Viene fuori che il Lead Designer di Hogwarts Legacy è l’ennesimo esponente di alt-right prestato ai giochini. Proprio per questo, dovresti comprargli il giochino invece di far partire le Catene di Sant’Antonio sui Social. Dovresti giocarlo, soprattutto, perché è il momento di iniziare a dare una lettura politica dei giochini. Anche basta trincerarsi dietro il serpeverde sempreverde “fuori la politica dai videogiochi“.
Anche togliere la politica è politica. E la narrativa di chi rivuole i cari bei vecchi giochi di una volta non è così diversa da quella che vuole l’America Great Again.
Fai fatica a distinguere autore e opera nelle opere tenute su da una persona. Ci siamo rimasti tutti di merda quando è venuto fuori che la Rowling odia le donne col cazzo, lei che per sette libri ha condannato l’idea che “prima i maghi”. Come speri di poterlo fare quando davanti hai qualcosa a cui hanno lavorato centinaia di persone?
Troy Leavitt è un criptofascista che sul suo canale Youtube ha parlato di ingiustizia della Social Justice, alimentando la narrativa che qualcuno ci voglia far sentire in colpa per essere maschi bianchi cis. S’è scagliato contro il #MeeToo, pochi mesi prima che venisse fuori che anche nel circo dei giochini i Chris Avellone provano a mangiare la fregna delle colleghe. È l’archetipo di un sacco di quelle cose che nei videogiochi non vanno. Un residuato bellico da Gamergate. Il peggio è che lo è in un ambiente che pensa che ormai il Gamergate sia bello che debellato. Senza manco accorgersi che ne abbiamo vissuto un altro lo scorso giugno.
È proprio per questo che Hogwarts Legacy non va boicottato o censurato, ma va analizzato con cognizione di causa. Impedendo a chicchessia di strumentalizzarlo per parlare di Cancel Culture, di ditturatura del politicamente corretto e di tutte quelle minchiate di destra che ogni volta che polarizziamo il dibattito rendiamo meno minchiate.
La risposta non può essere quella di ResetEra, che decide di applicare la damnatio memoriae a tutto il progetto e non parlarne mai più. Una reazione che alimenta l’idea che il più grosso forum per addetti ai lavori dell’industria, quello da cui nascono tutti i leak, sia un portale di Social Justice Warrior del cazzo. È sbagliata anche la risposta contraria. Quella di chi ti dice che al gioco lavorano un sacco di persone e quindi statisticamente dai, ci sarà pure qualche kompagno ad occuparsi di qualcosa.
Chi lavora al modello poligonale di Albus Silente – quel Silente omossessuale finché non sei in Animali Fantastici – magari ha votato Italia Viva, che ne sai? Ne so abbastanza da dire che è riduttivo metterla in questi termini. Perché si, sicuramente ci sarà più di qualcuno in Avalanche che non condivide le idee di Troy Leavitt. Ma dirmi che questa gente ha diritto di mangiare nonostante il suo capo sia uno stronzo defecato anche male riduce il videogioco ad un prodotto industriale. E lo è, per carità, perché i videogiochi sono un icosaedro con 20 e anche più facce. Ma quella industriale è quella meno importante in questo contesto. Soprattutto nel contesto di ambienti come sono ResetEra o come può esserlo in Italia il gruppo Facebook di GLITCH.
Predatori I “giornalisti” sono quelli del rumor non confermato, della notizia clickbait e del diritto di cronaca usata a cazzo di cane. Da loro non m’aspetto che mi parlino di Marx.
Sono spazi virtuali dove si dovrebbe respirare Game Culture. I siti e i portali tradizionali rifuggono sistematicamente questi argomenti, non prendono posizione perché implicherebbe perdere lettori. Quindi è una responsabilità che ricade sulle community, soprattutto su community che non rispondono a logiche commerciali che portano alle solite pratiche predatorie del giornalismo moderno.
Un forum si alimenta di discussioni, un argomento del genere genera una madonna di discussioni, bella lì. È soprattutto qui che bisogna iniziare a dare letture ed analisi politicizzate del videogioco. E non del videogioco nell’accezione di medium videoludico da accademia, intendo proprio dello specifico giochino. Di quei cazzo di bit incisi da un laser su un supporto ottico e poi letti da un altro laser per diventare cultura dietro lo schermo del mio 75 pollici.
Il boicottaggio è una risposta commerciale. Stai dicendo alla Warner Bros di turno che non gli compri il giochino, sperando che si arrivi ad una massa critica per cui Warner Bros ritratti. Iniziamo a dare risposte culturali. A prendere i videogiochi per quello che sono e invece che dissezionarli in trama-gameplay-grafica capire cosa vogliono dire e discutere di quello. Anche nelle loro implicazioni politiche. Death Stranding era un grosso dito medio a Trump, diciamolo. Ad alta voce possibilmente.
Quindi t’aspetto al varco, Hogwarts Legacy. Perché se i videogiochi davvero sono arte e cultura, allora possono influenzare la gente.