Questo articolo è un dissing. Anzi, a dirla tutta è un contro-dissing a questo articolo del Boss Finale e Mr.Wolf. Perché sì, su Gameromancer non bastavano gli insulti ogni due articoli, ora c’era bisogno pure dell’autodissing, dello scisma dell’enclave giappominchia che si ribella ai fanatici di Final Fantasy 7.
Faccio una premessa doverosa: non prendete queste parole come le parole di un hipster che deve per forza fare l’alternativo a tutti i costi. Prendetele piuttosto come le parole di un fratello maggiore che vuole condividere la sua esperienza con voi. Perché Final Fantasy 7 è stato un punto d’arrivo per i JRPG, ma per certi versi ne ha anche segnato la morte. E non è manco colpa sua, ma di chi negli anni l’ha glorificato ciecamente come il migliore del suo genere, convincendo se stesso e gli altri che non valesse la pena di andare oltre. Tanto, nella loro testa, Final Fantasy 7 era ed è tuttora inarrivabile.
Fidatevi di un pirla, se non siete andati oltre vi siete persi un mondo. E lo voglio scolpire nella pietra: chiunque ha il diritto di amare Final Fantasy 7, chiunque ha il diritto di avergli riservato un posto speciale nel suo cuore. Non sono qui per negare il valore che Final Fantasy 7 può avere avuto nella vostra vita. Sono qui per darvi dei consigli, per provare a farvi venire voglia di espandere i vostri orizzonti di appassionati o casualoni. Per farlo, però, è necessario che io tenti di rompere il giocattolino Final Fantasy 7, di renderlo fallace di fronte agli occhi di chi è stato accecato dalla nostalgia e lo ha considerato infallibile. Perdonatemi.
Quando avete deciso di pisciare i JRPG perché avete deciso che Final Fantasy 7 rappresentava la perfezione, avete deciso di privarvi di alcune esperienze meravigliose . Avete scelto di non prendere in considerazione il mondo stupendo di Grandia, il classicismo di Dragon Quest, la maturità estrema di Xenogears, l’irriverenza di Lunar, l’atrocità della guerra di Suikoden e il far west di Wild Arms. E soprattutto, rimanendo su sentieri più mainstream e accessibili, vi siete persi Final Fantasy 6.
Final Fantasy 6 è stata, per certi versi, la vera fantasia finale di Sakaguchi. Né prima né mai ci si è spinti fino ai livelli di Final Fantasy 6, perché Final Fantasy 6 era, già sulla carta, una follia. Al di fuori della rivoluzione tecnica, Final Fantasy 7 è figlio del suo predecessore e a lui deve moltissimo. Dall’introduzione dell’ambientazione non più legata solo ed esclusivamente agli stilemi classici del fantasy a la Dungeons & Dragons alla caratterizzazione del villain, Final Fantasy 6 è andato oltre. Molto prima che a farlo fosse il suo successore.
Ha giocato con le regole e i temi del genere, li ha piegati al proprio volere e ha portato la serie ad una maturità che fino a quel momento non aveva neanche mai sfiorato. In Final Fantasy 6 c’è tutto, dallo steampunk ad una concezione per la prima volta diversa della magia in un titolo della serie, passando da quella meraviglia che è il personaggio di Kefka fino ad arrivare ad un’idea innovativa del party stesso.
Già, in Final Fantasy 6 di protagonista non ce n’è uno solo, ce ne sono 11 e sono tutti rilevanti allo stesso modo. La coralità dei personaggi è uno degli aspetti chiave per capirne l’importanza. Questo ha permesso alla sceneggiatura di non allentare mai la presa, tra l’altro riuscendo nell’intento di non dimenticarsi mai nessuno per strada. Il senso di unità e di amicizia che trasmette Final Fantasy 6 è tangibile, è reale. Molto prima che Oda tenesse milioni di persone incollate a One Piece, Final Fantasy 6 aveva già introdotto l’idea di un mondo in rovina in cui i protagonisti sono stati sparpagliati in giro per il continente e sono costretti a ritrovarsi. Ci è voluto del tempo per costruire quel party e per intessere i legami tra ogni suo componente, e il peso di quel tempo lo si sente sulle proprie spalle, ha un valore reale.
Ciò che però rende Final Fantasy 6 il vero pilastro della serie è Kefka Palazzo. Kefka è l’incarnazione stessa del male, del caos e della follia, e in lui risiede il vero significato dell’essere un villain. Disprezza i deboli e i codardi ed è letteralmente ossessionato dal potere, tanto da compiere stragi e crimini di guerra pur di raggiungere i propri scopi. Kefka è il giullare di corte così assetato di potere che è pronto a tutto pur di imporre sé stesso sul mondo; brama quel potere a tal punto da voler diventare Dio per avere la sua occasione di porre fine alla vita sul mondo.
