi un po’ davanti ad una tazza di qualcosa di caldo;
Vernal Edge, di Hello Penguin Team (pubblicato da PID Games), Se 9 Years era Metroid, qua siamo più dalle parti di Castlevania. In ogni caso parliamo di un metroidvania (ma va?) che interpreta alla grandissima un genere che ormai è florido quanto gli spara-spara durante la settima generazione;
Vince Sea of Stars. Tendenzialmente perché Calzati è un Nintendaro e si rifà a Golden Sun.
Pezzotto Award
Presente il criterio indie di cui si parlava sopra? Ecco, questo premio fa il contrario. Qui si premiano solo le cose che il pubblico ha percepito come indie ma per noi non lo sono manco per sbaglio. Non vuol dire non meritino spazio. Non vuol dire non siano gioconi. Vuol dire che ti devi comprare The Talos Principle 2.
The Talos Principle 2, di Croteam (pubblicato da Devolver Digital). Vabbè che cazzo c’è da dì, ve lo dovete da giocà. O quantomeno giocate la rece interattiva;
Thirsty Suitors, di Outerloop Games (pubblicato da Annapurna Interactive). Madonna quanto cazzo è woke ‘sto giochino, su Parliamo di Videogiochi avranno pianto tre mesi;
Cocoon, di Geometric Interactive (pubblicato da Annapurna Interactive). Se di solito vale l’adagio se è Annaporno tolgo, nel caso di Cocoon siamo davanti alla cosa più arrapante della lineup del publisher dei buoni sentimenti (che poi usa come copertura per giustificare Ken Wong aka “il mostro di Florence”, ma vabbè). Cocoon è sostanzialmente perfetto, non c’è veramente un gran cazzo da dire;
Chants of Sennaar, di Rundisc (pubblicato da Focus Home). Heaven’s Vault ma con i soldi, mi verrebbe da dire. E ok, sono soldi di brutta gente, ma il giochino ci sta tutto. Magari grey market in questo caso che dici va;
The Cosmic Wheel Sisterhood, di Deconstructeam (pubblicato da Devolver Digital). Streghe, tarocchi, magia, un sacco di donne (quindi dittatura del politicamente corretto) e pure un Rolexino for Free di Igno a tema.
Vabbè, è inutile dire che ha vinto The Talos Principle 2.
Pezzente Award
La seconda persona indiecata della serata è Francesco Paternesi, host di Gaming Wildlife, il podcast di giochini di StayNerd. Fra c’è da praticamente l’inizio di Gameromancer. È una persona che ne sa a pacchi e non sfigura di fronte alle altre persone indiecate, anche se non ci crede. E ha avuto quest’idea fichissima del miglior giochino che forse non hai pagato (ma perché hai pagato un abbonamento):
Humanity, di tha ltd. ed Enhance. Sei un cane con dei poteri conferiti da Dio (oh, tieni a mente che tra “cane” e “Dio” ho scritto un sacco di altre parole) e devi condurre l’umanità alla salvezza. Un altro di quei giochini su cui riflettere mentre eviti alla gente di finire giù da una scarpata. È disponibile tramite PlayStation Plus;
What the Car?, di Triband. Sì, sono gli stessi pazzoidi di What the Golf?, solo che ci sono le macchinine. Disponibile tramite Apple Arcade;
Venba, di Visai Games. Su Game Pass di Xbox;
Thirsty Suitors, di Outerloop Games (pubblicato da Annapurna Interactive). Anche qui Game Pass;
Cocoon, di Geometric Interactive (pubblicato da Annapurna Interactive). Sempre Microsoft;
Vince Venba. Meritatissimo, ma sono di parte.
Stalin Award
Il gioco più de sinistra dell’anno. Quest’anno “di sinistra” in senso abbastanza lato.
