L’altra sera durante l’ultimo panel di UltraPunk 2023 ad un certo punto siamo finiti su Puzzle Bobble. Mi pare l’avesse nominato Andrea Dresseno. Chiedendosi com’è che a differenza di una madonna e mezza di videogiochi non sia invecchiato di un cazzo e ancora oggi sia una droga. E oh, da tizio che un’estate di 20 anni fa si è perso il fratello minore in spiaggia perché doveva andare a sputtanarsi la paghetta davanti al cabinato di Puzzle Bubble che c’era in quella gelateria di Muggia (TS) non posso che concordare. Puzzle Bubble è uno degli arcade su cui ho speso più ore in tutta la mia vita. Che è un po’ ti piace vincere facile, ma oh. Sono nato e cresciuto negli anni ’90 e ormai le sale giochi erano già praticamente morte. Però ogni volta che inciampo in un cabinato di Puzzle Bubble due gettoni ce li spendo sempre.
Alla domanda di Andrea (era Andrea alla fine? Boh, potrei riguardare il VOD ma perché farlo?) alla fine ha risposto il solito Mario Cortese. Perchè la roba tipo Puzzle Bubble non invecchia? Perché è roba mono-meccanica e questo la rende senza tempo. Vale anche per Tetris, per Pac-Man, per un sacco del videogioco della prima ora. Tempi più semplici dove la potenza computazionale ti lasciava dire di meno e allora i dev rispondevano facendo di più, mettendo tutto lo sforzo sull’unico cazzo di selling point di tutta l’esperienza.
E oh, è notorio che io non c’abbia i Game Studies. Lo ripeto sempre. Assieme al fatto che ho fatto l’ITI e quindi non so il latino. Però questa cosa l’avevo già intuita, pur senza riuscire a metterla giù in parole che suonassero professionalizzate all’orecchio di chi le ascolta. La perfezione, il 10/10, quella roba lì insomma, sta nelle cose semplici. Sta in The Messenger che alla fine ridotto alla sua essenza è solo un platform 2D, ma madonna che platform 2D. Sta in Bowser’s Fury che non è roboante quanto un Mario Odyssey e le 999 lune da raccogliere, ma ti piazza lì su quest’isola dove ogni tanto Bowser scapoccia e diventa un Kaiju tipo Gamera Interactive e je devi menà.
Beh, è Puzzle Bubble. C’è una modalità storia che dà un mini-pretesto per far partire questa mini-avventura di livello in livello e di mondo in mondo. C’è qualche gimmick nuova, tipo la bolla-bomba che distrugge le altre bolle vicine quando viene lanciata a prescindere dal loro colore. A livello di UX c’è un passo verso i giochini per telefonini che hanno sostanzialmente ereditato quello che era il ruolo dei vari Puzzle Bubble nell’essere qualcosa per tuttə. Ogni livello può elargire fino a tre stelle a seconda del tempo che ci si mette per completarlo (per capirci, come con Cut the Rope).
Ci sono degli extra pure piuttosto sfiziosi tipo una specie di modalità endless (con leaderboard) e una ispirata a Space Invaders (che è sempre roba di Taito). Le modalità multiplayer co-op e versus per due e per quattro giocatorə che ormai se tiri fuori qualcosa per Switch pare che devi avercele per forza sennò a Kyoto come giustificano quelle merde di Joycon.
Tutto molto fico, ma alla fine è roba messa lì per giustificare il costo del pacchetto e alla fine manco serve giustificarlo, perché il loop lo conosciamo ed è il motivo principale per cui cacciare dei soldi. Il problema della perfezione è questo. Non puoi migliorarla. Non puoi superarla. Una volta raggiunta la perfezione questa è il massimo. O ti inventi un’idea matta alla e consumi tanta droga come Tetsuya Mizuguchi e te ne esci con Tetris Effect oppure ti attacchi al cazzo e suchi forte.