SegheMentali Kojima come Méliès: lo StrandingLike con effetti speciali

Kojima è il Méliès dei videogiochi: mentre tutti pensano che il videogioco sia solo divertimento, lui reinventa l'arte videoludica, portando gli effetti speciali come vessillo della rivoluzione.

E se Kojima stesse tentando la creazione di un nuovo tipo di videogioco?

Ah Kojima… Quel nipponico mattacchione che si diverte a non farci vedere un cazzo, ma a lasciarci sempre quella sensazione addosso tipo: ” HA DETTO TUTTO, NE SONO SICURO! Devo… Devo rivedrere il trailer almeno un’altra decina di volte per trovare la madonna nascota. ME LO SENTO ADDOSSO! IO CREDO!”
Questo pezzo giapponese di storia videoludica, però, non si diverte solamente a giocare con i videogiocatori, ma conosce anche molto bene la cinematografia. E si vede!

Death Stranding. 29 maggio 2019. Ore tipo le 17.00, ma non ricordo bene perché nella vita ho anche altre cose da fare oltre che guardare mani che cancellano schifo sullo schermo di Twitch, e quindi ho visto il tutto in differita.

Ultimo trailer spaziale, frenetico, potente, in grado di parlare con semplici stacchi di inquadrature silenziosi ma decisi. Già solo per questo ero con il cazzo in mano. Poi data di annuncio: 8 novembre 2019. In quel momento le mani che prima palpavano lo schermo hanno preso possesso della mia e il tutto è finito con gioiosa e copiosa soddisfazione ludica.

Questo ha portato la mia mente, in quel momento carica del flusso sanguineo di ritorno dalla vacanza nel meridione, ad una congettura su un possibile nuovo tipo di videogioco, il cui iniziatore non è altro che il gioco dei feti Bartolini.

Ma il feto della Collectors Edition è un invito ad andare al Congresso delle Famiglie?

Come qualsiasi materia di studio che si rispetti, però, ha bisogno prima di un contesto e delle doverose premesse.

Allora, i personaggi dei videogiochi potremmo dividerli in tre tipi:

  1. Per nulla caratterizzati;
  2. Semi – caratterizzati;
  3. Fortemente caratterizzati;

Il primo ha la particolarità di essere facilmente “abitato” ecco che iniziamo con i paroloni dal giocatore. È un vestito, una maschera carnevalesca che il videogiocatore indossa per camminare nel mondo di gioco. Per dirla in modo concreto e pratico, qualsiasi personaggio della saga di Call of Duty, e in generale di quasi tutti gli FPS.

Il secondo tipo è caratterizzato da personaggi con un volto, un nome, un background, ma che comunque lasciano degli spiragli per l’ingresso parziale del videogiocatore. The Witcher 3 per esempio: Gerald è caratterizzato, ma comunque il videogiocatore decide cosa fargli fare, quale morale seguire, senza che il personaggio dica alcunché o che la sua personalità sia così influente da non permettere al giocatore di immedesimarsi in lui, e perché no, almeno nella finzione essere fighi e farsi una roscia vera.

Ava come Avatar: il nostro sottosopra dandy I Love Videogames, ci fornisce un interessante spunto di riflessione sul concetto di Avatar, che dovete leggere ora, subito, adesso, e qualsiasi altro sinonimo, cliccando qui.

Il terzo tipo è caratterizzato da personaggi con volto, nome, background ma che soprattutto non lasciano spazio al giocatore di “abitarli” con la propria personalità, perché sono già forti di loro e non hanno bisogno di essere completati. Hellblade: Senua’s Sacrifice ad esempio: Senua è fortemente caratterizzata, tanto che il giocatore guida i suoi movimenti sì, ma più con distacco, come fosse un lettore della sua storia, una delle sue voci, un accompagnatore e osservatore, non un corpo attivo e agente. E anche se tutti vorremmo “entrare” in Senua, in realtà questo non ci è concesso non solo dal fatto che noi siamo fatti di carne e non di pixel, ma soprattutto dalla sua presenza unica.

