C’è qualcuno ti risponderà che ormai i videogiochi sono tutti di sinistra. C’hai Neil Druckmann che alza premi forte della sua smemoranda piena di lesbiche, i giochini riempiti di tematiche da gay tipo i sentimenti e nel mentre c’hanno pure imposto il burqa sulle cosce di Jill Valentine nel remake di RE3 – ma se becco una stronza mezza scollata su Twitch segnalo tutto eh, guai a te svergognata. Poi però hai i dipendenti Activision che fregano il latte materno alle colleghe, i dirigenti Ubisoft che “il protagonista maschile vende dippiù” e qualunque content creator con la fica ridotta ai suoi organi genitali.
Hai The Last of Us Parte II che viene boicottato ai People’s Choice dei TGA 2020, e non posso non pensare che la scelta di spingere al suo posto Ghost of Tsushima sia casuale. Tsushima è un titolo che parla di onore e di Giappone, quel posto così civilizzato che lì le donne stanno “al loro posto”, si parli di riunione di partito a cui possono partecipare solo in silenzio o di vagoni della metro in cui sono confinate. E ci fa schifo ammettere che il Giappone forse non è quell’angolo di mondo che abbiamo idealizzato giocando i loro videogiochi e leggendo i loro manga, per cui è meglio pensare che siano tutti deliri da complottisti. Un po’ come quando rievochi lo spettro del Gamergate quando la Meloni fa il cosplay di Daenerys Targaryen sulla RAI.
È dura da mandar giù, ma se ogni volta che davanti a qualcuno che cerca di avvelenare il pozzo glielo lasci fare diventa un po’ colpa tua. Negli ultimi 5 anni i moti alt-right si sono diffusi una madonna anche cavalcando il cambiamento nei videogiochi, puntando il dito e dicendo a tutti gli stronzi che erano disposti ad ascoltare che stavano toccando la nostra cultura. Quelle due taglie di reggiseno in meno per Tifa sono diventate propaganda facile per i Salvini e Trump lì fuori, e la verità è che non abbiamo fatto un gran cazzo per rendergli le cose difficili.
Quindi non serve a nulla chiedersi se il videogioco è più schwa o più svastica.