SegheMentali Gli Anni d’oro delle Memory Card

Dei joystick portati da casa e dei Multitap

Ho un problema col passato: tendo a guardarlo con troppa malinconia.

Ogni volta è sempre la stessa storia: quando viene annunciato un remake o una remastered di un titolo della mia infanzia non posso fare a meno di farmi prendere dall’hype più sfrenato. Una cosa che non posso controllare, che mi fa scalciare dalla voglia di rimettere le mani su quel giochino in particolare che dieci quindici più di venti anni fa mi aveva mandato fuori di testa per un motivo o per l’altro. Mi è successo con la N.Sane Trilogy di Crash Bandicoot, con la Reignited di Spyro, con la Phantasy Reverie di Klonoa e chissà quante altre volte mi capiterà ancora. Mi rendo conto che sia un po’ stupida come roba, con tutto quello che esce richiudersi su titoli usciti per PSOne, ma è più forte di me. I ricordi la fanno da padrone.

State ancora canticchiando Gli Anni con la voce di Pezzali? Allora sono riuscito nel mio scopo

Quando uscì Nitro Fueled non riuscivo a tenermi il cazzo nei pantaloni. Non vedevo l’ora di rimettere il culo sul Kart per asfaltare Oxide e completare quelle stramaledette prove a tempo che da bambino mi parevano impossibili ma che nel 2019, a trent’anni suonati, non mi spaventavano più così tanto. Ma soprattutto non vedevo l’ora di prendere il cellulare, fare un giro di chiamate ed organizzare una serata tra amici di vecchia data per prenderci a Madonne a sportellate come Cristo comanda.
Ce n’è scappata una, e basta. La vita fa schifo, il capitale comanda ed organizzare una serata a casa tra amici per giocare tutti insieme fa sembrare l’acquisizione di Activision-Blizzard semplice quanto far comprare le sigarette ad un quattordicenne. “Però dai, c’è l’online. Ci si becca in party e si gioca lì. Fa lo stesso.“.

No, non lo è nemmeno per sbaglio

C’è una profonda differenza tra le due cose, com’è profondo il cambiamento che c’è stato in me negli ultimi, chessò, vent’anni? Ed è anche normale direi, c’è quella cosa di nome “vita” che va avanti e scorre e cambia e via discorrendo. Eppure non riesco a fare a meno di ancorarmi a quei ricordi leggeri che mi portano i giochini dei vecchi tempi andati, complice la mia mania di completismo che mi porta a chiedermi “ma chissà se oggi riuscirei a superare quel livello di Ralph il Lupo all’attacco?”

L’esperienza fa la sua parte d’altronde. Certe cose mi riescono meglio e più facilmente. Oh, invecchiare qualche vantaggio ce l’ha. Quindi si, prendiamo 450 grammi di “voglia di rivalsa contro il boss taldeitali” e mettiamola nel calderone, dove abbiamo già fatto mantecare “odio e rancore” per un tot di anni. E visti i costi del retrògaming in Italia Remastered e Remake a me fanno comodo. Prendersi le rivincite, anche a distanza di anni, è sempre un bel modo per chiudere un conto aperto. Vedere le cose con occhi un po’ più adulti ti fa capire meglio le cose, quel pattern che non riuscivi a capire lo leggi meglio.

E forse capisco meglio anche altre cose. Cose che forse prima mi toccavano solo marginalmente, perché le vedevo lontane. Concetti come abbandono, tristezza, morte. All’epoca non avevo mai sperimentato sulla mia pelle cosa volesse dire perdere qualcuno che si ama, vedevo la morte come un fantasma lontano, che sapevo esistesse ma era talmente distante dalla mia vita che pensavo non mi sarebbe mai passato vicino.

Ora la parola Addio la comprendo decisamente meglio

I videogiochi dei bei vecchi tempi sono un caldo e malinconico rifugio, che penso di conoscere ma che ha ancora qualche sorpresa celata nei suoi angoli. Robe che forse avevo visto ma mai compreso a fondo e che non riuscivo a metabolizzare o assimilare. Ed è bello riscoprire queste cascine provate dagli anni ma ancora in piedi, esplorarle e cercare di trovarci qualcosa. E qualcosa salta fuori sempre, perché ho capito dove cercare, infischiandomene delle assi rovinate o degli infissi cigolanti, che stanno pure bene lì.

D’altronde il tempo passa per tutti, lo sai. Nessuno indietro lo riporterà. Neppure noi.