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Returnal e Hades sono due opere legate dal Filo di Arianna

Da una parte Hades, dall’altra Returnal. Uno è un titolo indie costruito negli anni a stretto contatto con la sua fanbase grazie all’Accesso Anticipato. L’altro è il sogno Tripla-A di Housemarque, mestieranti alla ricerca di una consacrazione mai davvero arrivata tra il grande pubblico. È solo una di quelle tante differenze che si sprecano. Zagreus è maschio, Selene è femmina. Returnal allude, Hades racconta. Zagreus vuole ricucire, Selene tagliare il filo. Eppure è impossibile non vedere. C’è un filo conduttore che collega le due opere oltre le loro differenze, un fil rouge tessuto per guidare i giocatori fuori dal labirinto di Rogue. Il filo di Arianna della mitologia ellenica che si intreccia nelle dottrine del Tao.

Returnal e Hades sono l'unione di due opposti che genera un concetto più alto: portare il Roguelike fuori dal suo stesso labirinto

Zagreus nella copertina di Hades, che assieme a Returnal ha sdoganato il roguelike al pubblico mainstream
Hades Un roguelike (o meglio, lite) che parla di padri delusi e figli ribelli. Se sei nato negli anni ’90 non puoi non ritrovarti in Atreus, nel suo sconforto ogni volta che ricomincia da casa di suo padre.

Sia Returnal che Hades prendono dai miti greci. Per Hades è una necessità, dipende dal setting. Un padre, Ade, deluso da quel figlio che non vuole raccoglierne l’eredità. Un figlio, Zagreus, che si ribella ai diktat del genitore. Come fai a farla franca, se stai disobbedendo al Re dell’Inferno? Come fai a sanare delle distanze che nemmeno le parole possono superare? Per Selene, per Returnal, è diverso. Non è necessità, è una scelta. La scelta di una donna che è scesa anche lei all’Inferno e anche lei prova ad uscirne. Ma che su Atropo trova quelle creature dei miti che l’hanno sempre affascinata che adesso non sono più un porto sicuro. La letteratura ellenica si ripete in loop anche in Returnal, dando vita ad orrori tutti uguali, tutti diversi. Ma tanto Selene quanto Zagreus hanno un obiettivo. Lo stesso. Scappare da quell’inferno.

Lo stesso immaginario dà vita a due inferni diversi. Quello di Hades è un inferno in senso classico, prigione per chi è passato a miglior vita. L’Atropo di Returnal è una gabbia per chi non può morire, perché ogni morte fa ripartire il loop. Un nuovo schianto, Helios di nuovo sventrata, la Pallida Ombra di nuovo a leghe di distanza. Atreus ha delle speranze, Selene è disperata. Ma nell’ossessione che condividono si intravede di nuovo quel Filo Rosso che vuole guidarli fuori dal loro labirinto. Entrambi vogliono uscire a riveder le stelle, anche se Selene tra le stelle sta scontando la sua condanna formato gameplay. Entrambi ad ogni fallimento sono costretti a ricominciare dall’inizio. Ma è davvero l’inizio? È la licenza che Hades e Returnal si prendono da Rogue. Non Roguelike, non emuli. Roguelite. Simili. Ma diversi.

La morte è la stessa, in Hades come in Returnal

Primo piano di Selene, la protagonista di Returnal, legato a doppio filo con Hades
Returnal Un roguelite ancora più diluito del solito, in pratica roguelite-lite. È la storia di una donna in fuga da se stessa, e in un momento o nell’altro siamo stati tutti Selene.

Si ricomincia da uno zero che è diverso ogni volta. Zagreus conserva elementi di partita in partita. E lo stesso fa Selene. Il concetto di permadeath è più nebuloso, meno permanente. Non è solo una questione di quello che scopri o di quello che impari. Diventa più facile, morte dopo morte, dopo che si accumulano abbastanza risorse e si sbloccano abbastanza potenziamenti. Accedi a nuove armi, scelte ad inizio partita o casuali che siano. Trovi nuovi abilità strada facendo, capisci quale build funziona meglio per te. È di nuovo il Filo di Arianna che diventa quello di Atropo, la Moira che lo recide. Zagreus e Selene si assomigliano soprattutto nella morte, perché è proprio la morte ad essere una delle componenti principali dei figli di Rogue. È parte dell’esperienza, quella parte che spesso è indigesta al grande pubblico. E che Hades e Returnal sfruttano.

