L’altro giorno stavo rimbalzando nevroticamente tra i soliti e-commerce, dilaniato dall’indecisione di comprare una Switch Lite nuova o usata, ascoltando alternativamente il mio braccino corto congenito e i miei impulsi nichilisti di distruzione di qualsiasi somma di denaro accumulata. Caso vuole che tra gli articoli consigliati di un venditore privato mi compare un gioco per PSP che attira subito la mia attenzione: COVER GIRL, sviluppato da Neko Entertainment e pubblicato da Ubisoft esclusivamente per la console portatile Sony nel 2009.
È un gioco per teenager, variopinto e abbastanza esplicito da valergli un PEGI 16. COVER GIRL fa parte di una bolla di videogiochi per ragazze scoppiata nell’arco generazionale che va dalla Playstation 2 alla Playstation 3, passando per Wii, Nintendo DS e PSP. Ricordiamo gli infiniti capitoli di Giulia Passione (ne arrivarono solo 34 in Italia dei 42 totali), i vari giochi di High School Musical, Nintendogs, Cooking Mama etc.
Ora, immagino che tutti voi, che vi troviate nello spettro umano che va dal neonazi alla xenofemminista, abbiate già un’opinione o qualcosa da dire su questo gioco… così, a pelle, solo guardando la copertina. Vi chiedo di fare lo sforzo di metterla un attimo da parte, poi dopo ci torniamo.
Innanzitutto analizziamo la copertina: oltre al layout che imita perfettamente quello di una rivista, presenta una dirompente fotografia di una ragazza che non guarda in camera ma è da un’altra parte, sta pensando a qualcosa. I più maliziosi tra di voi diranno che sta pensando ad un ragazzo e al suo dannato sorriso ma no: capelli raccolti, bretelle e jeans danno l’idea una ragazza più concentrata su sé stessa. La figura proposta è chiara: quella mitologica ragazza popolare onnipresente nelle teen magazine che tanto andavano di moda a quell’epoca ma in una versione indipendente e indifferente all’occhio maschile. Guardiamo cosa promette la copertina del videogioco:
Tutte attività che dall’alto del mio status di ciswhitemale™ in crisi, suonano in realtà molto meno cretine di quanto sembrano: rimanere al passo con la moda è molto importante per rimanere al passo col mondo, se siamo ciò che mangiamo allora siamo anche ciò che vestiamo; “100 quiz per conoscersi meglio” invece dovrebbe essere un’attività obbligatoria tipo la leva militare per tutti noi maschietti, specialmente gli adolescenti, che quasi sempre si ritrovano in un mondo di cui non sanno nulla senza sapere nemmeno niente di sé stessi; “25 mini-giochi per capire meglio il tuo ragazzo” d’altra parte suona come la cosa più svilente del mondo ma in realtà ha all’interno un’importanza sottovalutata: il mettersi nei panni degli altri, il cercare di capire le diversità del tuo partner ed empatizzare con lui; per quanto riguarda le letture dell’oroscopo e dei tarocchi, diciamolo: non hanno un’importanza pratica, ma non commetterei l’errore di considerare inutile qualcosa che sopravvive da migliaia di anni nella nostra cultura. Questioni, queste, a cui non molti ragazzi si avvicinerebbero in quanto percepite come fortemente femminili, ma che segnano anche le deficienze storiche dell’homo socialis maschio: lacunosa conoscenza di sé, catastrofiche abilità empatiche e conseguente sociopatia latente.
Beh… non proprio. COVER GIRL tende comunque a delineare molto bene intorno all’eventuale giocatrice il solito schema preposto di donna in funzione degli uomini, soprattuto nelle domande a sfondo sessuale. Non che mi aspettassi da questo software l’emancipatore-2000, ma ecco non aspetterei nervosamente Natale per regalarlo a mia figlia. Allontanando un po’ la nostra focale però troviamo dei percorsi molto interessanti per chi sta ancora costruendo una propria identità, difficilmente esplorati dai teenager maschietti: self-improvement, dialogo interno e auto-analisi, ma anche semplicemente il porsi domande sulla propria sessualità.
E con questi brevi processi mentali mi si è aperto un mondo: io che ho sempre disprezzato, da bravo maschietto, tutte le attività in cui si intrattenevano le mie coetanee considerandole stupide e patetiche mi sono ritrovato in età adulta a sentirmi stupido e patetico, e spesso debole, di fronte alla vita. Non è che questi giochini come tanti altri siano più interessanti di quanto sembrano? Chissà magari oggi la mia vita sociale sarebbe diversa se non avessi fatto muro a tutte quelle cose da femmine. Ma poi cosa si intende esattamente quando parliamo di “giochi femminili” e di “giochi maschili”? Su quali presupposti e su quali necessità e desideri si basa la ricerca della dimensione ludica in entrambi?
L’umano, come tutti gli animali, gioca. Il gioco è quindi un’istituzione pre-culturale: esisteva prima della comparsa del secondo replicatore egoista e quindi prima della cultura. Il gioco è quindi fuori da ogni dubbio capace di insegnare, altrimenti sarebbe già stato fatto scomparire dalla selezione natural già milioni di anni fa; partiamo dal presupposto quindi che esso abbia un’efficacia reale. Nel caso umano, migliaia di anni di evoluzione culturale frenetica hanno portato a delineare società molto complesse in cui il gioco è “consentito” solo da piccoli, quindi consideriamo il gioco più come una dimensione infantile che non ha nulla a che fare con la preparazione al mondo. Non consideriamo il gioco come formativo, almeno non per la vita adulta, ma contemporaneamente esso plasma precisamente i nostri corpi e le nostre menti. E come vengono plasmate le menti delle bambine e dei bambini non ve lo devo dire io, lo sappiamo tutti benissimo. Sappiamo che le bambine giocano prendendo il tè con le bambole, con gli elettrodomestici finti, si occupano di bebè e delle pulizie, si truccano e si fanno belle mentre i bambini giocano con le pistole, i mostri, i dinosauri, i veicoli. Tutte istanze diverse che poi si sono anche digitalizzate attraverso i videogiochi come abbiamo visto prima. Cosa sembrerebbero capaci di insegnare quindi i giochi femminili? L’importanza della dimensione sociale, le responsabilità quotidiane, il prendersi cura di sé stessi e degli altri. Cosa insegnano quelli maschili? La violenza, la competizione per la sopravvivenza, il pericolo primordiale, la morte. Secondo voi quale dei due sarà più efficace nel preparare alla vita reale, quella contemporanea, di tutti i giorni, e fornirà più strumenti per affrontare il quotidiano? Quale dei due faciliterà maggiormente l’inserimento nel tessuto sociale, che poi è il vero obiettivo di ognuno di noi in quanto esseri umani ? Le femminucce sembrerebbero quindi prepararsi fin da piccole alla vita vera in quanto la loro dimensione ludica parallela emula il mondo, mentre i maschietti sembrerebbero evadere sistematicamente dalla realtà (o meglio, dalla nostra realtà), in quanto la loro dimensione è quasi interamente costituita da scenari che stanno al di fuori dell’orizzonte del quotidiano (o meglio, del nostro quotidiano).
Possiamo quindi tutti imparare qualcosa dai giochi femminili, nel momento in cui smettiamo di guardarli con occhi maschili, a partire dalla praticità con cui affrontano situazioni reali, alle intrigate trame sociali che tessono e poi sciolgono, all’importantissima assenza della violenza come strumento di risoluzione dei problemi.
Istruzioni per il cambiamento:
Questo articolo è frutto dell'iniziativa Crowdsourcing sovversivo di Gameromancer. Che è 'sta cosa?