Kefka odia la vita perché non le trova un senso. Il suo nichilismo non è fine a sé stesso, ma si origina dal concetto stesso di dominio: Kefka ha bramato quel potere per tutta la vita, da quando è stato cavia di quell’esperimento che l’ha infuso con la magia non ha desiderato altro che quello. E l’ha ottenuto, cazzo se l’ha ottenuto. E cosa ti resta quando hai ottenuto tutto ciò che desideri? La noiosa contemplazione di un mondo che ti è inferiore. Quando diventi Dio tutto ciò che ti resta è la solitudine di chi non ha pari. E Kefka quella solitudine l’ha trasformata nel suo ultimo desiderio: spazzare via la vita sacrificando anche sé stesso per raggiungere la pace eterna. Kefka è come Shinji durante il Third Impact, ma ha fatto la scelta opposta e ha preferito sé stesso agli altri.
Se non vi fosse bastata la menzione di un titolo che è stato veramente importante per la storia del genere, forse è meglio usare le maniere forti e passare a qualcosa di più hardcore. Se Final Fantasy 7 fa del suo punto di forza l’estrema accessibilità e l’immediatezza del gameplay, lo stesso non possiamo dire di altri titoli usciti su Playstation in quel periodo.
E va bene direte voi, un gioco deve assecondare in ogni modo il giocatore. No, manco per il cazzo. Perché in un genere basato sulla pazienza e la costante ricerca di strategie si dovrebbe rinunciare a questo aspetto strategico? Per quale motivo dovremmo elogiare un gioco dal gameplay banale ed estremamente standardizzato? Quale sarebbe il senso di sfida?Perché ricordare Final Fantasy 7 come esempio di innovazione e tecnica nel genere quando molti dei suoi elementi li ha ereditati dalla formula stessa che Final Fantasy e Dragon Quest avevano in qualche modo standardizzato anni prima.
Basti pensare alla localizzazione, che era in inglese ma senza inglese. Difficilmente quella “localizzazione” può essere definita tale, visto che era grossolana e a tratti totalmente sbagliata. Ma davvero si considera valida una localizzazione realizzata da un bambino scemo delle elementari? Stiamo parlando di errori di inglese base, robe che saprebbe tradurre chiunque, non si tratta nemmeno di adattare. Ma ci sta, a quei tempi moltissimi lavori di localizzazione erano spesso imprecisi e fatti in poco tempo da chi probabilmente non aveva neanche mai giocato il titolo, non è questo il motivo per cui vi diciamo che sprecate tempo a glorificare Final Fantasy 7.
La risposta è sì, ma solo se si guarda alla diffusione, alla sua campagna marketing e alla sua semplificazione in certi campi.
E allora quali altri punti di riferimento si dovrebbero prendere? Assolutamente no. È il momento di fare qualche passo indietro, ma non troppo, tornando a un anno prima dell’uscita di Final Fantasy VII.
In Giappone usciva un normalissimo gioco, intitolato Megami Ibunroku Persona. In molti si staranno chiedendo che cazzo di nome sia, probabilmente. Bene, il titolo in questione è il precursore dell’attuale serie Persona, esplosa in popolarità negli ultimi anni in seguito all’ottimo successo commerciale riscosso da Persona 5. Ora, secondo voi, Persona 5 esisterebbe senza la presenza di Megami Ibunroku Persona?
No, naturalmente no, mancherebbe il processo creativo che ci ha portato fino al 5.
Quindi, quando elogiate Persona 5, ricordatevi che esiste grazie a quei pochi stronzi che ai tempi diedero fiducia alla serie e che hanno pisciato altri titoli a favore di questo. Ma siamo ancora a niente, il primo Persona è un titolo che rappresenta poco la serie. Persona ha avuto due seguiti, che sono stati ancora più importanti per lo sviluppo dei cult su Playstation.
A ridosso del nuovo millennio, escono le due versioni di Persona 2, rispettivamente Innocent Sin e Eternal Punishment. A differenza della trama eccessivamente semplicistica di Final Fantasy 7, questi due titoli possono vantare una storia veramente invidiabile, ancora oggi non superata da Persona 5, che è comodamente considerabile come uno standard dei JRPG dal 2016. Con due protagonisti estremamente cazzuti e una serie di vicende ai limiti del normale, ci troviamo di fronte ad una narrazione che tratta tematiche mature e abbastanza intime come il rimorso, il lutto e molte altre che non vi stiamo qua a dire. Insomma, ve li dovete giocare.
Inoltre, sono alcuni dei pochi titoli che all’epoca trattavano i problemi adolescenziali in maniera davvero matura, senza declassarli alla solita robaccia sentimentale che molto probabilmente ci si aspetterebbe. Persona ai tempi aveva “fallito” a parlare alle masse… ne siamo proprio sicuri?
Pensate che una serie come Persona fallisca nella comunicazione? O semplicemente per l’epoca era considerato come un gioco troppo orientale e di contesto? Ovviamente la seconda è quella giusta, suvvia.
I titoli elencati sono tutti infinitamente più profondi e impegnativi di un banale Final Fantasy 7. Ma elitarismo a parte, in cosa ha fallito Final Fantasy 7? Dal punto commerciale assolutamente in nulla, ma non state leggendo questo articolo per sentirci esaltare il solito successo commerciale di Square. Final Fantasy 7 fallisce dal punto di vista dell’originalità, riprendendo un sistema di combattimento già visto e standardizzato anni prima, niente di innovativo. Davvero credete che Final Fantasy 7 abbia introdotto la grafica 3D e sia stato il primo JRPG uscito su PlayStation? Mi dispiace, di JRPG non ci avete proprio capito un cazzo. O meglio: non ci avete mai voluto capire un cazzo.
