Una sbornia di hype collettiva

Nel 2020 avevo 25 anni, ero uno dei tanti entusiasti videogiocatori che provava a scribacchiare su uno dei tanti siti minori sperando di riuscire a farsi un nome. Quell’anno e mezzo in cui avevo pubblicato vari pezzi più o meno vergognosi ero riuscito a imparare comunque tanto, almeno concettualmente, almeno sui processi invisibili al pubblico. Avevo visto cosa c’era dietro la barricata, dai PR che mandano le copie e a volte avanzano pretese, alle guide che generano click e quindi tocca farle. Dalle news riprese dai siti esteri e tradotte di corsa, alle recensioni immorali e inutili. Cose belle. Ma non ero ancora disilluso. Per quello c’è voluto Cyberpunk.

Non ero ancora disilluso, per quello c’è voluto Cyberpunk.

Uno dei giochi più attesi degli ultimi anni. Mi ricordo testate che mandavano tre redattori alle anteprime per poter parlare dei tre background narrativi dell3 protagonista(che alla fine cambia un cazzo, ma va be’). Mi ricordo il marketing martellante, sugli stili che si potevano trovare in giro per la città, con addirittura i motti (“style over substance”), sulle varie bande, in cosa credevano e quali aree dominavano, sui fixer, sui bisturi. Lo ammetto tranquillamente: ero anch’io accecato da tutto quell’hype patinato con cui il capitalismo vende sé stesso travestito da anticapitalismo. E probabilmente per questo, lì, si è rotto qualcosa nel mio modo di guardare alla critica e ai videogiochi. 

Da day1 a day1000

Al lancio è stato uno spettacolo davvero fragoroso e ridicolo. Il redattore che lo ha giocato sul suo pc di fascia altissima che cercava di convincerti che il gioco era una mina e il suo nove su dieci era giusto contrapposto al povero stronzo che indicava il re nudo: “zio guarda che a me sto cazzo di gioco nemmeno parte”. Poi la paraculata massima: le recensioni insufficienti postume per le versioni console. Il gioco rimosso dal PlayStation Store. Il ray tracing flexato in faccia al mondo. I video dei bug assurdi con la musica di Jurassic Park storpiata. La difesa dell’indifendibile in nome del “io mi sto divertendo” contro uno sviluppo del personaggio che semplicemente non funziona e non ha impatti in quello che doveva essere il miglior RPG di sempre.

E da lì via a quasi tre anni di boutade su aggiornamenti che finalmente hanno reso Cyberpunk quello che doveva essere al lancio e di critici che con la loro gran faccia di culo sostengono di aver fatto bene loro a dargli nove, avevano ragione: il gioco andava già bene al lancio. Nel mentre mezza CD Projekt ha cambiato aria, volente o nolente, e le storie di crunch si sprecano. Ma a riabilitare quest’universo narrativo e quest’azienda ci si è provato in tutti i modi, anche con l’anime, Edgerunners, che poi è pure un bel prodotto ma non ho ancora capito perché dovrebbe farmi rivalutare il gioco. O anche coi documentari autoprodotti su quanto è bello lavorare nello studio polacco. E siamo arrivati, infine, alla versione 2.0 e al DLC. Insomma, com’è oggi Cyberpunk 2077?

Cyberpunk 2.080

La risposta è banale, quasi degna di un “grazie, Graziella…”: è un gioco migliore. Volendo guardare il bicchiere mezzo pieno: è un gioco a tratti buono. Ma non è ciò che il marketing aveva venduto, ciò che le recensioni, in una gigantesca sbornia di hype collettiva, avevano raccontato. E a scanso di maliziosi equivoci da parte di chi mi accuserà di non essere mai contento o di essere contro Cyberpunk a priori, non sarà mai quel gioco lì. Non lo sarà perché certe cose non si possono patchare, non si possono aggiungere con gli update, non si possono colorare con gli spin off e nemmeno migliorare con i DLC (soprattutto se si continuano a fare gli stessi sbagli, ma ci arriviamo); certe cose bisogna pensarle dall’inizio, di design e di scrittura.

Però oggi Cyberpunk è “un gioco vero” almeno. È un ottimo immersive-sim open world, un unicum per adesso. In parte lo era già al lancio, con mille problemi, ma con questo gameplay tirato a lucido e gli skill tree rivisitati tutto diventa godibile ed è un attimo perdersi a esaurire le attività dei fixer. Infiltrarsi in aree totalmente opzionali e dedicate quasi esclusivamente a queste missioni – di fatto terziarie – mette in luce un lavoro veramente notevole sul level design, curato e minuzioso, che si presta a una certa varietà di approcci, e che sinceramente rende banali la stragrande maggioranza delle missioni principali sul piano ludico. La differenza rispetto al lancio è che ora le cose funzionano in modo decisamente più fluido, tutto diventa più piacevole che frustrante: superare i nemici in stealth, usare il netrunning, sfruttare il cyberware, esplorare le opzioni che il gameplay mette a disposizione.

Pensato imperfetto

D’altro canto, oggi come tre anni fa, Cyberpunk è un pessimo gioco di ruolo. Lo è perché V è un personaggio totalmente scritto in ogni dettaglio e le opzioni a disposizione non cambiano mai davvero il tono e il carattere dell3 protagonist3, così come non lo cambiano – ora come allora – le scelte sul background. Lo è perché, anche a distanza di tre anni e con tutte queste rivisitazioni, lo sviluppo ludico di V è quasi obbligato: il netrunning rimane nettamente più potente e appagante di tutto il resto per poterne fare a meno, allo stesso tempo è quasi un obbligo buttare qualche punto esperienza sulle abilità di shooting perché alla fine qualche sparatoria non evitabile nella main quest c’è, così come riempirsi di cromo rimane di fatto necessario, alla faccia di tutti i cyberpsicopatici che il gioco vuole che ammazziamo.

