Questa non è una recensione di Final Fantasy XVI. È un testo – in gergo si chiamano longform – scritto per indicizzare ‘sta cazzo di analisi audio fatta in podcast che puoi sentire pigiando play su questa pagina (o su Spotify). Poi oh, se proprio vuoi una recensione sta qua.
Di Final Fantasy XVI s’è detto di tutto già da ben prima dell’uscita. Yoshida & soci l’hanno presentato da subito come un capitolo con la velleità di raggiungere quante più persone possibili, inclusivo – circa – e accessibile. All’atto pratico questo poi in-game s’è tradotto con una semplificazione di alcune meccaniche, tipo che non c’è una gestione del party e ai mostri di fuoco fai gli stessi danni sia usando attacchi di fuoco che d’acqua. Roba che manco i pokémon che ti indicano nella UI quali mosse sono superefficaci e quali invece sucano.
Pad alla mano in realtà ok, s’è segato il party. Ma per il resto grossissime differenze esistenziali rispetto al battle system di un Final Fantasy VII Remake non è che ce ne siano. Per come la vedo io s’è dato spazio a questa cosa – e si è un po’ caduto nella psicosi collettiva – essenzialmente perché è stata Square Enix stessa a farci un po’ di Cinema. Però quando s’è arrivati alla prova del 9 è mancata la volontà – o la competenza? – di parlare di quello che c’è effettivamente su disco. Senza tutti i pre-giudizi di pubblico, prendendosi anche il rischio di andare in un certo senso contro la parola stessa dei dev.
Si sono sprecati i paragoni con Devil May Cry, in particolare col quinto capitolo. E con “sprecati” intendo davvero sprecati, perché non c’era assolutamente nessun bisogno di cimentarsi in questo confronto. Sì, in Final Fantasy XVI è stato coinvolto Ryota Suzuki. Che è il designer di DMC5. Ma che vuol dire? Non è che qualunque cosa in cui sia coinvolto, boh, David Cage sia automaticamente una merda un Interactive Drama.
Anche perché la direttiva numero uno di Square al team di sviluppo era “fate un giochino che possiamo vendere a chiunque”. E no, lo stylish action non è un genere alla portata di chiunque. E infatti Final Fantasy XVI non lo è, diventa semmai qualcosa di vagamente simile a ridosso del suo endgame. Ma che poi, l’altra critica andata per la maggiore era quella sulla difficoltà, poteva mai essere che questi han fatto uno Stylish Action MA facile e avesse senso paragonarlo a Bayonetta?
Nessuno con mezzo cervello funzionante ha mai davvero pensato che “troppo facile” possa essere una critica sensata da rivolgere ad un gioco che voleva essere accessibile. E ok, usiamo accessibilità un po’ alla cazzo nei videogiochi, perché nel mondo vero l’accezione sarebbe tutt’altra e alluderebbe ai giochini fruibili anche da persone con disabilità. Ne avevamo anche mezzo parlato in una vecchissima puntata del podcast.
Precisato questo, Final Fantasy XVI è davvero il Final Fantasy più facile di tutto il franchise? C’è qualche aiuto non disattivabile, soprattutto in caso di game over. Si riparte da un checkpoint (anche durante le boss fight) e c’è una ricarica automatica delle pozioni. È una cosa che per esempio Doom Eternal aveva reso opzionale, chiedendo al giocatore dopo due game over di fila se volesse continuare attivando una sorta di God Mode.
Però indovina un po’, a Miyazaki mica hai rotto il cazzo perché Dark Souls 17 “è troppo difficile” e non ha inserito una roba del genere. Hai risposto Git Gud, perché come al solito o lodi il sole o è olio di ricino. Se si decide che è scelta autoriale in un caso – e sono il primo ad essere d’accordo – lo è anche nell’altro. Poi la scelta si può criticare nel merito.
Sicuramente nel caso dei Souls la difficoltà veicola un concetto usando il linguaggio dei videogiochi, cosa che Final Fantasy XVI non fa. Questo Final Fantasy dal punto di vista del linguaggio non va per il sottile (se non forse in un’occasione, ma è spoiler). Non se lo può permettere, vuole essere un livellatore. E quindi poteva avere senso aggiungere oltre all’opzione “continua” un “continua ma senza refillarmi le pozze“. Rimane comunque un dettaglio all’interno di un gioco che voleva fare e dire dell’altro. E che, di più, è proprio pensato – sia una buona idea o no, per me no – perché chi sta davanti allo schermo dopo i titoli di coda faccia un’altra run a difficolta Final Fantasy.
Più che “facile”, io avrei definito Final Fantasy XVI “semplice”. Nel senso che si presta ad essere giocato senza particolari meccaniche deep da videogioco d’azione, specie se si decide di insistere sugli Eikon disponibili fin dall’inizio – Fenice in particolare. Ma con gli Eikon che si sbloccano più avanti, in particolari quelli a ridosso della fine, la musica cambia. E pur non diventando improvvisamente un’altra cosa della profondità c’è. Cazzo se c’è.
Ecco, è lì che Yoshida è cascato malissimo. Il rifugio alla fine è un hub in cui 3/4 delle volte un PNG ti manda da un altro che ti manda da un altro che ti manda da un altro ancora. E che due coglioni. E le missioni secondarie con un minimo di reward sono quasi tutte alla fine, per il resto si approfondisce ben poco. E su un aspetto in particolare quando si approfondisce diventa pure ridicolo perché l’evento che dà il là a tutta la vicenda dove Clive perde tutto viene un sacco sminuito. Ma appunto, è spoiler, ne parliamo quando uscirà la puntata del podcast spoilerosa.
Alla fine della fiera quindi ‘sto FFXVI com’è? Per un giudizio approfondito, t‘ascolti mezz’ora di registrato. O ti guardi il video qua su, che è la stessa cosa ma su YouTube. Se no ti accontenti di quello che ti è stato detto fin’ora e del fatto che oh, m’ha tenuto lì per un’ottantina di ore. Poi se dovessi dare un giudizio critico sarebbe discreto, una roba da 3 ludomanti su 5 da recuperarsi appena arriva attorno alla soglia psicologica dei 50€.
E se non sei d’accordo, JoinTheRebellion che ne parliamo.
Al risveglio è diventato un poema?
Se a mani vuote di te
Non so più fare
Come se non fosse amore
Se per errore
Chiudo gli occhi e penso a te