A Plague Tale Requiem mi è piaciuto una madonna nonostante sia dimenticabile.

Certo, il colpo d’occhio dei paesaggi non lascia indifferenti, e anche la trama a dirla tutta è più strutturata di Innocence, ma come nel primo il gameplay è davvero povero. Che non necessariamente è un difetto, soprattutto quando il tuo obiettivo è raccontare una storia in un gioco tutto sommato lineare. Ma perché mi è piaciuto al punto da uscire dalla mia comfort zone per fare una cosa – scrivere – che ho sempre pensato di non saper fare? Il che è legittimo e oggettivo, dire che io non sappia scrivere (inserire insulto di Pietro a conferma).

Però eccomi qua, grezzo ma sincero.

I videogiochi sono il mezzo dell’interazione, tratto distintivo che li separa dai media più tradizionali e li porta a mettere al centro della storia e del messaggio chi gioca, attore e motore di quello che succede a schermo. Spesso questa interazione agevola il processo di immedesimazione da parte di chi gioca, fa vivere esperienze che difficilmente si possono vivere nel mondo materiale, mentre in questi mondi digitali possiamo essere chi vogliamo. Non faccio l’elenco superfluo, né voglio tirar fuori la classica frase colta “gioco per vivere mille vite”; ognun gioca per i motivi che preferisce. Io da adolescente lo facevo soprattutto per evadere.

E me ne rendo conto solo ora che guardo al passato.

I miei genitori si erano appena separati e al tempo in classe eri ancora quello diverso. Io ero un ragazzino di dodici anni e avevo scoperto di colpo che si può crescere più in fretta del previsto. Avevo mio fratello dieci anni più piccolo che mi assorbiva molto tempo, un impegno da adulti per me che adulto non lo ero: andare a prenderlo all’asilo ogni pomeriggio, poi alle elementari, seguirlo nei compiti, farsi la doccia insieme perché solo io potevo lavargli i capelli e altre mille situazioni. Anni di sacrifici, ma che al tempo stesso hanno sviluppato un amore incondizionato tra noi: io ero il centro del suo mondo e lui del mio, non mi viene in mente un modo diverso di definirlo.

Tutto questo cosa c’entra? Qualcun avrà già capito, ma lo spiego lo stesso.

Cosa succede quando non siamo più noi ad impersonare il ruolo dell* protagonista, ma il contrario?

In questo caso il legame è fraterno e, nello specifico, io fratello maggiore attaccato follemente a mio fratello più piccolo. Amicia per i primi capitoli di Requiem è insofferente e costretta a stare lontana da Hugo. Deve lasciarlo su pressione della madre alle cure di un ordine che lo fa solo soffrire e non può realmente curarlo. Negli scenari in cui Amicia si muove i toni sono sempre cupi, opprimenti e anche la musica enfatizza questo umore. Lei stessa ha degli scatti di violenza e si ritrova a uccidere le varie guardie che la ostacolano anche quando non è necessario. In Hugo la lontananza della sorella scatena la Macula, con conseguente distruzione della città e della popolazione locale. Quando dopo una sequenza adrenalinica i due si ritrovano e riescono a fuggire dalla città lungo il fiume, l’unica cosa che importa ad Amicia è il benessere di Hugo (certo non si arriva ai livelli di Itachi) e infatti dopo una boss fight – pessima – prende la decisione di abbandonare la madre e fidarsi di Hugo, andando per la loro strada.

La scena riprende il mattino seguente. Il sole splende alto nel cielo illuminando una distesa di fiori e colori mai visti prima nel gioco. Si sentono gli uccellini cantare e la musica dà esattamente il senso di pace che traspare dallo scenario nel momento esatto in cui Amicia prende per mano Hugo – Ueda ha fatto casino con sta storia di tenersi per mano – e sono finalmente insieme.

Questo è il momento preciso in cui ho capito che A Plague Tale: Requiem mi sarebbe piaciuto e rimasto dentro.

Possiamo scegliere di essere chi vogliamo, ma a volte non possiamo fare a meno di essere chi siamo veramente. Nel mio caso uno con la passione per i videogiochi e un amore per suo fratello più piccolo che non posso e non voglio più nascondere.

Auguri Lorenzo.
Mattia.

Questo articolo è frutto dell'iniziativa Crowdsourcing sovversivo di Gameromancer. Che è 'sta cosa?