Oggi come nel 2077 2020 Cyberpunk è un gioco scritto male. Non perché la storia che racconta non sia bella o i personaggi non siano ben caratterizzati, ma semplicemente perché è tutto al posto sbagliato. Una trama che come incipit vuole un3 protagonista in costante fretta perché – letteralmente – sta morendo non può mai andare bene in un contesto ludico che vorrebbe spingerti al free roaming, a un’immersione lenta e totale nel mondo di gioco, nelle sue aree e nelle sue storie.

Cyberpunk 2080 Dogtown2

Così come è una scelta sbagliata mettere sempre azione, frenesia e spettacolarità al centro di tutte le missioni più in vista – inteso sia main quest che secondarie legate a personaggi importanti – in un gioco che nel suo nucleo è più Prey che GTA. Finisce che ti devi arrabattare e mettere in piedi un sistema di shooting decente, un combat corpo a corpo almeno passabile, un sistema di guida che non faccia pena, una IA di civili e polizia che non siano vistosamente stupide, un sistema di collisioni e interazioni fisiche con gli oggetti credibile. Insomma, finisci a dover costruire un altro gioco, che se non gli dedichi il tempo necessario viene fuori abbozzato, viene fuori… Be’, Cyberpunk 2020 2077. E dopo tre anni di sistemare robe qui e là comunque la parte migliore del gioco rimangono quelle terziarie dove viene fuori il core gameplay. Giustamente.

Style over substance

Oggi come tre anni fa Night City è bellissima da vedere, ed è molto bello che siano state fatte alcune piccole aggiunte che la rendono leggermente più vivida. In alcuni casi si tratta di dettagli di user experience, in altri di intere missioni secondarie che rendono luoghi iconici anche visitabili, utilizzabili. Oggi in più c’è pure Dogtown, che con questo DLC hanno deciso di cacare in mezzo a Pacifica in una zona in cui prima c’era poco di memorabile. E adesso c’è una gigantesca prigione circondata da mura con dentro dei grattacieli, come se nulla fosse. Ed è pure una bellissima area a livello estetico, forse anche la migliore in tutta Night City, per impatto visivo, per verticalità, per varietà, per vitalità. Però ancora oggi ‘sta città ti accorgi che è vuota appena sposti i cartonati delle cose. Appena ordini un cocktail in uno dei pochi bar e l’unica cosa che succede è che ti viene aggiunto all’inventario, o appena vai per prendere la metro e non c’è nemmeno una stupida cutscene a diversificarla da tutti gli altri teletrasporti. 

Cyberpunk 2080 Dogtown

Eppure, ciò che più mi preoccupa, al di là di com’è oggi Cyberpunk 2077, è che gli errori sono gli stessi, sia di CD Projekt che della critica. Esce Phantom Liberty con Idris Elba, una nuova area molto carina e una main quest spudoratamente plagiata da 1997: Fuga da New York interessante, e quindi va bene. E quindi non è un problema che, esattamente come il gioco e forse più, la trama del DLC ti metta una fretta del diavolo dal primo minuto e poi ti dica “hei, goditi un po’ questa nuova area che c’è così tanto da fare.

Dream on

Ma alla fine, riassumendo, com’è oggi questo Cyberpunk 2080? Se fosse uscito con tre anni in più di sviluppo sulle spalle, il me venticinquenne lo avrebbe apprezzato? Forse sì, sicuramente di più di quanto ha apprezzato la versione 2077, sicuramente di meno di quanto ha apprezzato The Witcher 3. E sicuramente avrebbe comunque lamentato tante, tantissime cose di questo amalgama che comunque non funziona. Il me di oggi, con tre anni in più e soprattutto tre anni in più a bazzicare il mondo della critica dei giochini, ha apprezzato un’anima da immersive sim che forse alla prima passata non aveva colto appieno, seppellita sotto i problemi tecnici, ma ha anche messo a fuoco con un occhio più critico tutti i problemi che c’erano e che in buonissima parte sono ancora tutti lì. E che nessuna patch potrà mai davvero risolvere.

Cyberpunk 2080 Keanu

Se non altro, oggi trasuda un certo amore da parte di CD Projekt verso un immaginario a cui evidentemente ormai si è legata a doppio filo. Un amore – sicuramente non disinteressato – che ha portato a trasformare un gioco problematico in un gioco vero, appunto. Una cura verso l’immaginario che è riuscita a coltivare dando l’idea che ci sia ancora tanto da dire e raccontare. La speranza è che, se mai ci sarà un seguito di Cyberpunk – e io ci spero veramente un sacco – si cominci a lavorare fin da subito con le idee più chiare in testa. Che la sostanza conta molto più dello stile. Che in un gioco di ruolo giocare di ruolo è importante. Che in un mondo cyberpunk ‘ste corporazioni dovrebbero anche essere un male evidente della società, e non esserlo solo perché te lo dice Keanu Reeves. La speranza è che Cyberpunk 2 un giorno veda la luce, e che possa essere davvero quello che da tre anni chiamiamo erroneamente “il vero Cyberpunk”.

quanto spendere
30 /70€
bignami per pigri
Cyberpunk 2080 non è poi così diverso dal 2077. È più fluido, è migliorato in tanti aspetti, però rimane un insieme di cose spesso pensate radicalmente male che occasionalmente funzionano prese singolarmente, quasi mai messe insieme.
top&flop
> Giocabile, circa
> Gli skill tree hanno senso
> Nuova area molto fica

> Nuova area buttata lì
> Problemi strutturali
> Stessi errori nel DLC