Si, è l’ennesima SegaMentale autobiografica che usa i giochini per parlare d’altro. A ‘sto giro è toccato a PS5 e al suo day one in ritardo col resto del mondo.
Io qui mi sono adattato, ho smesso di cercare un senso a quello che è successo. A volte, mi vergogno quasi a dirlo, mi dimentico pure del fatto che non ci sei più. Succede, una volta raccolti i cocci a fatica uno deve tirare avanti in qualche modo.
Però allo stesso tempo ci sono quei momenti in cui la tua mancanza la sento pesare come un macigno.
Oggi sono andato a ritirarla. Da una parte c’era l’eccitazione da day one di PS5, quella sensazione di stare prendendo parte ad un momento storico che, almeno dal mio punto di vista di appassionato del medium, verrà ricordato, nel bene e nel male, negli anni a venire. Dall’altra parte invece sono uscito dal negozio con la consapevolezza bruciante che questa è la mia prima next-gen da solo.
Sono abituato da sempre a tornare a casa e a trovarti lì di fronte al televisore che colleghi i cavi e mi mostri le novità che sei già riuscito a carpire pad alla mano. Mi sono sempre limitato a guardare, ma era uno di quei momenti di condivisione che sono sempre stati importanti. Per me, certo, ma sono sicuro lo fossero anche per te.
A prescindere dalle dimensioni, ‘sta PlayStation mi pesa come un macigno tra le mani. E a dirla tutta mi pesa pure sullo stomaco. È una sorta di rito di passaggio da nuovo millennio che chiude ufficialmente una fase della mia vita e ne apre un’altra.
Premo play e ripenso a quelle volte che a schiacciare quel tasto per primo eri tu, mentre me ne stavo seduto sul divano a guardare. Anche perché tra tutto quello che mi hai lasciato c’è anche la responsabilità di giustificare a mamma questo catafalco gigantesco sul mobile in sala.
Questo articolo è frutto dell'iniziativa Crowdsourcing sovversivo di Gameromancer. Che è 'sta cosa?