E così hai cliccato aspettandoti una recensione di Hades. Sedotto dalla SERP, ingannato da un titolo vagamente clickbait. Beh, non sei la prima persona che deludo. Che poi è proprio il tema di questa rece, è proprio il tema di Hades. E io non posso scrivere una recensione normale di Hades. Non di un gioco che parla di padri delusi e figli ribelli. Che parla di me, forse anche del perché sono così. Incapace di riconoscere l’autorità, rompo ogni regola che posso infrangere. Anche quando scrivo di giochini, soprattutto quando lo faccio.
Siamo la Generazione Procedurale. Che Hades, un roguelike che nel procedurale sguazza, parli di noi, è l’ennesima ombra proiettata dall’improbabile stella sotto cui siamo nati. Negli ultimi vent’anni il mondo è cambiato più velocemente che nei precedenti 80. Noi eravamo esseri in divenire mentre succedeva. Abbiamo cavalcato il cambiamento, fatto in tempo a vedere cosa c’era prima e capire cosa invece c’è adesso. I nostri vecchi no. Sono nati e cresciuti in un mondo dove essere avvocato ti rendeva stocazzo, mentre oggi Legge è una di quelle facoltà per chi vuol perdere tempo dando il contentino ai suoi. Prova a dirgli che vuoi fare lo sviluppatore di videogiochi o il Family Banker. Inizia a parlare di startup, incubatori, Search Engine Optimization. Ti volevano medico, sei diventato Social Media Manager. E mo chi glielo spiega?
La storia di Zagreus è un po’ questa. Ok, siamo nell’Antica Grecia, Phanteon e tutto. Però la sostanza non cambia, sei il figlio di Ade e Ade è incazzato con te perché hai mandato all’Inferno il business di famiglia. Zagreus si è ribellato a suo padre, vuole andare sulla superficie. Raggiungere il resto del parentado sull’Olimpo. La sinossi di Hades è tutta qua, tanto che sarei curioso di vedere che hanno scritto in una recensione tipo trama-gameplay-grafica. Funziona che sostanzialmente giochi e ad ogni partita sblocchi qualche linea di dialogo extra, carpisci qualche segreto, qualche dettaglio.
Il mondo di gioco diventa più vivido e percepisci la profondità della ribellione di Zagreus. Non è il solito moto adolescenziale, nasconde un disagio vero. Un disagio che forse hai sentito anche tu, tu che stai dall’altra parte dello schermo. Che forse senti ancora, costretto a tornare a casa dei tuoi ogni volta che fai una cazzata e perdi tutto, dovendo ricominciare da capo.
Ad ogni partita diventi un po’ migliore. Più skillato, forgiato dai tuoi sbagli. Hai accantonato qualcosa e puoi investire per farti trovare più pronto, per arrivare un po’ più in là. Devi solo zittire la voce che ti ricorda che il tuo vecchio a vent’anni era già sposato e aveva messo incinta tua madre, tu invece avevi a malapena preso il diploma. Che lui senza pezzo di carta è andato molto più avanti di te, forse anche più avanti di quanto andrai. Di certo sarà così, se resti in camera tua e non muovi il culo. Vai davanti allo specchio, rifletti, sblocchi nuove abilità. E ci riprovi anche se t’è andata male per cinque, dieci, venti tentativi di fila. A volte ti va di culo e il mix di culo e strategia ti porta dal boss finale. Altre ti va malissimo, hai tutto contro.
E devi imparare una lezione durissima, cioè lasciar perdere. Lasciar perdere le run perse in partenza, le persone che t’han fatto del male. È nobile che tu non voglia mollare mai, che ti sforzi di trovare del bello in tutto, del buono in tutti. Ma ti fai del male, è accanimento terapeutico quando tu sei da sempre per il diritto di scelta. Ci voleva un giochino procedurale per ricordartelo? Ci voleva questa recensione di Hades per buttar lì pillole spicciole di vita reale? Immagino di sì, che in fondo il potere taumaturgico dei videogiochi sia questo. Il motivo per cui sono arte, anche se non lo pensi davvero.
Max Pezzali È quel tizio che se non conosci tutta la discografia a memoria fatti una cultura va, e dai un senso alla tua vita.
Forse sono io che mi faccio troppe seghe mentali. Che davanti ad un giochino che ti parla di un rapporto padre-figlio senza i coloranti artificiali di Hollywood proietto inevitabilmente il mio vissuto dietro lo schermo di Switch. Forse qualcuno in Supergiant Games invece ha col suo vecchio un rapporto simile al mio. Perché per quanto tu ti ci possa illudere non sei speciale. Qualunque merda la vita t’abbia presentato davanti qualcuno l’ha già mangiata e messa in musica e parole. Molto spesso quel qualcuno è Max Pezzali, tra l’altro. Ma è proprio questo il bello. È un common ground, un luna park del cazzo per cui tutti una volta o l’altra – per un motivo o per l’altro – abbiamo preso il biglietto. E il semplice fatto che qualcuno ti possa capire, mettendolo addirittura su cartuccia, è un aiuto.