Questa premessa mi serviva per introdurre il concetto che ci porta a Metal Gear Solid. Come avrete capito, Snake si posiziona nella terza tipologia, e questo sia per la sua forte caratterizzazione, sia per la regia videoludica e cinematografica eccezionale di Kojima. Snake è talmente tanto caratterizzato e figo, che nel secondo titolo della saga decide bene di farsi i cazzi suoi, mandarci a fanculo tutti (si, anche i videogiocatori, tanto lui non ha bisogno di noi e dei nostri controller incrostati di sugo della pizza) e lasciarci guidare quel bell’imbusto di Raiden.

Snake è talmente figo che a volte mi viene il sospetto che sia lui a giocare con noi, e che Kojima sia una sua creatura.

Sam, protagonista di Death Stranding, segue la stessa strada del suo serpentesco predecessore. Kojima ce lo mostra in tutte le salse: ci fa capire che ha una sua morale, che è un personaggio forte, che noi saremo solo degli spettatori del suo film che si deve compiere, spettatori attivi certo, ma pur sempre spettatori. Tanto che introduce una componente specificatamente filmica: il nome dell’attore affianco a quello del personaggio mentre lo mostra. Non lo mette nei titoli di coda, non lo mette a parte dicendo che ha preso solo le espressioni, per poi ricostruirle e montarle in un secondo momento su un personaggio staccato dall’attore e che con lui non ha nulla a che fare, se non la fisicità. No no, lui ti fa capire che ha digitalizzato un azione filmica. Che praticamente ciò che facciamo noi è essere i registi che guidano l’attore, Norman Reedus, nelle varie scene del film; il tutto tenendo sotto controllo oggetti di scena, telecamera e impartendo ordini guardando da uno schermetto, proprio come fossimo dei registi cinematografici.

Questa componente, era in parte presente anche nei Metal Gear Solid. Quindi cosa rende speciale e ambiguo secondo me questo titolo?

La risposta è: l’Open World e l’assenza apparante di missioni definite e non narrate o suggerite dallo svolgersi degli eventi.

So che MGS5 è relativamente Open World, ma comunque è impostato come se fosse una serie tv, cioè a episodi autoconclusivi con tanto di titoli di coda che rimandano poi alla base, da cui è possibile far partire un nuovo episodio. Secondo me qui, invece, non ci sono. Semplicemente hai un film intero da girare e seguire, e i film non sono fatti da missioni, ma da storie straordinarie, che si concatenano una con l’altra, facendo una storia unica in un modo che vive anche senza storia.

La componente Open World, assente in ciò che cinematograficamente secondo me si avvicina di più all’espressione artistica di questo titolo, cioè il primo MGS, comporterà la regia di differenti film, perché tutto sarà alla portata del videogiocatore. Quindi i luoghi, i posti, i tempi in cui la storia cinematografica, riscontrabile anche dal combattimento assolutamente teatrale e cinematografico, cambieranno e saranno totalmente diversi, rendendo ambiguo il rapporto videogioco film.


Per approfondire:
Cos’è il videogioco?

Inoltre, secondo me, Kojima, visto che non è il primo stronzo e conosce bene i suoi polli, ha previsto alcuni parametri speciali e questi parametri, come in GOW con alcuni dialoghi, cambieranno le cinematic e i dialoghi o gli eventi, aggiungendo variabili registiche alla storia. Alla propria storia.

So che sarete già lì pronti con i forconi e le torce accese a urlare: “Avvocato, ma che uccello con prepuzio e glande sta dicendo! Le pare che se ci fosse stata una possibilità, anche minima, di fare una cosa del genere, non l’avrebbero già fatta?”

Sì mio caro villano di Shrek, ma per prima cosa per l’industria sperimentare è un rischio, seconda cosa Death Stranding non è pensato solo per questa generazione di console, ma anzi probabilmente è già proiettato verso la prossima, terzo per attuare una rivoluzione c’è sempre bisogno di un matto disposto a giocarsi tutto, e Kojima è il Méliès dei videogiochi:

Mentre tutti pensano che il videogioco sia solo divertimento, lui reinventa l'arte videoludica, portando gli effetti speciali come vessillo della rivoluzione.

Ciò che si verrebbe a creare, se tutto ciò fosse vero, è un nuovo genere di videogioco che, in accordo con quei matti del gruppo Telegram, vorrei chiamare ironicamente: StrandingLike.

Quindi signori e signore, rimanete incollati alle vostre costose poltrone da gaming, perchè mi sa che l’8 novembre andremo direttamente a scontrarci contro l’occhio destro della luna…