Segreti nei videogiochi moderni. È quasi cacofonico da sentire. Come? Cacofonico è un termine troppo complesso? Non vi preoccupate, ve lo spiego in poche e semplici righe. Un po’ come quelle che bastano per decidere agli sviluppatori dove nasconderli sti cazzo di segreti.
Cacofonico significa che quella roba che hai sentito è talmente una merda, che dal culo risale l’intestino e ti cola dalle orecchie, insieme a pezzi di cervello. Non è un bello spettacolo.
Ma provando a non andare a cazzo come al solito, l’idea per questo articolo nasce da un esperimento sul gruppone di Gameromancer, che troverà ora la sua conclusione, su queste pagine. (Così smettono di fracassarmi i testicoli perché non gioco ai giochi che dicono loro. Anche se devo dire che hanno buon gusto.)
Non vi spiegherò, però, come suggerito dal nostro Peter Ianrocked alias phatejoker, “che fine hanno fatto i segreti nei videogiochi moderni”. Un po’, a dirla tutta, perché col cazzo che seguo un suggerimento senza metterci del mio, un po’ perché non è che siano spariti proprio del tutto. Anche perché se fossero “concetti superati”, non ci sarebbe alcun motivo per parlarne. Vero “rapporto cinema e videogiochi”?
Dissing a parte, i segreti nei videogiochi moderni non sono spariti magicamente in una nuvola di fumo, ma è la vita stessa a non aver più segreti da nascondere, o almeno in apparenza.
Come nelle famose opere di Fontana, lo squarcio spezza la continuità bianca del foglio. In questo caso, l’illusione della realtà in cui viviamo.
Ma non fa solo questo. Ribalta, infatti, qualsiasi concezione, spiattellando in bella vista la realtà e nascondendo l’illusione.
Il velo di Maya ferito si rifugia dietro facce da filtri Instagram e dita sudaticce che scrollano la bacheca. Far vedere ciò che dovrebbe essere celato è diventato motivo di vanto. Nascondere ciò che di bello si dovrebbe mostrare diviene abito di uno scheletro nell’armadio con ancora la carne attaccata.
Abbiamo cercato per secoli di scostare la benda che ci rendeva ciechi dalla nascita, ma invece di un mondo fatto di sogni, abbiamo una strada nero pece dove gli onironauti si infrangono contro un muro di cuori rossi in continua crescita. Aveva ragione la Kitsune di “Good Hunting” della serie Love, Death & Robots su Netflix:
Ma, non è ancora tutto perduto. È vero, è filosofia spicciola. È vero, i social uniscono e dividono allo stesso tempo. Ma è anche vero che a far svanire la magia non è solo la tecnologia.
Cazzo, si tratta di strumenti! Non sono vivi! Eppure, sono stati in grado di abbassare così tanto la nostra soglia di attenzione, da costringere chi fa videogiochi a mettere segreti in bella vista. Addirittura a fare achievement, per quanto nascosti, che svelano la loro presenza.
Non è più una caccia, è un poligono di tiro, in un parco giochi lugubre, con delle paperelle ferme da colpire con un braccio scheletrico boomerang.
I videogiochi sono il filo trasparente che permetterebbe a noi di ricucire il velo di Maya. Ed è per questo che basta poco: Un videogioco del 2001, un videogioco che tu eri troppo giovane per giocare all’epoca, un videogioco che ha un segreto molto facile da trovare e che in un momento, in un istante, ti fa prendere il telefono e ti fa dire ad un amico: “Ohi! Io credo di aver trovato un segreto… Cioè, non ne sono sicuro. Non ci sono più abituato. È una sensazione bellissima.“
Ecco, forse basta questo per evitare di ritrovarci morti su un letto tremolante, strafatti di Valchiria, riversi nel nostro stesso sangue, mentre il tutto viene ripreso con il telefonino da un videogiocatore per farsi due risate.