Non mettevo piede alla Milan Games Week da qualche anno perché, nonostante si tenga nella mia città natale, faccio parte di quel gruppo ristretto di idioti che anziché studiare nella “capitale della cultura italiana©” ha preferito fare una triennale da fuori sede.
Ero tutto sommato contento, dopo tanto tempo, di tornare nella fiera dedicata al gaming più importante del paese. Speravo di poter finalmente vedere il passo avanti rispetto all’ultima edizione a cui ho assistito, invece, una volta messo piede nel primo padiglione, mi sono cadute le braccia.
La Milan Games Week è da sempre un evento in perenne rincorsa delle principali fiere di settore europee, il gap con la Gamescom o la Paris Games Week è sempre stato enorme, ma qualche anno fa l’impressione era quella di un evento conscio di essere limitato ma voglioso di emergere e mettersi al pari coi cugini d’oltralpe e con la patria dei cattivi di Wolfenstein. L’impatto con l’edizione 2019 invece è stato demoralizzante.
Gli stand di Sony e Nintendo c’erano e c’era la possibilità di metter mano alle demo di giochi attesissimi come Doom Eternal, Final Fantasy 7 Remake e la nuova coppia di titoli Pokémon, ma è possibile che ognuno avesse solo una decina di postazioni demo per far fronte all’enorme affluenza di pubblico di un evento simile? Il risultato è scontato: almeno due ore di coda per provare qualche minuto di Demo negli stand principali, gente annoiata e piuttosto incazzata.
E il resto?
Anzi, peggio, un vuoto riempito a forza da un paio di ottimi stand di action figure e bancarelle di infima qualità e con dei prezzi imbarazzanti (l’apice è stato raggiunto da chi vendeva la king’s edition di Ni No Kuni, usata, a TRECENTOTTANTA EURO), piene di merce scadente e con un’offerta terribilmente poco diversificata.
Al netto di assenti illustri come Bandai Namco, il resto della fiera era costituito da due arene eSport (ben fatte, va detto) e stand derivativi degli sponsor come quello di Gillette o quello di Machete Gaming.
Altri due ambiti importantissimi del gaming contemporaneo come Indie e Retrogaming sono stati trattati con troppa superficialità.
La sezione retrogaming, per quanto ben fornita, è stata relegata in una zona secondaria della fiera, ed era costituita da semplici banchetti su cui era possibile provare un gran numero di console e videogiochi del passato. Per quanto sia stato divertentissimo fare una partita a Cyber Lip su NeoGeo CD, il contesto era demoralizzante. Nessun abbellimento e nessuna cura del dettaglio nel 2019, quando da quattro o cinque anni siamo stati catapultati in un’epoca di revival totale e in cui anche i negozi d’abbigliamento hanno rispolverato luci al neon blu e magenta per sottolineare quanto fossero “retro”. Menzione d’onore per le tre vetrinette abbandonate in un angolo quasi come se fossero di troppo.
Anche lì l’allestimento era più simile ad un cantiere abusivo che ad uno stand di videogiochi indipendenti: due muri bianchi, pochissime postazioni e una manciata di titoli, alcuni dei quali tra l’altro già in commercio da un bel po’ di tempo, il tutto in un punto della fiera poco visibile.
È inutile che ci spendiamo in pompini a vicenda su quanto siano belli Hollow Knight, Celeste e Undertale se poi il trattamento che riserviamo agli indipendenti è questo.
Ciliegina sulla torta? Ovviamente gli amici di GameStop, che allestiscono uno stand enorme in cui non è possibile consultare la lista dei giochi e degli accessori in vendita fino al momento in cui, dopo aver fatto la fila, si arriva alla cassa. Senza tener conto, tra l’altro, dei pochissimi sconti offerti al pubblico e la totale mancanza di offerte su Switch e Switch Lite, le più recenti delle console, salvo uno sconto di ben dieci euro su una coppia di Joy-Con.
Per intenderci: persino Mediaworld è riuscita a perculare GameStop mettendo la neonata di casa Nintendo in saldo nei propri negozi proprio nella settimana della Milan Games Week. Non sembrava volerci tanto, alla fine
Mi chiedo, dunque, se ha davvero senso spendere 20€ di ingresso e 17€ di parcheggio (senza contare il pranzo offerto ai soliti prezzi maggiorati da fiera, ma questo è un altro discorso) per un evento del genere.
Questa superficialità, questa mancanza quasi totale di contenuti interessanti o ospiti al di fuori di influencer e youtuber, il caos logistico, le code interminabili e il pochissimo spazio riservato a tutte quelle forme di cultura collaterali al gaming come editoria e videogame photography, fanno capire quanta strada vada ancora percorsa prima di arrivare al livello delle fiere del resto d’Europa.
Questo articolo è frutto dell'iniziativa Crowdsourcing sovversivo di Gameromancer. Che è 'sta cosa?