Al contrario, Persona elabora un sistema unico che si prende i suoi rischi ed è coerente col tipo di trama che vi viene proposta. Certo, oramai quel sistema è superato, ma viene ancora oggi ricordato dai fan come unico nel suo genere. Quanti sanno citare JRPG importanti che hanno subito la diretta influenza di Final Fantasy 7? Nessuno, perché le meccaniche di Final Fantasy 7 derivano da qualcosa che si è costruito negli anni.
Vogliamo parlare di Sephiroth? Della banale caratterizzazione di Sephiroth? Un antagonista uscito da un battle shonen qualsiasi? Del bambino troppo cresciuto e un po’ edgy che vuole distruggere il mondo perché sì? Evito spoiler su Persona, nel caso vogliate (dovete) recuperarli in futuro, ma siamo su un altro livello totalmente.
Va bene, arrivati a questo punto penserete che Persona sia bello e sticazzi, ma ho un altro esempio da portarvi, che rientra pienamente nel mondo della nicchia giapponese. Nel 1999 esce Valkyrie Profile: Lenneth, serie cult ricordata solo da pochi appassionati, che è difficilmente classificabile dato che davvero, presenta troppi elementi misti per rientrare sotto un’unica categoria.
Parti platform, combattimenti a turni in tempo reale, dialoghi impegnativi. Un mix di elementi che è seriamente difficile dimenticare. Se cercate un gameplay maturo e una colonna sonora che ancora oggi si rivela incredibile, siete nel posto giusto. Ponendosi come una rivisitazione della tanto cara mitologia norrena, Valkyrie Profile pone le basi per una delle migliori trame reperibili su Playstation e anche per uno degli esperimenti più azzardati dell’epoca.
Come può un fan della serie dimenticare gli struggenti momenti della vita della valchiria? Come si può rimanere impassibili di fronte alla morte delle persone più amate? Valkyrie Profile tratta tutti questi temi e molti altri due anni dopo il noto Final Fantasy VII, anche se gode di veramente poca fama.
Anche qui la protagonista soffre di amnesia e dovrà affrontare la dura realtà che la attende, nonostante la sua natura semidivina. In fondo, può una figura che fa da ponte fra umano e divino non assimilarne le sofferenze?
Insomma, se siete addirittura arrivati fino a qua vuol dire che siete interessati a redimervi o volete semplicemente farvi offendere. Riepilogando, esistono molte alternative, se così vogliamo chiamarle, al solito JRPG di turno, che può essere Final Fantasy 7 o [inserisci gioco mainstream del caso]. Spesso e volentieri il successo di questi titoli nel passato era a dovuto a diversi fattori, tra cui il budget e la presenza o meno di una localizzazione inglese. Non a caso, molti giochi per SNES o Playstation non sono arrivati in Europa o sono disponibili solo in versione nordamericana. Spesso neanche quello.
Sicuramente la progressiva diffusione del genere ha aiutato molte persone a rivedere i propri gusti e ad ampliare le proprie conoscenze…ne siamo sicuri? Ancora oggi siamo circondati da persone che attribuiscono falsi meriti a serie come Final Fantasy o addirittura Kingdom Hearts, probabilmente per colpa della loro estrema diffusione. Non c’è da stupirsi, è così dappertutto, ma non significa che ci si debba arrendere e ingoiare il rospo.
Sicuramente, i giochi/serie “dissati/e” in questo articolo sono buoni, nulla da obiettare (tranne Kingdom Hearts, quello mai). Ma buono non equivale a capolavoro o sufficiente a bollare tutto il resto come “incapace di comunicare”. Dobbiamo demonizzare chi ai tempi aveva meno budget da investire o magari era disposto a sacrificare la qualità per vendere e basta? Una critica che viene spesso mossa è l’incapacità di comunicare alle masse. In parole povere, un gioco è di qualità se riesce a parlare alla più grande platea possibile? Anche se quella platea è composta da idioti?
Bene, se le cose stessero davvero così oggi non avreste titoli come Persona 5 o Octopath Traveler, che riprendono elementi da giochi ai tempi reputati “oscuri” o comunque meno popolari di molte altre serie. Assolutamente no, non bisogna svendere la propria arte per accontentare i capricci del pubblico monarca, bisogna educarlo.
Purtroppo, non si può dire che Final Fantasy 7 sia riuscito a educare la sua platea di spettatori.
L’ignoranza dilagante è una delle tantissime prove sull’argomento, ma già l’esistenza di questo articolo dimostra come ancora oggi serva tirare le orecchie a certi giocatori per ricordare loro chi ha fatto veramente la storia…
Questo articolo è frutto dell'iniziativa Crowdsourcing sovversivo di Gameromancer. Che è 'sta cosa?