Il presente articolo è frutto di un’improvvisazione a quattro mani con il Boss Finale Phatejoker. Inutile dirlo, per il suo contenuto non andrebbe mai letto…
Fare e rifare la stessa cosa, sperando che abbia conseguenze diverse. È l’inflazionata definizione di follia, così inflazionata che loro l’hanno capita. E infatti quei folli fanno e rifanno le stesse cose, con la certezza che non ci saranno conseguenze diverse. ‘Che tanto la tua milionata di copie la vendi lo stesso, il nome scritto sulla copertina è più importante dei bit incisi a laser nella ROM dentro quel feticcio di plastica e carta che gli fa da confezione. Come fai a crescere, quando chi sei diventa l’alibi per uccidere tutte le altre possibili versioni di te stesso? È il delitto perfetto, per il quale non ti metteranno mai in galera. Ti ricopriranno di oro e di incenso e di mirra, per questo, e ti porteranno in trionfo. Che poi la vittima del tuo delitto sia l’arte è solo un ronzio di fondo a cui ci siamo abituati al punto da non sentirlo più: il vero silenzio è quello, qualcosa di meno sarebbe intollerabile alle nostre orecchie. L’inflazionata definizione di verità scomoda.
una realtà che non è ancora andata a puttane, ma ti manda a fanculo
Mostrare cose vecchie spacciandole per nuove. Migliorie inesistenti, ma reali per coloro che ormai vivono tra le braccia protettrici di una realtà distorta. Le maschere proteggono il vero volto della storia; nascondono, a chi vuole solo osservare la superficie delle cose, l’energia spenta e l’inganno. Maschere giovani che celano un vecchio viso, questo sono. Tutti vogliamo essere paladini di qualcosa, combattere per l’arte e ciò che riteniamo giusto. Combattere per una maschera è semplice: tutti riconoscono la sua fisionomia, tutti conoscono i suoi prodotti, tutti sarebbero disposti a barattare la propria anima al demone dei videogiochi per un altro suo titolo. Siamo sicuri, però, che accettare di passare l’eternità tra atroci sofferenze ludiche pur di non rimanere soli sia la scelta migliore?
l’abitudine ci rende schiavi: rischiare è difficile, ripetere è facile
È così che si diventa freak, fenomeni da baraccone di un millennio che schiaccia il pedale dell’acceleratore fino a fonderlo con il metallo. Chi non tiene il passo è condannato ad apparire grottesco, un homo neanderthalensis di software. Residui di conquiste tecnologiche del passato superate da un pezzo, ma che vengono riproposte e tanto ci basta così. Ed ecco che nonostante la nomea di essere difficile il prodotto, in realtà, è il più facile di tutti: non si prende dei rischi, gli sviluppatori non si prendono dei rischi, noi di conseguenza non ci prendiamo dei rischi. Usato sicuro per tutti, ormai educati a viver come bruti e a evitare virtute e canoscenza. Costano troppo e i rischi vanno minimizzati da tutte e due le parti. Come facciamo poi ad imparare che il fuoco brucia senza scottarci, non ci interessa.
È così che siamo from, provenienti da un periodo d’oro del videogioco, che sempre più preme il tasto del freno e condanna tutti ad una brusca inchiodata. Non c’è speranza per tutti, per chi combatte questa realtà, questo inferno in – game. Non c’è salvezza videoludica per nessuno, nessun paradiso a cui aspirare se si accettano questi peccati. “È per tutti” dicono, “Non può essere difficile, non può avere una storia complessa” aggiungono, “Eppure potrebbe, se non fosse facile vivere nel comodo stagno che si sono creati” rispondo. Ma a noi lo stagno sta bene, a noi la melma putrida e portatrice di malattie ci è amica. Se tanto se ne parla, se tanto se ne idolatrano le forme spigolose, perché mai dovremmo aspirare ad un cielo perfetto ma lontano?