SegheMentali In difesa del sex work su Twitch

Quest’articolo è uno sfogo. Lo dico subito per evitare fraintendimenti. Non mi pento di eventuali toni aggressivi, non chiederò scusa per aver usato formule accusatorie, non metterò in dubbio i miei ideali e il come mi pongo, e non me ne frega niente se qualcuno si sentirà preso in causa. Se vi sentite veramente attaccati sul personale da questo articolo, allora forse è il caso di mettervi un pochino in discussione. L’unica cosa per cui mi dispiaccio, e l’aver condensato in poche righe un argomento incredibilmente vasto.

Quest’articolo è uno sfogo. Lo dico subito per evitare fraintendimenti. Non mi pento di eventuali toni aggressivi, non chiederò scusa per aver usato formule accusatorie, non metterò in dubbio i miei ideali e il come mi pongo, e non me ne frega niente se qualcuno si sentirà preso in causa. Se vi sentite veramente attaccati sul personale da questo articolo, allora forse è il caso di mettervi un pochino in discussione. L’unica cosa per cui mi dispiaccio, e l’aver condensato in poche righe un argomento incredibilmente vasto.

Twitch, terra dei liberi e patria dei coraggiosi. Pensata inizialmente come piattaforma per gamers, Twitch ha visto negli ultimi anni un espandersi di pubblico e di personalità note, che hanno portato sulla piattaforma materiale a tema videoludico, interviste di settore, live di eventi importanti e molto altro. La crescita di popolarità e la facilità di generare interazioni hanno favorito in breve tempo anche la nascita di contenuti di varie tematiche e tipologie. Fra queste, vi è il sex work.

Cos’è il sex work?

horizon zelda
Donne forti nei videogames non mancano. Sono molto poche, ma ci sono. Aloy è una di queste.

Per sex work si intende un qualsiasi lavoro che prevede uno scambio economico, consensuale ed esplicito, di servizi e/o performance sessuali.

Quindi, sì, le twitcher che fanno ASMR in intimo stanno facendo sex working. E, indovinate, hanno tutto il diritto di farlo, e di farlo anche su Twitch. Il loro non è contenuto degradante, non vi stanno portando via visualizzazioni, e non minano la lotta per la parità di genere. Ma ora entro un po’ più nello specifico dei fatti.

Qualche giorno fa mi sono imbattuta nell’ennesimo post su Facebook che commentava, indignato e stremato, un tweet, riferito a due donne che su Twitch fanno ASMR, in completo intimo e con un chiaro intento sessuale. Le parole del post lasciavano intendere – anche in maniera abbastanza esplicita, a dire la verità – che contenuti come questo vanno a danneggiare la lotta per la parità di genere, e che vedere cosa sta diventando la piattaforma con questi contenuti è demoralizzante.

L’autore del post fa contenuti su Twitch, e tratta di videogames. Mannaggia a me che non ho lasciato stare e sono andata ad aprire i commenti.

Sì, le twitcher che fanno ASMR in intimo stanno facendo sex working. E hanno tutto il diritto di farlo

Ora vorrei fare una cosa: parto da alcuni stralci di quei commenti e provo a mostrarvi una visione forse un po’ diversa delle cose. (Ah, specifico che quando si parla di difesa del sex work ci si riferisce esclusivamente a quello svolto liberamente, senza meccaniche di sfruttamento.)

“Hanno sbagliato sito.”

No, non hanno sbagliato. È vero, esistono moltissimi siti e piattaforme in cui chi fa sex work può trovare spazio. Alcune sono state create apposta, altre lo sono diventate nel tempo. Tuttavia, chiunque è libero di operare sulla piattaforma che più predilige. Questo perché essendo il sex work, appunto, un lavoro, chi lo pratica ha il diritto di scegliere il mezzo e la metodologia.

Twitch offre la possibilità di avere un rapporto immediato con il proprio pubblico, permettendogli di fare richieste che lə sex worker può decidere nell’immediato se assecondare o meno. In più si crea quel rapporto di vicinanza che, sicuramente, viene incontro a determinati desideri.

“È nata la cultura che sbottonarsi porta più like e visualizzazioni.”

Questo è un commento complesso, che andrebbe analizzato anche ponendosi un sacco di domande. Sicuramente si arriverebbe a parlare di mito della bellezza, di epoca digitale, di educazione all’affettività (che è inesistente in Italia), di oggettificazione del corpo femminile nei media, di porno mainstream, etc…
Questo però è un caso diverso. Queste sono donne adulte che stanno lavorando. Stanno offrendo un servizio, che, è vero, può anche essere fruito gratuitamente essendo su Twitch, ma quello spazio permette loro di trovare clienti nuovi e di consolidare i rapporti con quelli già presenti.