The Bookwalker, di Do My Best (pubblicato da tinyBuild): un po’ un coito interrotto, ma una serie di setting un sacco fichi ed evocativi per un punta-e-clicca tutto sommato un sacco piacevole;
Crime O’Clock, di Bad Seed (pubblicato da Just for Games);
The Master’s Pupil, di Pat Naoum: il giochino di Monet che fa il verso a Limbo ma è una ficata pazzesca per le impressioni che suscita;
Rhythm Sprout: Sick Beats & Bad Sweets, di SURT (pubblicato da tinyBuild): Sei una cipolla e meni gente a ritmo di musica. Per qualche motivo Fra ci ha visto la lotta di classe, boh, ha fatto il DAMS;
Saltsea Chronicles, di Die Gute Fabrik;
Il premio (non) va a The Bookwalker.
Normie Award
Terza persona indiecata della serata è Lorenzo Fantoni, founder di N3rcore e soprattutto giornalista “che ce l’ha fatta” e parla di giochini sulla stampa mainstream. Quando gli riesce il numero. E il Normie Award è proprio questo, ovvero il miglior gioco che si potrebbe riuscire a portare sulla stampa mainstream exploitando i mezzi del padrone.
Dredge, di Black Salt Games (pubblicato da Team17);
Cassette Beasts, di Bytten Studio (pubblicato da Raw Fury). Un Monsters Collector, quindi un giochino stile pokèmon, che però a differenza delle cose che fa Game Freak funziona di brutto;
Space Wreck, di Pahris Entertainment SIA. Da portare sulla generalista al grido di “oh hai presente Baldur’s Gate 3 che ha fatto un sacco di soldi? È simile!” anche se poi non è vero mai;
Viewfinder, di Sad Owl (pubblicato da Thunderful);
Venba, di Visai Games.
Vince Dredge, per i motivi lovecraftiani di cui sopra.
Diablo 4 Award
Ogni anno il premio cambia nome, per cercare di farsi dimenticare velocemente. Come i videogiochi che sono in lizza, e come il videogioco (non necessariamente indie) cui è tributato. Quest’anno i migliori giochini piccini che sono sparti dalla nostra memoria, un po’ come Diablo 4, sono:
Lone Ruin, di Cuddle Monster Games (pubblicato da Super Rare Originals): sull’onda dello sdoganamento dei rogueli*e arriva pure lui. E se ne va tipo subito dopo;
Adore, di Cadabra Games. Un po’ monsters collector, un po’ Diablo (annata nera per i figli di Diablo), un po’ troppo grinding;
The Last Spell, di Ishtar Games (pubblicato da The Arcade Crew, Gamera Games, Dangen Entertainment). Final Fantasy Tatics ma con addosso anche una parte gestionale. Gran peccato se ne sia parlato poco perché il loop è fico, degno di un board game. Che pare arriverà davvero;
Coffee Talk Episode 2: Hibiscus & Butterfly, di Toge Production;
The Bookwalker, di Do My Best (pubblicato da tinyBuild).
Vince il povero The Bookwalker anche qua.
ToyCenter Award
Il premio al miglior giocattolo. Cioè il gioco che si gioca meglio, che ha quel gameplay che c’è rimasto dentro e insomma stica di tutti gli altri suoi aspetti.
Super Dungeon Maker, di FIRECHICK: è Mario Maker ma a tema Zelda senza avere le licenze di Zelda (because Ninja Nintendo). Inutile dire altro, doveroso spendere i soldi;
Tiny Thor, di Asylum Square (pubblicato da Gameforge 4D GmbH): sei il piccolo Thor (duh) e la meccanica di base è che lanci il martello in giro e questo rimbalza finché non lo richiami. Si perde un po’ dopo qualche ora, purtroppo, ma non male per nulla;
Hellcard, di Thing Trunk (pubblicato da Skystone Games, Surefire.Games) – Accesso Anticipato. Vale la pena uscire i soldi anche se è ancora in EA. Questo diventa un successo grosso. Segnatelo;
Moving Out 2, di SMG Studios (pubblicato da Team17): praticamente è Overcooked ma a tema traslochi. Ovviamente Fra ci è impazzito;
It’s a Wrap!, di Chanko Studios. Il montaggio video incontra il platforming. Idea di Cristo, realizzazione un po’ scialba purtroppo;
Vince Hellcard a mani bassissime.
Garko Award
Il premio al gioco belloccio. Art Direction, grafica, estetica… Insomma, vale tutto, anche se non sa recitare. Basta che sia fregno.