Hades è più loquace. Ogni morte e rinascita sbloccano nuovi dialoghi, nuove informazioni, indizi sul perché tua madre t’abbia abbandonato. Sul perché tuo padre sia diventato più impenetrabile dell’Egida, lo scudo di Zeus che per ironia della sorte ti aiuterà a sconfiggerlo. Non è allegorico quanto Returnal, che gioca con i non detti sul passato di Selene. Atropo però in compenso si sbottona di più. Ogni ciclo riorganizza le stanze dei biomi, ma lo fa tenendo presente dov’era arrivata Selene. C’è quasi sempre una shortcut, un trucco o la mano invisibile di qualche algoritmo dietro Atropo. È come se il pianeta non volesse Selene sulla superficie, come se lo sviluppatore non volesse il player davanti alla TV.

È la Qualità della Vita, le piccole cose che fanno davvero la differenza

Perché i roguelike non piacciono? Perché sono hardcore. Duri e puri, veri eredi di quell’arcade ormai morto. Ma l’arcade è il terzo fratello, è come Zagreus e Selene. Morire non è la morte, non quella vera. Vuol dire ricominciare, reinventarsi per poter ripartire e tornare più grande di prima. Non più insert coin, ma insert time. Ma con la stessa attitudine, lo stesso atteggiamento. Quello che trovi anche in Hades e in Returnal, anche se Hades e Returnal hanno lavorato per renderlo più commestibile.

Sono giochi che ti vengono incontro la dove i loro compari ti prendono a calci nelle palle. Hades lo fa spiegando e raccontando, dando una giustificazione narrativa a quello che fai. Dandoti un perché. Returnal lo fa con il level design, cercando di rendere questo vivere ancora dopo esser morti più lieve. Non per Selene, che è prigioniera delle sue paranoie, ma per chi sta davanti allo schermo. Rogue e i suoi emuli provano a imporsi da anni. Abbiamo visto diversi tentativi, ne abbiamo anche apprezzato più di qualcuno. Rogue Legacy è riuscito ad uscire ovunque, da PlayStation 3 fino a Vita. Ma sono Returnal e Hades le due grosse produzioni del genere, anche se si prendono licenze dal genere. Forse proprio per questo.

L'astronauta è una figura ricorrente in Returnal
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Per approfondire:
L’Arcade è morto

In un’era dove siamo ossessionati dalle etichette come Selene dalla Pallida Ombra, come Zagreus dal ricordo di sua madre, Housemarque e SuperGiant azzardano un no. È un salto nel vuoto, perché da una parte c’è un pubblico a cui il genere non interessa, dall’altra chi invece lo bazzica e si aspetta una certa fedeltà ai suoi crismi. Due no che hanno l’ambizione di portare il genere alla massa, divulgarne il verbo come due apostoli perseguitati dal metascore. Returnal ad un certo punto spezza il filo e inciampa nei suoi difetti. Hades regge meglio, forse anche perché le ambizioni e le aspettative erano altre. Non è un’esclusiva First Party PS5, è un cavallo da portare ai GOTY 2020 per poi non puntarci davvero.

Ma va bene così, va bene lo stesso. Non era smania di successo. Hades e Returnal rispondono ad una chiamata dall’alto, la vocazione di prendere lo Stato dell’Arte e spingerlo un po’ più avanti. Mentre scavi dentro una Selene condannata a scavare o dentro te stesso e il rapporto col tuo vecchio, ti accorgi che ce l’hanno fatta. Il filo di Arianna questa volta non si è rotto e sei finalmente fuori dal labirinto, alla fine di un roguelike.

Sei finalmente pronto alla prossima MemoryCard.

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