Poi, giusto per chiarire, non c’è nulla di male nello spogliarsi o nel far vedere sé e il proprio corpo. Che sia per i like, o che sia per una forma di auto accettazione, o altro, a voi che vi frega? Non è segno di deriva sociale. Sapete cosa lo è? Che poi queste foto vengano prese e distribuite senza il consenso di chi è rappresentato. Ecco, questo è il problema. E se mi venite a dire: «Eh, ma se mettono quelle foto su internet, poi per forza succede» io inizio a parlarvi di bias cognitivi. Cercate cosa sono su Google. E magari cercate anche “colpevolizzazione della vittima” e “revenge porn”.

Che sia per i like, o che sia per una forma di auto accettazione, o altro, a voi che vi frega?

“[su Twitch] ci sono persone che impiegano del tempo per arrivare a guadagnarci qualcosa creando dibattiti con l’utenza e restando leali alla decenza umana.”

In questo commento io ci ho visto un sacco di concetti problematici. E, davvero, mi dispiace. Perché ci vedo anche tanta rabbia, e non ne avrebbe motivo.

È vero, crearsi un’utenza su Twitch e arrivare a guadagnare qualcosa dai propri sforzi e dai propri contenuti non è facile, anzi. Ma questo non vuol dire che per lɜ sex workers invece lo sia. È un lavoro difficile, che prevede non solo il mantenimento costante della propria immagine sessuata – con trucchi, lavori di trattamento sul corpo, esercizio, gestione del modo di parlare, di comportarsi, etc… – ma richiede conoscenze e capacità pratiche, per non parlare dei rischi che comporta questo lavoro, come stalking, violenze, lo stigma che è legato alla professione, l’alta probabilità di essere ignorate o colpevolizzate dalle stesse forze dell’ordine se si chiede aiuto, etc…

Non è un “semplice” mettersi nude e toccarsi.

Poi, la “decenza umana”. Ho paura di queste parole, perché nascondono un mondo. C’è la concezione che il lavoro sessuale sia un lavoro di serie B, e che chi lo pratica siano individui di B. Cosa vuol dire “decenza”? Non stanno minando la libertà altrui, non stanno inneggiando a una rivolta violenza, non stanno professando ideali discriminatori. Solo perché mostrano il loro corpo e il loro lavoro ha a che fare col sesso allora sono indecenti? Chi ha deciso che il loro corpo è indecente? Chi ha dato questo valore al loro corpo? Anzi, chi diamine è che si prende il diritto di stabilire il valore del loro corpo?

Solo loro stesse possono. Nessun altro.

La decenza, il decoro, il pudore… seriamente nel 2021 siamo ancora qui a ritenere il sesso qualcosa di indecente? Anzi, a ritenere la sessualità femminile qualcosa di indecente?
Ovviamente, è una domanda retorica. Ahimè.

Inoltre, non rubano visualizzazioni, andando a privare di notorietà chi fa altro contenuto. Chi non ha voglia di stare su Twitch per seguire una run, una discussione con unə streamer, un dibattito fra giornalisti o altro, stai pur certo che non lo fa a prescindere. Nessuno è spinto a ignorare contenuti che lɜ interessano per seguire live di intento sessuale. Sono servizi e contenuti completamente differenti.

“Le due signorine hanno capito che leccando roba a caso riescono a ottenere più visualizzazioni di quante ne avrebbero se discutessero di ingegneria aerospaziale.”

Allora. Il termine “signorina” è già un termine di stampo patriarcale, che vede la donna diventare signora solo una volta trovato marito. Dunque, è già un termine tremendo da usare. Inoltre, il modo in cui viene collocato, all’interno dell’enunciato e del contesto di riferimento, mira a una svalutazione delle due donne. Le “rimpicciolisce”, le pone a un livello inferiore a lui nel quadro comunicativo della frase.

Anche qui c’è poi il concetto di lavoro di serie A e lavoro di serie B. Ingegneria aerospaziale è un lavoro nobilitante, il sesso no. Il sesso è sporco. Non ha valore nella nostra società. Il sesso non ha importanza nella nostra società. Qualcuno fa ancora sesso? Sul serio? Non è una cosa molto anni ‘60 da fare?
Questa è una visione tremendamente distorta.
A questo si lega poi il concetto di donne di serie A e di donne di serie B. Le donne di serie A sono le “donne vere” (cit. Barbara Palombelli. Orco mondo…), mentre le donne di serie B sono quelle che leccano cose per le visualizzazioni. Qui c’è anche molto dell’immaginario che vede lɜ sex workers come persone non acculturate, ma aprirei tutta un’altra gigantesca parentesi.

