L’entanglement quantistico, o correlazione quantistica, è un fenomeno quantistico, non riducibile alla meccanica classica, per il quale, nella condizione, prevista dal principio di sovrapposizione della meccanica quantistica, in cui due o più sistemi fisici (tipicamente due particelle) rappresentano sottosistemi di un sistema più ampio, il cui stato quantico è rappresentato da una combinazione dei loro singoli stati, la misura di un’osservabile di un sistema (sottosistema) determina simultaneamente anche il valore della stessa osservabile degli altri.
Poiché lo stato di sovrapposizione quantistica è indipendente da una separazione spaziale di tali sistemi (sottosistemi), l’entanglement implica in modo controintuitivo la presenza tra essi di correlazioni a distanza e, di conseguenza, il carattere non locale della realtà fisica. Il termine entanglement (letteralmente, in inglese, “groviglio”, “intreccio”) fu introdotto da Erwin Schrödinger in una recensione del famoso articolo sul paradosso EPR, che nel 1935 rivelò a livello teorico il fenomeno.
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Con una semplificazione che ha del romantico, del mistico, del religioso, due entità che sono state a contatto per un lasso di tempo definito, continueranno a vivere l’una con l’altra, l’una per l’altra, per un tempo indefinito, attraverso il tempo e lo spazio. L’entanglement quantistico spiega la correlazione quantica tra due particelle ma allo stesso tempo approssima la vita stessa, in un turbinio di incastri che vedono il nostro rapporto con il prossimo come quello tra due atomi: in contatto solo grazie ad una forza invisibile che ci illude di percepire il prossimo, ma che in realtà ci separa creando un vuoto impossibile da colmare.
In quel tessuto teso che è lo spazio tempo, anche una piccola massa è in grado di creare un solco e influenzare chi gli ruota attorno. E quindi il tempo e lo spazio non sono che percezioni, che convenzioni, che concetti che noi esseri dotati di intelletto rileggiamo in base alla nostra vita. Un inizio e una fine che non avrebbero senso se il legame con chi abbiamo incontrato durante il percorso non avesse deviato la rotta che stavamo prendendo. E quelle che una volta erano armi perché distanti da noi, diverse da noi, diventano amici, si evolvono ad ogni scalata, ad ogni salto, ad ogni sosta sulla panchina. Ci parlano perché se pur diversi e distanti nel tempo e nello spazio è bastato quel tempo tra un combattimento e l’altro per renderci inseparabili. L’equazione di Dirac tatuata sulla pelle è come quelle memorie perdute che ritornano come una cicatrice quando tocchi chi un tempo rideva al tuo fianco.
Intorno a te tutto crolla e l’inganno di un’umanità che si credeva superiore alle macchine ha portato alla distruzione, alla malattia, alla diffidenza nei confronti del diverso. Quel diverso che però tu hai imparato ad amare e che sai che è sempre con te anche se sei solo. La corruzione che ha fatto marcire battaglia dopo battaglia, sconfitta dopo sconfitta, vittoria dopo vittoria quella che era la tua versione più pura e passata, la vestale, si riflette come in uno specchio d’acqua nella tua natura da accordatore. Non ne vedi gli effetti, ma il mondo intorno a te racconta quella decadenza e al posto delle anime che la tua antenata purificava e guidava verso la luce, tu hai un manipolo di omuncoli dal passato triste, incerto, instabile.
Ne suoni le note e guardi da lontano il castello che potrebbe farti sedere sul trono della tua salvezza e della loro redenzione. Ma ancora non hai i mezzi né le energie per andare avanti, bloccato da muri per l’ennesima volta dettati da quella convenzione umana del tempo.
Non ti resta che sederti su quella panchina. Ascoltare qualche storia e poi chiudere gli occhi e riposare.