Rece Still There mi ha lasciato con il cuore a pezzi

Sei ancora li, are you Still There? A rimpiangere quello che avevi, ad insistere nel rifiguarti in un tempo che non è più tuo, a sprecarti scrivendo di giochini? Sei ancora lì?

Sei ancora lì?

Are you Still There? Sei ancora lì? A rimpiangere quello che avevi, ad insistere nel rifugiarti in un tempo che non è più tuo, a sprecarti scrivendo di giochini? Sei ancora lì? Ad ascoltarmi mentre riempio il nostro tempo di frasi vuote, frasi di cui tanto non ce ne frega un cazzo del significato, perché tanto l’unica cosa che ha significato è lo stare assieme, io e te e qualche alibi come distrazione? Sei ancora lì? La domanda cambia significato a seconda della risposta, a seconda del contesto. Perché può essere bello, essere ancora lì o avere qualcuno che ci sia rimasto, può essere davvero l’unica cosa che conta. E magari per te lo è, lo è stato. Lo sarà. Ma può essere anche il baratro, il buio che filtra attraverso caratteri bianchi emersi dallo sfondo nero di una pagina web. L’url del precipizio.

Se sei ancora lì, Still There dovresti proprio giocartelo.
A prescindere da dove e quando sia, questo "lì".

È l’era dell’Internet 4.0, dove se hai un dubbio non serve nemmeno più cercare su Google. Siri o Alexa o Cortana hanno tutte le risposte, basta avviare l’assistente vocale. Non c’è manco lo sbattimento di dover leggere o usare le mani, cose che ormai fanno così tanto primi anni 2000. Ha senso essere ancora lì, a scrivere di giochini, a raccontare ad una presunta platea di lettori senza volto e senza tempo da perdere, che Still There è un punta-e-clicca che si ispira ai classici, un Papers, Please senza comunisti e/o uno Stanley Parable schiacciato in due dimensioni? Ha senso, si.
Ha senso essere ancora lì, e avrà senso esserlo finché non appena finito un gioco mi sentirò come quando ho chiuso Still There. A giocare un multiplayer asincrono con chi ero ieri, o un anno fa, o nel tempo di una caduta che mi separava dall’abisso.

Ha senso perché ha senso per me, non per voi. Voi non ne avete bisogno, non sono i siti specializzati del cazzo a vendere i giochini. E ha senso soprattutto perché è facile parlare di “avventura grafica” e “punta e clicca”, seppellire tutto con un’appropriata dose di polaroid nostalgiche e chiudere l’ennesima recensione di Still There che dice tutto per non dire niente. Dici alla gente che Still There è, boh, un Thimbleweed Park nello spazio e festa finita. E invece no, perché quello che caratterizzava quel tipo di avventure grafiche, quello che ha reso famosa LucasArt e poi preteso indietro i suoi soldi con gli interessi, è il nonsenso degli enigmi. E gli enigmi di Still There sono tutto tranne che nonsensi: difficili, intricati, bastardi. Ma logici, estremamente logici. È più un The Witness per nerd condito dalle battute (un po’ dark, un po’ dumb) di Gorky e Karl.

Oppure, boh, è più semplicemente sé stesso, la visione di GhostShark Games che prende vita un frame alla volta

Chissà quanto c’è di autobiografico, nella storia di Karl. Chissà a chi si sono ispirati quando hanno scritto e sceneggiato quella cazzo di IA beffarda, quanto c’è di reale e quanto di derivativo. Sarebbe bello poterlo chiedere agli sviluppatori. Sarebbe bello scrivere la recensione di Still There con loro, togliendosi in diretta tutte le curiosità che vengono fuori giocando. Quello si, che sarebbe qualcosa di diverso. Familiare, ma diverso. Come Still There, che è un punta e clicca senza gli eccessi e gli assurdi dei punta e clicca di una volta, e anche senza la pretesa di durare trenta e passa ore. Ne bastano sei, per raccontare una bella storia. Si può fare un sacco, in sei ore e con giusto una manciata di personaggi.

Basta avere le idee chiare e non perdere tempo, togliere le inutili cutscene e ridurre le linee di dialogo all’essenziale. Tutti i Norman Reedus del mondo servono giusto a un gran cazzo, se non hai qualcosa di significativo da dire. E qua si finisce a scartabellare le email di Karl anche se l’interfaccia di gioco è orribile e macchinosa, anche se il concetto di “su Switch è tutto meglio” con Still There non funziona e ti viene voglia di andare a ricomprartelo su Steam. Ma stringi i denti e arrivi in fondo, e ne vale la pena. Davvero. Vale la pena rimanere ancora lì.

still there rece emozione

A proposito, tu? Sei ancora lì? Ho divagato un sacco, come quando mandi un vocale ad un tuo amico per salutarlo e registri quattro minuti. Tanto valeva chiamarlo. Chissà se sei ancora lì, chissà se ci sei mai stato o hai bypassato questo muro di testo puntando dritto al bignamino qui sotto.

Vabbè, te lo scrivo anche li…

quanto spendere
12 /12€
bignami per pigri
Fatti un favore e compra Still There. Dura il giusto, come un primo appuntamento perfettamente cristallizzato nel tempo che non ha avuto abbastanza spazio per diventare qualcosa di più. O di meno. Ti fa arrovellare, ti intriga, ti seduce e ad un certo punto ti fa pure riflettere. Perché ad un certo punto inizia a prendersi sul serio e sotto lo strato di citazioni, allusioni e umorismo non per tutti, ti sorprende. E poi dai, dici sempre "prima gli italiani" e poi non supporti il mercato indie locale?
top&flop
> Visivamente, alti livelli
> Si ride e si piange
> C'è un vibratore per IA on-screen

> C'è su Switch, ma ti conviene prenderlo su Steam
> Interfaccia macchinosa