È la solita vecchia storia che si ripete, ciclicamente, come l’ennesimo loop temporale di Bravely Default. E ha rotto il cazzo tanto quanto, se non di più.

Anno domini 2021. E3. Los Angeles o giù di lì. Microsoft si presenta al mondo intero attaccato a Twitch con una carrellata di giochi (ventisette), che mostrano tutti il loghino Gamepass. Tutti lì. Tutti su quel servizio che paghi un tanto al chilo come dal salumiere. I giochi possono piacere o non piacere, possono attrarre o non attrarre. Si può persino non essere in target (Ho guardato il trailer del nuovo Forza Horizon con la faccia di Candreva che segna un gol, ma so che non lo giocherò mai perché videoludicamente guido come Schumacher dopo che ha messo gli sci). Però c’è una cosa che non può sfuggire a nessuno, ma proprio a nessuno.

Quel loghino lì, che continua ciclicamente a comparire.
GamePass.

È una dichiarazione di intenti. Forte, fortissima. Sbattuta in faccia a tutti con la stessa violenza con cui il Doom slayer fa a pezzi un Imp. Microsoft ci sta dicendo che se ne fotte della console war, dei teraflops e del numero di macchine che piazza nei salotti dei consumatori. Phil e soci ci hanno chiaramente detto che per loro il futuro è offriti il servizio di giochini on demand. Che si va in quella direzione lì. Hanno tracciato una linea e scelto una strada ben chiara a chiunque abbia un quoziente intellettivo appena superiore al sopracitato Imp. Eppure da più parti si è levato il solito coro di detrattori che inneggiano alla noia, alla pochezza. Era meglio prima, quando le console arrivavano in orario e com’erano belli i giochini signora mia, ma dove andremo a finire.

L’ennesimo caso isolato

No, non si tratta di un caso isolato. Io c’ero e mi ricordo bene quando qualche anno prima, sullo stesso palco, Sony flexava fortissimo in faccia alla concorrenza che aveva appena annunciato di voler legare i giochi agli account utente, per ridurre il mercato dell’usato e di fatto abbassare i costi per l’imminente next gen (si parla dell’ottava generazione). Il simpatico siparietto presentato da Jack Tretton si apriva con una scritta enorme “Disc Based Games”. Il mondo intero ha riso di Microsoft, che è dovuta tornare su suoi passi. E rincarava la dose parlando della non necessità di pagare un abbonamento per giocare online. Oggi Playstation te la vendono senza il lettore ottico, il Playstation Plus te lo devi infilare in gola con l’imbuto e i giochi costano ottanta euro l’uno. Disc based un paio di palle. Però cazzo, che risate.

Posso andare avanti? Certo che posso. Nemmeno una settimana fa Nintendo ci presenta la versione 2021 della propria console ammiraglia che di fatto mantiene lo stesso hardware e ci aggiunge una presa ethernet (alleluia!) e uno schermo Oled. Al netto delle puttanate bibliche che i nostri illustri giornalisti di settore hanno inseguito per mesi, lo schermo Oled ce l’aveva Playstation Vita. La stessa console presa per il culo perché, dai chi cazzo la compra più una console portatile se non sei un nintendaro? Portable si gioca solo a Pokémon o a roba simile. Adesso ci becchiamo The Witcher 3 a quindici fotogrammi al secondo, ma che colori e che neri profondi.

Una zavorra mentale

Mi sono davvero rotto i coglioni di vedere quanto noi videogiocatori riusciamo a essere miopi, ingordi e reazionari. Vogliamo l’uovo oggi e la gallina non riusciamo nemmeno a concepirla. Non pensiamo mai in prospettiva. Siamo pigri, svogliati e cosa ancora peggiore, siamo subito pronti a sfottere e perculare chiunque provi a mostrarci qualcosa di nuovo.

Al contrario, dovremmo essere i primi a guardare in avanti, a immaginare il futuro e a non rimanere ancorati al presente.

I pcisti hanno la realtà virtuale in casa e continuano a farsi cagare in bocca dall’ennesima remastered di Age Of Empires spacciata per finissimo cioccolato svizzero. I videogiochi sono la principale industria dell’intrattenimento di questo secolo. L’unica in grado di crescere e innovare nonostante una crisi che ha messo in ginocchio il mondo intero. Il cinema sta crollando come un T-rex dopo la pioggia di meteoriti, le restanti arti annaspano in un mare di sabbie mobili da cui non riescono a uscire. 

Dovremmo imparare a sfruttare il potenziale, scegliendo non solo quello che ci sembra figo adesso, ma provando a premiare gli sforzi orientati al futuro. Il dev con pochi mezzi, ma buone idee o i giochi che davvero provano a immaginare un futuro vero, reale. Invece di ridere dietro al Walking simulator di Kojima, avremmo dovuto capire che il messaggio che ci stava lanciando non solo era attuale, ma anche futuribile. Quattro mesi esatti dal lancio di Death Stranding ci siamo ritrovati chiusi in casa a guardare spasmodicamente sullo smartphone la posizione di un Norman Reedus brandizzato Just Eat con in mano la nostra cena. Alla faccia del simulatore di camminata.

Siamo ciechi come talpe di fronte all’innovazione. Il che, per il medium del futuro, è sinceramente ridicolo.

Questo articolo è frutto dell'iniziativa Crowdsourcing sovversivo di Gameromancer. Che è 'sta cosa?