Frasi del cazzo come “il gioco di Naughty Dog”, “I ragazzi di Remedy”, “il nuovo titolo di Arkane” riducono team enormi di persone al nome dell’azienda. Identifichiamo il videogioco come un prodotto realizzato da un gruppo di gente indefinito, che è facile da spersonalizzare e rendere entità astratta contro cui incazzarci se toppano il seguito del gioco che c’era tanto piaciuto. Che importa se tra il primo e il secondo se ne sono andate via tutte le figure chiave? Tanto chi cazzo lo sa che è un lead level designer? Se magna?
Frasi del cazzo come “il maestro Kojima”, “la serie creata da Miyamoto”, “l’opera di Ken Levine” riducono team enormi di persone al director del gioco. Ci siamo convinti che queste rockstar del videogioco realizzino i grandi capolavori da soli. Quando in fondo sono degli stronzi comuni, tra chi si droga, chi posta le fotine su Instagram e chi litiga con la gente su Twitter. Ma così è più facile, ignorare tutti gli altri che hanno lavorato a quel gioco così figo è più facile, come se non ci fosse attorno al game director un team di persone con nomi e cognomi, influenze culturali, gusti artistici capaci di influenzare dettagli fondamentali del prodotto finale.
Basta parlare dei giochi come se fossero frutto di un’unica volontà comune. Non sono tutti Axiom Verge, non sono tutti Undertale, non sono tutti Tunic: il videogioco è un lavoro di squadra, se oltre al direttore del level design se ne vanno il gameplay senior producer, il senior art producer e un’altra metà delle maestranze che hanno lavorato a The Witcher 3 che cazzo è rimasto di quell’entità astratta che chiamiamo CD Projekt RED?
Diamogli un volto e un nome a sta gente, a quelli che si inventano le meccaniche innovative del nuovo sparatutto che va di moda, a quelli che disegnano i personaggi fighissimi a cui ci affezioniamo, che compongono le colonne sonore, che vanno a visitare un paese straniero e traggono ispirazione per la palette di colori da usare su quel paesaggio meraviglioso che poi stiamo mezz’ora in photo mode a cercare il filtro giusto con cui immortalarlo.
Bisogna scriverne e parlarne, spiegare a chi ai videogiochi ci gioca soltanto che dietro ci sta un lavoro di squadra, ci stanno persone con famiglie a casa, stressate dalla vita quotidiana, a volte in crunch, a volte molestate dal capo, a volte in esaurimento nervoso.
Ma che gli vuoi spiegare se il primo degli stronzi sei tu che al marketing di Cyberpunk gli hai fatto da megafono, fregandotene che nel frattempo i dipendenti scappavano?