SegheMentali La vera delusione in Death Stranding siamo io e te

Abbiamo costruito un’autostrada che non connette nessuno. È solo l’ennesimo eco-mostro che stupra il panorama senza nessun buon motivo...

Scrivo con la speranza che Death Stranding su PC non sia un flop,
e che non lo sia di nuovo io. O tu.

Oh ma allora ‘sto Death Stranding è una delusione si o no? Vale la pena dargli 30 carte? Perché mi hanno detto che non si gioca, ha i filmati di Metal Gear Solid 4 e il pew pew è fatto abbastanza di cazzo. No, caro il mio casualone del pad, no. Death Stranding non è una delusione. Anzi, è uno dei prodotti più intimi che qualcuno abbia mai avuto il coraggio di incidere su BluRay, qualcosa che vuole spingere il videogioco oltre. Oltre il gioco, ma soprattutto oltre il video, oltre Hideo. È la storia del più grande creativo di questa generazione (ma anche di quelle prima) che perde tutto ma non si arrende, riparte da quel poco che è riuscito a rubare e prova a costruire qualcosa di ardito.


Per approfondire:
L’Arcade è morto

Sarebbe stato facile, fare il clonazzo di Metal Gear Solid coi soldi di Sony. Sarebbe stata anche una bella scopata magari, l’equivalente pad alla mano di una modella di Victoria’s Secret ninfomane. Ma ci saremmo fermati lì, una sborrata dentro una fica. L’avremmo raccontata agli amici al bar, ci saremmo fatti offrire un giro. Ma poi basta. Un singolo evento di gloria cristallizzato nel tempo, niente di ripetibile. Niente di significativo.

Death Stranding è di più, Death Stranding vuole essere una relazione importante, di quelle che ti fanno capire che il sesso senza amore è come l’arcade, e c’è un motivo se l’arcade è morto.

E se per te Death Stranding è stata una delusione vuol dire che per te nei videogiochi l’importante è sborrare

La vera delusione in Death Stranding sei tu. L’ho pensato fin da subito, fin da prima che uscisse. Perchè prima Kojima era un miracolato del controller che aveva avuto culo. Che vuoi che faccia, fuori da Konami. È stato sfanculato perchè ci mette 5 anni a fare una demo da due ore stile Ground Zeroes. Konami aveva ragione, non fosse che poi si sono accorti che il suono degli Yen era lo stesso dei pachinko. Dopo però quando hai visto che stava sviluppando qualcosa è diventato sopravvalutato. Che avrà mai fatto questo per i videogiochi, per i videogiocatori? Ha ispirato qualche dozzina di scappati di casa, giocato con le meccaniche come un poeta gioca con le sillabe.

Ma non basta, perché il gameplay sembra palloso, non è un giocattolo. Scaffale. Delusione. Nei mesi dopo l’uscita ho cambiato idea. Tu manco l’hai giocato, io non ho mai smesso. E mi sono accorto che non sei tu, sono io. E non è una di quelle fregnacce da dire quando vuoi mollare qualcuno e ricorri ad un grande classico, al Super Mario 64 delle rotture. Non sei solo tu, sono anche io.Due siti, un podcast, una manciata di canali social. Pure un cazzo di gruppo telegram “perché così parliamo direttamente con la gente, non come SpaccioGames“. 

E non è servito ad un cazzo. Non ho fatto la differenza

death stranding ueda si o no
Vuoto Nell’attimo in cui ho capito di aver finito Death Stranding, ho sentito il Vuoto. Lo stesso di Ueda, ma guardato allo specchio, chiralità tra due autori veri.

Non che pensi che i siti di videogiochi vendano ancora i videogiochi, eh. Però non ho fatto la differenza nemmeno sui piccoli numeri, non ho salvato Death Stranding nemmeno una persona alla volta. Recensioni, speciali, SegheMentali, podcast… Hai rotto il cazzo. Ti sei venduto. Stai esagerando. Basta. Ne ho ricavato solo critiche, al massimo qualche apprezzamento. Qualche “bel post, ma se ci sei rimasto così sotto hai bisogno di uno psicologo”. Non mi sono mai sentito così videludicamente solo come dopo Death Stranding. Ho avuto il dispiacere di scrivere di diversi altri giochi che non ho salvato, ma Death Stranding è diverso, è una delusione diversa. Questa volta non ho condannato all’oblio un bel gioco, ma qualcosa che poteva davvero cambiare le cose.

Non sono all’altezza di mettere in parole cosa si prova ad arrivare agli inizi del capitolo 3 e vedere che un sacco di perfetti sconosciuti sono li a dirigere i cantieri. Proto-pensionati, che decidono di non andare avanti con un gioco che aspettavano da 1460 giorni per aiutare il prossimo. È fiducia nell’umanità che dal mondo virtuale arriva a quello reale. Perché cazzo, quello che impari dall’altra parte dello schermo te lo porti nella vita vera, diventa bagaglio, diventa cultura. Anche se non vuoi, anche se non te ne accorgi. Siamo la somma delle nostre esperienze, che poi queste siano su carta, su pellicola o vengano lette da una cazzo di testina laser che pulsa sopra un disco, cazzo cambia?

Siamo la somma delle nostre esperienze. Reali o virtuali, cazzo cambia?

Quindi ecco, abbiamo fallito. Tutti e due, io e te. Abbiamo costruito un’autostrada che non connette nessuno. È solo l’ennesimo eco-mostro che stupra il panorama senza nessun buon motivo. Abbiamo costretto Hideo Kojima a dare un prezzo alla sua visione, poi a rilasciare un trailer che non voleva che guardassimo, e poi comunque non gli abbiamo comprato il gioco. Meglio guardarlo su Twitch, no? Peccato che i videogiochi, quelli veri, non basta guardarli per capirli. Non sono film porno, John Carmack era un coglione. Davanti a Death Stranding ci siamo chiesti si o no, ascoltando col portafoglio qualcuno che ci stava parlando senza filtri. Ecco perché Death Stranding è una delusione.
È un monito.
Un monumento a quanto siamo inevitabilmente fottuti.

Invariabilmente inutili.