E adesso ne aspettate lentamente la morte.

In The Missing, J. J. è immortale, il suo corpo si rigenera da ustioni, concussioni e mutilazioni, basta tenere premuto un tasto per qualche secondo. Uno sforzo minimo per dare nuovamente vita al suo corpo. Eppure, siete riusciti a ucciderla ugualmente. Avete soppresso la sua voce sovrapponendoci la vostra. Lei voleva solamente raccontare una storia, la sua storia, ma avete voluto parlare di tutt’altro. Boriosi. Saccenti. Avete preferito segarvi su Swery e dimostrare di conoscere le sue opere, solo per gonfiare il vostro ego.

Parole sprecate per citare Lynch e King, mentre J.J. soffriva, abbandonata sull’Isola dei Ricordi.

Siete riusciti a parlare di tutto tranne che di The Missing e del suo intento, racchiuso banalmente nel disclaimer iniziale: This game was made with the belief that nobody is wrong for being what they are. Sarebbe bastato soffermarsi su questo messaggio per salvare J. J. Macfield, colpevole di aver chiesto di essere ascoltata e compresa. Invece che a lei, avete dedicato battute su battute a voi stessi e ai deleteri paragoni con le opere di Playdead. Siete stati sul punto di coniare il termine limbo-like, ma eravate troppo impegnati a scegliere il colore del parruccone. Fiumi di parole spesi per il gameplay e per la struttura degli enigmi senza rendersi conto di quanto fossero elementi superflui. Interi paragrafi per decantare il fascino del body horror e delle crudeltà subite dalla protagonista.

Sia chiaro: sacrificare il proprio corpo è una meccanica funzionale alla narrazione e coerente con l’universo di The Missing, ma non rappresenta per nulla il punto focale dell’esperienza. Era più impattante in quel Soul Sacrifice che vi siete ormai dimenticati. Qui è un mero strumento, cosa che ti viene sbattuta in faccia alla fine del gioco. È in quel momento che Swery ti invita a ricominciare da capo, a rivivere con cognizione di causa l’esperienza di J. J. rinunciando del tutto al gameplay. Abilita cheat che rompono completamente gli enigmi e annullano ogni tipo di sfida. Mostra come il gameplay fosse un inganno, un compromesso per attirare il giocatore dentro alla rete della sua storia. Perché The Missing: J.J. Macfield and the Island of Memories non ha mai ambito a diventare un punto di riferimento per i puzzle game. Ha sempre voluto porsi piuttosto come un racconto sull’identità di genere.

Un'esperienza sul dolore di essere definite malate dalla propria madre.

Una tematica su cui Swery e Syunsuke Ichida hanno voluto riflettere mantenendo un linguaggio molto accessibile, in modo che il loro messaggio arrivasse a tutti. Nonostante questo, avete semplicemente appiccicato al titolo l’etichetta LGBTQ+ friendly e nient’altro di più. Non avete osato indagare sul serio lo sconforto di J. J. per colpa delle vostre assurde fobie. Avete nascosto il malessere di un personaggio transgender dietro la vostra paura incondizionata degli spoiler solo perché si scopre in punto di arrivo. Siete riusciti a trasformare l’elemento cardine del titolo in un premio per aver completato il giochino. Una rivelazione da oscurare per mantenere l’effetto sorpresa. Vi siete mutilati la lingua in nome di un paradiso spoiler free.

J. J. è morta per voi, ma non vi assolverà dai vostri peccati.

Questo articolo è frutto dell'iniziativa Crowdsourcing sovversivo di Gameromancer. Che è 'sta cosa?