Tetris Effect è un anticoagulante spirituale, una preghiera, un mantra. È l’Om dei Veda, mezzo per innalzare lo spirito e portarlo a un grado di coscienza superiore, anche solo fino al game over, fino a far traboccare nuovamente la realtà dal pozzo di Pažitnov, ormai colmo di tetramini sgranati uno dopo l’altro come i grani di un rosario. L’ultima opera di Mizuguchi non si gioca, si recita. Ci si abbandona al suo ritmo non per svago ma per purificazione, battezzati da un game design sinestesico che anestetizza il mondo e immerge il fedele in un viaggio astrale dal calore amniotico, rilassante eppure implacabilmente esaltante.
I pensieri del quotidiano che affollano la mente cominciano a dissolversi, talvolta risolversi, a essere messi in ordine come i blocchi che cadono dal nulla, tenendone a bada la velocità, istigata e modellata dai cambi di ritmo di un canto hindu ipnotico come le fiamme sempre più vigorose, ardenti, che bruciano e fondono una metallica traccia techno. È una Woodstock lucida dove un’elettronica finissima prende il posto della Stratocaster di Hendrix e della voce di Janice, e la continua sollecitazione delle sfere sensoriali rende superfluo l’LSD, con risultati altrettanto psichedelici. Ed è il videogioco stesso che prende una nuova forma, un nuovo intento, evolvendosi da uno dei suoi esempi più pop, preservandone la sostanza ludica ma spingendosi oltre il confine, perfino oltre Rez, diventando pellegrinaggio nel proprio essere. Un cammino in fast forward attraverso tutta la meraviglia che il mondo ha da offrire; paesaggi, culture, arte, musica, sogni, idee. Si rimane senza fiato, si fa anche fatica, perché la sfida, la penitenza, rimane dogma costante e infrangibile nella strada verso la pace dei sensi.
Volendo c’è addirittura tutta una serie di modalità classiche, atee, in cui lasciare giù le ore migliori del vostro tempo libero, inseguendo record, cercando la più lunga striscia di Tetris consecutivi mai eseguita, lottando contro il tempo o contro pezzi in caduta libera di livello talmente alto che sembrano teletrasportarsi più che cadere; ma per quello ci sono tutte le migliaia di versioni rilasciate negli ultimi 30 anni. È la stessa differenza che c’è tra una sega e una scopata come si deve. Va bene concedersi un momento di autoerotismo e autocompiacimento di tanto in tanto, ma presto si vuole tornare a quel calore avvolgente, morbido come seta, completo, quando le anime sono talmente compresse da scatenare una fusione termonucleare.
Il golpe di Mizuguchi a Tetris cambia pelle al classico, sgretola le imposizioni alienanti di un regime ormai estinto per fondare una nuova civiltà hippie spiritualmente connessa nell’etere, intonando ogni giorno il suo inno di pace, amore e beatificazione videoludica capace di farci abbandonare il nostro guscio e tutte le sue zavorre, almeno per qualche minuto, sentendo addosso solo il peso dei propri sensi.