SegheMentali Return to office 427

ATTENZIONE: Piccolo momento promozionale prima di cominciare per dirvi che esiste una raccolta firme su Change.org per dimostrare un po’ di amore a Ron Gilbert. Non servirà probabilmente ad un cazzo, come tutte le petizioni su quel sito, ma sicuramente è un bel gesto, un segnale, qualcosa di cui discutere. Quindi, cliccate qui e firmate.

L’annuncio di un nuovo Monkey Island aveva scosso gli animi di moltissimə giocatorə: un ritorno inaspettato che aveva creato un clima idilliaco attorno a sé. Lacrime per un tuffo nel passato. Nulla di più sbagliato: era solo un’illusione La verità ci è esplosa in faccia nel giro di un istante. Abbiamo preferito silenziare fin da subito la voce di Gilbert perché la sua proposta non era quella richiesta.

Avevamo già deciso che quello avrebbe dovuto essere il nostro Return to Monkey Island e non quello di Gilbert. Avrebbe dovuto pensarci due volte prima di dare quella veste al gioco. Non avrebbe dovuto imporci con arroganza il suo immaginario, perché ne avevamo già idealizzato uno. Rinchiuso in una bolla nostalgica e lasciato lì a ristagnare.

Gilbert si è schiantato con lo stesso pubblico che dieci anni fa non ha saputo ascoltare The Stanley Parable, e che ancora oggi si rifiuta di farlo. A un mese dalla Ultra Deluxe il messaggio di Wreden e Pugh si è già dissolto nell’etere, gli abbiamo preferito The Stanley Parable 2. Noi, noi, noi, noi. Non c’è altro che vogliamo sentire. Pretendiamo di essere al centro di ogni produzione. Vogliamo che il nostro nome risuoni meccanicamente all’infinito, che ogni processo creativo si pieghi ai nostri capricci. Ci siamo posti come padroni di questo mercato e sono dieci anni che lo consumiamo con queste dinamiche.

Un’arroganza che stiamo lasciando libera di infestare ogni cosa.

Non è da molto che Capcom si è sottomessa promettendoci RE: Village in terza persona. Ha voluto recidere il legame tra Ethan e la prima persona perché in fondo è quello che volevano tuttə. Non importa nulla del fatto che quel legame era indissolubile. L’anonimità di Ethan era la sua caratteristica fondamentale, lo rendeva invisibile, un guscio vuoto per lasciare posto al giocatore; la prima persona era una scelta di design precisa che andava a chiudere perfettamente questa impostazione. Ma forse Capcom ha fatto bene a piegarsi, almeno ci mette davanti al fatto che non abbiamo proprio capito un cazzo.

Ci dimostra qual è la morte del linguaggio videoludico e di come noi la stiamo acclamando

Questo articolo è frutto dell'iniziativa Crowdsourcing sovversivo di Gameromancer. Che è 'sta cosa?