E se fossimo Otacon? Non nella vita. Oddio, non necessariamente, non solo. Anche. Ma intendo proprio all’interno di Metal Gear. Se fossimo Otacon? Ci hanno fatto giocare nei panni di Snake, fosse quello solido o quello che ad un certo punto è diventato Che Guevara. Ci hanno infilato a forza nei panni di Raiden dicendoci che era una tela vuota, proprio per quello androgina ai limiti dell’ermafroditismo. Raiden era una maschera sotto cui potevamo muoverci, provare a essere noi l’eroe del giorno. È anonimo per quello, doveva esserlo, lasciando perdere il fatto che poi diventa l’ennesimo cyborg ninja della serie.
Otacon è un tizio assolutamente normale. Nessun addestramento nelle forze speciali, nessun gene da super-soldato ereditato dalla sua linea di sangue. È un medioman qualunque in fissa coi mecha e con gli anime che si trova incastrato in qualcosa più grande di lui. Esattamente come noi. Perché non lo sapevamo mica cosa sarebbe successo nel 1998, inserendo quel Disco 1 nella PlayStation e premendo start. Non lo sapevamo che ci saremmo rimasti sotto, vittime di una Sindrome di Stoccolma nei confronti di Hideo Kojima che giocando ai suoi giochi diventa Sindrome di Stendhal. È la stessa cosa che succede ad Otacon – ad Hal -, rapito e abbagliato prima da Sniper Wolf e poi da Snake.
Perché Wolf è quella parentesi di felicità cercata alle soglie dell’apocalisse, anche nei momenti più improbabili, perché anche nella vita vera funziona così. Magari non vieni rapito da una sexy-cecchina-terrorista, ma la vita non ti guarda in faccia quando ti mette davanti la persona che vuoi. Arriva quando arriva e ti accorgi che ne avevi bisogno, anche se non lo sapevi, anche se non lo volevi. E allo stesso modo se ne va e quando se ne va non puoi farci un cazzo, carta vince e carta perde in un gioco di cui non capiamo nemmeno lontanamente le regole.
Hal va avanti grazie a Snake e Snake è Snake grazie ad Hal. Perché senza Otacon sarebbe rimasto a ghiacciarsi il culo in qualche eremo dell’Alaska, e invece prova a rendere il mondo un posto migliore. Anche se non è un eroe, non lo è mai stato e non lo sarà mai. Perché David lo sa, che non è tutto merito suo. Lui è il braccio, è la skill, anche la mente volendo. Ma il cuore sta da un’altra parte. E quella parte è l’armadietto di un laboratorio in cui un tizio s’è pure pisciato addosso, quando ha visto arrivare il ninja cyborg – ma quello fico – armato di falce katana.
È la forza di essere deboli che poi ispira la vera forza, perché se c’è una damigella in pericolo è molto più facile lanciarsi al salvataggio. È un ruolo che abbiamo interpretato tutti, almeno una volta, almeno per qualcuno. E qualcuno lo ha fatto per noi, quando dovevamo decidere tra ciò che è facile e ciò che è giusto. Due concetti distanti che però coincidono, se c’è qualcuno che si è mostrato fragile.
A Sam è mancato qualcuno che fosse facile proteggere. Perché la sua coprotagonista al di là del nome non è fragile per niente, non puoi spezzare chi quando finisce in pezzi applica l’arte del Kintsugi. Forse è addirittura il contrario, è Fragile ad essere l’eroe ed è Sam ad essere Otacon, uno di quegli Otacon che non ce l’hanno fatta. Perchè ad un certo punto hanno detto basta, hanno smesso di nuotare contro quella corrente di merda che ci scorre addosso lenta e inesorabile. Perché se siamo Otacon lo siamo anche perché ne condividiamo le sfighe. Le sue sono più esagerate, più Kojima, ma sono sempre quelle.
I sensi di colpa nei confronti di un genitore che non è stato all’altezza del suo ruolo. L’essere usati e manipolati da qualche Naomi. Il lutto e la perdita, l’incapacità patologica di trovare la stabilità. A chi non è successo? Quando capita, puoi essere Sam o essere Hal. Puoi dire basta o puoi insistere. Siamo tutti Otacon nel senso che abbiamo lo stesso background, come rispondiamo poi sta a noi. No, sta anche agli altri. Perché è quello che ci insegna Hal, che gli altri per il semplice fatto di essere parte delle nostre vite sono parte di noi, e ci condizionano. Ci rendono più facile o più difficile dire e fare certe cose. Di conseguenza, ci rendono più facile o difficile vivere.
Anche noi abbiamo lo stesso impatto sugli altri. Tiriamo fuori il meglio e il peggio delle persone, le cambiamo a contatto con noi come fa la temperatura con la Key Card di Shadow Moses. Quello che ho detto per Otacon vale anche per te, per te che stai leggendo adesso.