E sì, queste sono delle scuse.
Quanto sono belli i giochi anche quando sono impuri. Sono io a non esserene degno, macchiato dal sangue della megalomania e della spocchia. Grezzi, ruvidi, violenti, questi sono i videogiochi. Io che ricerco la perfezione tecnica ho gli occhi appannati dai compitini fatti bene e non mi accorgo di quanto sia divertente andare oltre. Sempre lì, a cercare l’exploit che mi renderà la vita più semplice, a lamentarmi perché gli sviluppatori non hanno pensato di risolverlo prima che io ci mettessi le mani. Sporco dentro perché non sono più abituato a vedere i videogiochi senza occhio critico. Troppi pugnali conficcati sulla mia schiena in questi anni da pagliaccio su internet. Così cieco da non accorgermi che Ender Lilies: Quietus of the Knight mi ha tenuto incollato allo schermo per 20 ore consecutive, senza essere il gioco perfetto, senza accorgermi di aver maturato il bisogno di scrivere questa recensione.
Ma poi, quella scintilla. Quei piccoli dettagli sul corpo della protagonista di cui non ti eri reso conto. Macchie di sangue e deformazioni che si accumulano su quel corpo bianco e indifeso ogni volta che purifica qualcuno. Brividi. Brividi perché hai fatto in modo che lei si corrompesse. Lei che non aveva alcuna colpa. Si era risvegliata senza memoria. Si era fidata del cavaliere nero che usa come arma. Io, noi, l’abbiamo accompagnata fuori dove la pioggia incessante batteva sulla terra e corrompeva i cuori e i corpi di chiunque la sfiorasse. E io per puro egoismo ho deciso di farla combattere. Di farla morire. Fosse almeno in grado.
Codardo. Per difendersi e colpire usa delle piccole anime rosa che ad ogni suo comando si trasformano nell’eco corrotto di chi erano in vita. Per un breve istante, prima di tornare di nuovo in attesa di ordini. Anime purificate da lei stessa, uccise per pietà. Per egoismo. Per liberare il mondo da un fardello così grande da schiacciare l’umanità, ma così piccolo da raggrumarsi dentro il corpo di una bambina innocente.
Depressione, ansia, lutto, tutte cose che se giocate dalla persona giusta rimangono impresse nella memoria. Nessuno si aspetta, però, di provare lo stesso per un metroidvania. Dai cazzo, lo sappiamo tutti, i metroidvania sono solo giocattoli, non possono parlare di tematiche complesse, non possono farmi sentire male. Come farmo se mi sento triste ogni volta che sconfiggo un nemico? No, no: i metroidvania non possono essere più di semplici artefatti ludici. Hollow Knight no? Quello è il metroidvania perfetto, infatti non ha nessuna tematica forte che mette in secondo piano il gameplay.
Cazzate. Tutte cazzate. Hollow Knight è semplice sì, ma profondo e oscuro. Se solo non fossimo egoisti ossessionati dal vincere ad ogni costo, ci accorgeremmo di quanto dolore diffonde ogni spadata sferzata in quel gioco. Quel guscio vuoto con l’anima oscura che controlliamo è migliore di noi. E io me ne sono accorto proprio grazie a Ender Lilies. Quando lei è caduta stanca e corrotta togliendomi il controllo se non per andare avanti con i dialoghi, mi sono reso conto di cosa le stavo facendo.
L’ho finalmente guardata e ho visto quei tentacoli uscire dalle vesti e quel sangue macchiarle i capelli. Per quasi 20 ore non mi ero mai reso conto di lei, non l’avevo mai osservata. Non era lei ad attaccare dopotutto, lei era un puntino bianco da cui partivano gli attacchi di qualcun altro. Un puntino bianco che non doveva essere colpito, ma niente di più. Ora invece mi sono accorto di tutto quello che le ho fatto e sto male. Sto male se ripenso a tutte le storie che ho visto mentre lei purificava il corpo pietrificato del boss appena sconfitto. Amori spezzati sul nascere, vite finite prima ancora di cominciare, desideri umani che non si realizzeranno mai per colpa di un male inspiegabile e per l’avidità. Tutto questo dolore assorbito da quella ragazzina che fin dall’inizio ha agito sotto il nostro controllo. Senza mai parlare.
Quanto sono belli i giochi anche quando sono impuri. Quanto è bello Ender Lilies anche nelle sue imperfezioni. Mi ha fatto incazzare, mi ha fatto bestemmiare, mi ha fatto chiamare a raccolta amici per ridere di lui. Eppure sono qui ad elogiarlo, a dire che sì, poteva essere meglio, ma non sarebbe stato lo stesso. Non ho finito Ender Lilies: Quietus of the Knight prima di scrivere questa recensione perché ho bisogno di godermi il suo finale nel più totale silenzio. Nella sua dualità religiosa tra puro e impuro, Ender Lilies deve essere vissuto e non giudicato. E come lui tanti altri titoli molto più rotti, ma anche molto, molto, più toccanti e profondi.
E sì, queste non sono delle scuse.