Titolo questo articolo in modo un po’ inusuale, parafrasando il titolo de “Lo Hobbit” di Tolkien, dove Bilbo Baggins (nome più triste da pronunciare, vista la dipartita dell’attore Ian Holm) viene “preso a forza dalla sua abitazione” dal sedicente stregone Gandalf, e unito con un gruppo di nani per prendere parte ad una missione suicida: il recupero di una sterminata massa d’oro, attualmente protetta da Smaug, un gigantesco drago.

Sarò io strano, machiavellico o quello che volete, ma io nella vicenda di Bilbo, vedo un po' tutti noi.

Sia ben chiaro: non intendo affatto sminuire l’epidemia e tutte le conseguenze tragiche che ha portato: semplicemente, analizzarla in modo nerd, come piace a noi.

Come Bilbo, anche noi venivamo da una situazione di relativa tranquillità: la nostra vita, la Contea ecc… Tranquillità che viene bruscamente interrotta da un evento inaspettato, cioè l’arrivo del Coronavirus e/o di Gandalf, che ci porta a due esiti radicalmente opposti: da una parte, la partenza verso destinazioni ignote e, dall’altra, la chiusura in casa: il famigerato lockdown.

E nel lockdown il mondo riscopre qualcosa che aveva dimenticato, oppure messo volutamente da parte: i videogames. Quegli stessi videogames che fino a qualche tempo fa erano il problema, ci ricordiamo tutti l’inserimento all’interno dell’International Classification of Diseases da parte dell’OMS, e come dimenticare gli infiniti servizi ai TG dove l’omicida di turno veniva analizzato solo in base alla circostanza di essere un videogiocatore, ora diventano improvvisamente la soluzione.

L'OMS riscopre i videogiochi, quasi per caso, e cosa dice?

Che possono aiutare a combattere il coronavirus. E lo dice in grande stile: lanciando l’iniziativa #PlayApartTogether, una campagna promozionale fatta di eventi speciali, corso di game design, premi e cose così. C’è chi ci vede un tentativo di ricucire uno strappo, io invece ci vedo la paraculata.

Sì, perché è fottutamente facile, perché chi non sa la differenza tra joystick e tastiera è stato costretto a casa per due mesi senza sapere cosa fare. Qualcuno no, qualcuno invece si era già ritagliato un piccolo spazietto privato, un piccolo angolo intimo dove poter spogliarsi dei propri panni e vestire quelli di qualcun altro, foss’esso un vampiro, un eroe romano o un semplice teenager, in un’altra epoca o in un’altra vita.

Eroi un giorno e coglioni quello dopo, e quello dopo ancora chissà. Chiudendo con la similitudine iniziale, ora che è finita l’estate e nessuno è in grado di prevedere quello che ci aspetta, ci vedo tutti quanti come Frodo, Sam, Merry e Pipino al Drago Verde, alla fine della storia. Di nuovo insieme, di nuovo nella Contea.

Lieto fine? Lieto fine un cazzo. Perché niente è più lo stesso, lo sanno loro e lo sappiamo anche noi.

Questo articolo è frutto dell'iniziativa Crowdsourcing sovversivo di Gameromancer. Che è 'sta cosa?