Ep. 36: Ma ce li ricordiamo gli anni ’90?
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Ce li ricordiamo davvero gli anni ’80 e ’90?

Ah, quando facevano i videogiochi (di merda) dei film…

Ma del tipo, ce li ricordiamo davvero gli anni ’80 e ’90?
Cazzo dice ‘sto tizio. Sono nato nel 91, è logico che mi ricordi gli anni ’90. I cartoni il sabato mattina, i Power Ranger. Game Boat. I Pokémon, santoddio, i Pokémon. Ce li ricordiamo eccome, gli anni ’90. Gli anni in cui facevano i videogiochi di qualunque cosa, anche dei film di merda e delle lattine di acqua zuccherata.

ce li ricordiamo davvero gli anni 80 e 90 di pepsiman?
Certo che ce li ricordiamo gli anni ’90. Pepsiman affolla i miei incubi…

No, caro amico. Non ce li ricordiamo per un cazzo gli anni ’80 e ’90. Abbiamo semplicemente dei flash di cose che ci sono rimaste impresse per qualche motivo. Ti ricordi dei rombi di tuono e cieli di fuoco per i Biocombat o di aver volato Sulle ali dei Dragon Flyz. Ricordiamo i dettagli, magari anche un sacco di dettagli. Ma non abbiamo il contesto. Dopotutto la memoria è un supporto inaffidabile

Cazzo, io nel ’99 (che è l’ultimo anno buono per ricordarsi dei ’90) avevo 8 anni, non avevo di certo le capacità cognitive per capire cosa stava succedendo attorno a me. È una decade che ho vissuto ma senza nessun tipo di consapevolezza. Tant’è che ho rotto i coglioni ai miei per farmi comprare quella cloaca per Nintendo 64 di Super Man ed era meglio un calcio nelle palle.

La domanda sorge spontanea allora: perché siamo convinti che ce li ricordiamo, gli anni '80 e '90?

Gridd Retroenhanced è di quegli anni '80 che non ricordiamo perché piaceva ad Antab Studio
Gridd Retroenhanced è tipo l’esempio perfetto

La risposta è quasi banale, nel suo essere cripto-complottista. Perché ce li stanno vendendo. Molto semplicemente adesso chi mette i soldi nell’intrattenimento – al netto dei videogiochi che sono un mercato più gggiovane e per più gggiovani – ha un’età per cui si, si ricorda degli anni ’80 e ’90. Se li ricorda davvero, non come noi, per loro sono una grossa fetta della loro esistenza. Il passo successivo è produrre quel tipo di contenuto (e provare a vendercelo) perché piace in prima battuta ai suoi autori. E quindi ecco, ci stanno sovraesponendo agli anni ’80 e ’90 e ci siamo convinti che in effetti ce li ricordiamo, li abbiamo vissuti anche noi. Anche se non è così. Ci ricordiamo al massimo del tie-in brutto per PlayStation 1 de Il Quinto Elemento, che messa giù così è una cosa di un vecchio che quasi non ci si crede. Come guardare la grafica di un sito internet di 10 anni fa.

Non li fanno mica più, i videogiochi brutti dei film. Hanno smesso da un pezzo. Prima ogni cazzo di pellicola aveva il suo tie-in da giocare, Disney per anni ci ha regalato piccole perle (il gioco di Hercules, ve lo ricordate?) e un sacco di merda. Per un periodo aveva tenuto botta almeno Spider-Man, ma per ironia della sorte è riuscito a ritornare davvero pop ed entrare nell’MCU quando ormai Disney era già arrivata ad Endgame, videoludicamente parlando. Divisione gaming sbaraccata e un sacco di IP lì ferme a morire, e c’è andata bene che quantomeno i giochini di Star Wars li può fare EA su licenza. Ad un sacco di roba LucasArts è andata peggio, Monkey Island per esempio si è attaccato al pollo di gomma con la carrucola in mezzo.

Ma magari adesso per colpa di Geralt di Rivia il tie-in torna. O forse no

La serie Netflix di The Witcher ha venduto i giochi. E anche i libri. Meglio di quanto abbia potuto fare la stampa di settore, peraltro. E allora vuoi vedere che il futuro è questo? Il futuro è il Cinema e la serie tv che diventano il tie-in del videogioco, uno spot pubblicitario più subdolo e ad alto budget che ti veicola più facilmente la scimmia e poi ti fiondi da GameStop – se ancora non ha chiuso malissimo – a comprare il vero prodotto, che è il videogioco.

Dai videogiochi dei film ai film per vendere i videogiochi. Stiamo arrivando lì?

Ne vuoi ancora? Nessun problema...