Sono Pietro Iacullo e sono qui per porvi una domanda: un uomo non ha il diritto di gioire della morte di Silvio Berlusconi?
No, dice l’uomo di Washington. Gli conferisce importanza.
No, dice l’uomo in Vaticano. È moralmente sbagliato.
No, dice l’uomo di Mosca. È stato un grande statista.
Io rifiuto queste risposte. Piuttosto scelgo qualcosa di diverso. Scelgo l’impossibile. Scelgo di scriverne. Perché è l’unico cazzo di modo che conosco per elaborare quello che non capisco, quello che non conosco. E figurati se posso capire il lutto.
Togliamoci subito il dente. La prima volta in assoluto che ho votato, ho votato Berlusconi. Avevo 22 anni e in casa di politica si parlava zero, se non per chiamare “i comunisti” quelli del PD. Fino a qualche anno prima i miei avevano pure un negozio, per cui figurati che cazzo si poteva dire di quelli che facevano comunella con quel Romano Prodi – che poi il segretario era Bersani ma shhht – che ci aveva inguaiato tutti con l’euro. Questa cosa non mi assolve.
Se non hai una coscienza politica te la formi. Se a casa non se ne parla, inizi a frequentare ambienti dove invece se ne parla. Delle idee le avrai pure, no? Con 10 anni di più sulla carta d’identità me ne rendo conto. Alla fine sono sempre stato pro aborto, pro eutanasia – quanto fa ridere che sia l’altra fazione ad autodefinirsi pro-vita? –, dalla parte della democrazia e convinto che il cazzo di Stato dovesse evitare di privatizzare cose tipo l’acqua, i trasporti pubblici e le fottute autostrade.
Sono sempre stato “un comunista”. Così mi avrebbe definito il mio vecchio all’epoca. Così mi definisce ancora adesso quando vado a votare (e altro che il PD di Bersani, i comunisti quelli veri™). Di politica in casa si continua a parlare poco. I miei rant li faccio qui, senza contraddittorio.
Qui dove potrei tranquillamente non dirla questa cosa di aver votato Berlusconi, ma è importante. È importante assumersi le proprie responsabilità e riflettere sui propri sbagli. Soprattutto in un Paese e in un settore dove la cosa non si fa mai arrivando poi ai Berlusconi e ai musei con gli alieni coloniali. A Gioventù Ribelle e a quellə di Gioventù Ribelle ancora a piede libero, nella Cosa Pubblica e nella Cosa Videoludica.
Perché ad un certo punto ho iniziato a usare i videogiochi come lente in cui vedere riflesso il mondo e mi sono preso male per ogni singolo torto, ogni singola stortura nel sistema e le tessere sono andate a posto. Mi è tornato in culo il Digital Divide. Mi sono accorto di quanto stavamo fottendo le donne della mia vita senza manco avvicinarci il cazzo. Quanto male stessero altre istanze che prima semplicemente non vedevo.
Mi sono accorto di aver votato a cazzo di cane in almeno due tornate elettorali e quegli anni non ce li darà indietro nessuno. Quindi magari è importante che di Berlusconi ti parli io su ‘sto sitino di giochini, visto che se no non lo farà nessun altro – o peggio ancora lo farà qualche altro kapòredattore di destra o direttamente Mediaset che sta salmodiando da mezzogiorno pure durante il fottuto Studio Sport. Soprattutto se il massimo del discorso che si riesce a produrre riguarda la legittimità dei meme sul fatto che sia morto uno che ha governato il Paese 20 anni e qualche rosicata perché è schiattato senza mai passare dal gabbio.
Sì, è legittimo farci i meme. È legittimo essere felici, ironizzare, fare quello che ti pare. L’unica cosa che bisognerebbe evitare è andare a fare l’elicottero con il cazzo di fuori davanti a chi sta soffrendo per la persona. Non per rispetto verso il morto, ma semplicemente perché infierire su chi già sta male è da stronzi.
È morto. Non cambia assolutamente un cazzo se sei felice o no, se posti quel meme o no. Non può fargli nulla. Secondo l’uomo di Washington fittizio qui sopra gli dai importanza. Beh, a differenza di quella che gli abbiamo dato dal 1993 ad oggi questa non può usarla per fare dei danni. A dirla tutta è già una decade che non era più lui il traino di tutta la faccenda. Era un nome ancora spendibile per tranquillizzare certo elettorato, ma la massa è passata prima alla Lega e poi a Fratelli d’Italia. Gente che purtroppo la Rete la sa usare e ci ha costruito un consenso, laddove Berlusconi chiamava Google “Gogol“.
Per moralmente deprecabile che sia, in culo all’uomo in Vaticano. Alla mia generazione probabilmente non restano altro che i meme su questa cosa. Abbiamo subito una riforma dell’istruzione scelleratissima. Una riforma della sanità da mani in faccia. Scudi fiscali, stronzate contro il testamento biologico, il fottuto G8 di Genova. Siamo stati a volte vittime e a volte complici, perché come ho votato io chissà quanti altri che adesso hanno 30+ anni si sono macchiati della stessa colpa. La sconteremo per il resto delle nostre vite, sperando di riuscire a impedire a chi verrà dopo di non fare gli stessi errori. Di mandare in culo i vecchi, anche se non soprattutto quando sono i nostri, di vecchi.
Perché l’uomo di Mosca sta dicendo un sacco di fregnacce. Non stiamo parlando di un grande statista. Stiamo parlando di una persona che dopo Mani Pulite ha intravisto un’occasione e per convenienza l’ha raccolta, non producendo un cazzo di buono per noi. Avrà sicuramente fatto i suoi interessi e quelli delle persone vicine a lui. I miei no di certo, però.
Oggi rimpiango solo di non avere una voce abbastanza forte da farmi sentire da chi è nella posizione di cambiare le cose davvero. Sono in ritardo di troppo e alla fine non sono poi così tanto diverso da Silvio Berlusconi quando si parla di rete. Google lo chiamo Google, ma non so come usare ‘sto cazzo di Internet per arrivare da qualche parte. C’è un sacco di gente che lo sa fare e ha davvero tutta la vita davanti. È a loro che bisogna spiegare chi era Silvio Berlusconi.
Parliamo, con queste persone. Invece di farci girare il cazzo per le lezioni di corsivo, perché non capiamo TikTok o perché Fortnite è una merda, parliamoci. È l’unico significato che possiamo dare alla nostra cazzo di generazione, nati troppo presto per essere ascoltati e troppo tardi per essere collusi.