Viewfinder, di Sad Owl (pubblicato da Thunderful);
Sea of Stars, di Sabotage Studios;
SEASON: A letter to the future, di Scavengers Studio: È una gita nei ricordi, i propri e quelli altrui, da custodire gelosamente mentre il vento ti abbraccia lungo una discesa in bici;
Planet of Lana, di Wishfully (pubblicato da Thunderful Publishing);
The Master’s Pupil, di Pat Naoum.
Dura, eh, ma vince The Master’s Pupil.
La Coop sei tu Award
Non poteva mancare un premio per i giochi co-op. Perché se no Alteri si sarebbe ammutinato. E quindi eccolo:
Cassette Beasts, di Bytten Studio (pubblicato da Raw Fury);
How 2 Escape, di Breakfirst Games (pubblicato da Just for Games). A Fra piacciono le escape room, sostiene di aver consumato tutta la relativa categoria di Steam. Ed eccoci qui, signor giudice;
Escape First alchemist, di OnSkull Games. Assaggialo. È greco. Come le olive;
Moving Out 2, di SMG Studios (pubblicato da Team17);
Figment 2: Creed Valley, di Bedtime Digital Games. Qui non dico nulla. Lascio solo la rece;
A Fra Figment 2 è rimasto addosso, ma il premio è per la miglior co-op. E quindi vince Cassette Beasts.
Famolo Strano Aw(kw)ard
Il premio per il gioco più strano di quest’anno. In una kermesse di giochi tendenzialmente strani. Per cui insomma.
Shadows of Doubt, di ColePowered Games (pubblicato da Fireshine Games) [Early Access]. Simulazione investigativa cyberpunk in prima persona con la grafica di Minecraft – circa, poco meglio – che genera nuovi casi da risolvere con l’intelligenza artificiale. Davvero figo;
Dredge, di Black Salt Games (pubblicato da Team17);
Coffee Talk Episode 2: Hibiscus & Butterfly, di Toge Production;
Mr Saitou, di Laura Shigihara. Spinoff nello stesso universo di Rakuen, molto piccolino. Talmente tanto che fa molto effetto minisodes di To the Moon. Il mood è sempre azzeccato ma se lo apri aspettandoti un sequel rimarrai un po’ deluso;
SIHEYU4N, di We Are Muesli (pubblicato da Fantastico Studio). Come te lo descrivo? Bel casino. Secondo me dovresti recuperarti l’intervento di Matteo Pozzi ad I3+QUE3R dove ne ha parlato, perché Matteo è un fenomeno.
Ti pareva non vincesse Dredge pure qui?
Sarabanda Award
Miglior non solo colonna sonora, ma utilizzo del sonoro overall. Le nomine:
Planet of Lana, di Wishfully (pubblicato da Thunderful Publishing);
Dredge, di Black Salt Games (pubblicato da Team17);
Rhythm Sprout: Sick Beats & Bad Sweets, di SURT (pubblicato da tinyBuild);
Stray Gods, di Summerfall Studios (pubblicato da Humble Games). Altra cosa super-DAMS uscita quest’anno. Fra ha pontificato un’ora sul fatto che non sia un musical ma più opera lirica. First World problems immagino;
Figment 2: Creed Valley, di Bedtime Digital Games;
La spunta Planet of Lana. Perché Francesco Ameglio ha fatto un lavoro pazzesco, come ci raccontava in podcast qualche mesata fa. E come ha ribadito durante gli IVIPRO Days di Trieste.
Indiependenza Award
Siamo finalmente all’indie of the year. Vediamo un po’ chi alla fine era in lizza:
A Space for the Unbound, di Mojiken (pubblicato da Toge Productions);
Viewfinder, di Sad Owl (pubblicato da Thunderful);
Figment 2: Creed Valley, di Bedtime Digital Games;
Dredge, di Black Salt Games (pubblicato da Team17);
Venba, di Visai Games;
Questa terza edizione degli Indiependenza la vince A Space for the Unbound. Perché tocca delle tematiche troppo vicine a noi per non portarsi a casa… Beh in realtà nulla, ma hai capito. Non che gli altri giochini siano da meno, ma insomma, qualcuno doveva vincere, per quanto per finta.