“[Twitch] è terra di nessuno, con ban a cazzo senza un occhio umano che effettivamente controlli il contenuto di sta gente.”

È vero, ci sono streamers che si sono visti bannati – o con il profilo temporaneamente bloccato – per motivazioni assurde, e altri che invece be’, un po’ se lo sono meritato. Capisco possa essere frustrante.

Anche qui, però, abbiamo la concezione che il contenuto sessuale sia qualcosa da non dover mostrare, o da dover fare solo in spazi già decisi, chiusi. Messi là, lontano dai contenuti nobili di chi fatica ogni giorno con il sudore della fronte.

Il problema dei ban riguarda l’algoritmo. Non è che Twitch è da incolpare perché non banna chi fa sex work (che, poi, non è che stessero facendo sesso live. In tal caso Twitch banna), ma è da incolpare perché banna parole o contenuti a caso, per via di qualche malfunzionamento.

“Credo che il problema sia il pensare che tutti vogliano la parità dei sessi.”

Il tema del lavoro sessuale è vero, è un argomento molto divisivo anche all’interno dei vari movimenti femministi (perché sì, ne esiste più di uno). C’è chi vede nel sex work un’alimentazione della visione della donna oggetto, e della dinamica della vendita e della fruizione del corpo altrui.

MA

C’è chi invece cerca di ribaltare questa narrazione.
L’elemento chiave qui è, appunto, il tipo di narrazione che si crea. Una donna che fa sex work non sta vendendo il proprio corpo, ma sta offrendo un servizio, una prestazione. Prima di attuare la meccanica commerciale, lei stabilisce non solo il compenso, ma anche cosa questo prezzo comprende mettendo dei paletti e delle regole. È lei che decide. È lei che ha il controllo su che servizio offrire.

Ora, dimmi tu dove vedi una svalutazione dell’uguaglianza in tutto ciò

Io ci vedo una donna che si autodetermina, che è consapevole di se stessa, che gestisce il proprio lavoro e le proprie risorse. Una donna che studia e che crea contenuti, perché anche il lavoro sessuale ha bisogno di studio e di contenuti sempre nuovi. Ci vedo una donna che non solo si è liberata dall’oppressione patriarcale che la vuole sottomessa, sexy ma non troppo, truccata ma con moderazione, intraprendente ma non lontana dalla famiglia e dal suo ruolo di cura della casa, del marito e dei figli. Ci vedo una donna che è riuscita a liberarsi da tutto ciò, e che ha scelto di fare ciò che vuole.

Posso capire, invece, la frustrazione provata da altre donne che fanno contenuti su Twitch. Già il mondo dei videogames non è il più semplice con cui rapportarsi se non si è maschi (bianchi ed etero), e dover sempre specificare di non fare contenuto sessuale quando si parla delle proprie attività in streaming dev’essere anche un po’ stancante. Io personalmente non faccio contenuto su Twitch, quindi posso solo immaginare quanto tutto ciò possa essere sfibrante, sia da un punto di vista mentale che fisico.

Mi verrebbe solo da chiedere loro di non incolpare chi fa sex work per tutti questi atteggiamenti che si vedono rivolgere. Non è colpa loro se ricevete commenti sessisti, se il videogioco da alcuni è difficilmente (o per nulla) associabile a una figura femminile, o se siete costrete a smentire insinuazioni riguardo i vostri contenuti. La colpa è di chi fa tali commenti, e di una cultura patriarcale che permea la società in cui viviamo. Non è facendo una guerra tra noi e puntando il dito a chi fa il contenuto più “moralmente valido” (qualunque cosa voglia dire) o “attinente alla piattaforma” che miglioreremo la situazione. Bisogna agire sulla narrazione. Insieme.

Non ho voluto mettere screen – anche censurati – o fare nomi, perché non è nel mio interesse attaccare determinate persone. La mia attenzione vuole rivolgersi al linguaggio e alla percezione. Tuttɜ noi cresciamo in un sistema sociale estremamente sessista e classista. Riuscire a prenderne coscienza, a mettere in discussione qualcosa che abbiamo appreso fin dai primi attimi di vita, è un’azione non solo difficile, ma anche dolorosa. Fa sentire colpevoli, vulnerabili, crudeli. È una sensazione che conosco bene.

La complessità del mondo ti si rivela di colpo,
e tutte quelle regole che ti erano state insegnate si mostrano per quello che sono:
limiti.