SegheMentali In difesa di Far Cry 6

Del mercato dei sequel e di come ci viene raccontato

Negli ultimi anni, più o meno da quando si è capito che la next gen sarebbe stata sostanzialmente una supercazzola ancora per un bel po’, è partita una campagna di sensibilizzazione comunitaria a favore dei cosiddetti more of the same.
Da Spiderman: Miles Morales a God of War: Ragnarok, passando per Horizon Forbidden West. Mentre una fetta di pubblico si lamentava di come questi titoli, chi più chi meno, non fossero altro che una “semplice” nuova iterazione di roba già vista e giocata, senza particolari novità che ne giustificassero l’uscita, dall’altra parte i professionisty dell’informazione (spalleggiaty a spada tratta dai loro fedeli followers) ci spiegavano per l’ennesima volta la vita.

Non erano giganteschi DLC, quindi, ma dei sequel in piena regola, come se ne è sempre fatti, che miglioravano la struttura dei capitoli precedenti e ne correggevano eventuali problemi. Il tutto aggiungendo meccaniche nuove qua e là che, a tutti gli effetti, li rendevano dei veri e propri giochi a sé stanti.

Cosa ci sarebbe di male, poi, a riproporre una cosa che funziona? Dopotutto, non avete mai sentito la famosa regola, “squadra che vince non si cambia”?

Qual è il numero minimo di
meccaniche da aggiungere per
non fare un more of the same?

Tralasciando che questi stessi discorsi sono da anni alla base dell’odio popolare che attualmente affligge Ubisoft per ogni scoreggia proveniente dalle sue mura (ma al tempo stesso non ricordo di aver letto nessun articolo intitolato “In difesa di Far Cry 6”), il discorso dal mio punto di vista è anche condivisibile.

Non tutto quello che esce sul mercato deve avere l’ambizione (e la strafottenza davanti ai pregiudizi) di un prodotto di Hideo Kojima. Legittimo voler semplicemente portare avanti una linea narrativa iniziata in un primo capitolo senza necessariamente dover rivoluzionare ogni volta la struttura di gioco, specie se lo si è fatto relativamente di recente, come per il blockbuster di Santa Monica Studios.

Quello che non è legittimo, però, è propinarci la stessa retorica entusiasta, quasi estasiata, che magari ha accompagnato l’uscita dei capitoli precedenti. Vi accorgerete da soli che i discorsi cozzano. Delle due l’una.

Perché una cosa che poteva opinabilmente rappresentare “l’apice del medium videoludico” nel 2018, come cazzo fa a rappresentarlo ancora quattro o cinque anni dopo se mi avete appena spiegato che è lo stesso gioco ed è giusto così?

Se la massima espressione
del medium fosse la stessa da cinque anni, mi sa che avremmo un bel problema

Allora cosa facciamo, non dovremo mica presupporre malafede? Non dovremo mica pensare che il vostro lavoro non sia quello di esprimere opinioni competenti, ma piuttosto quello di incensare ad personam (ad aziendam?) tutto e il contrario di tutto a seconda di ciò che richiede il momento?

Ma no dai, sicuramente non sarà così. Probabilmente è solo che, in questo mondo, abbiamo tutti un po’ la tendenza a farci prendere dall’emozione.

Soprattutto quando torniamo a controllare Kratos dopo tanto tempo.