Due premi che sono stati assegnati da dei veri e propri mostri sacri dell’industria, tipo Koji Igarashi e Rafael Grassetti, l’Art Director di Santa Monica.
È una cosa abbastanza grossa, no? Soprattutto, è una cosa che è successa in un periodo di nulla totale, niente giochini tripla-A o polemichette da cavalcare. Il momento ideale per mostrare un po’ d’Amore per l’indie italiano, se ne sarà parlato alla nausea.
Niente interviste, manco una newsettina da sguatteri di regime giusto per dire io c’ero. Evidentemente non sposta i click di un Ruspa League o di quel gioco-meme sul Covid-19.
Ci riempiamo la bocca di First Playable Fund e di hashtag alla #loveindies, ma la verità è che del mercato interno non frega un cazzo a nessuno. Non interessa a chi ne fa parte, perché quando qualcuno arriva da qualche parte la prima reazione è l’invidia, la critica, la polemica. Non interessa manco a chi si dovrebbe occupare del settore in modo critico, perché ormai è asservito al 100% alle esigenze commerciali.
Bisogna fare 4 news in 6 ore e piazzarle tutte su Google, chi ce l’ha il tempo di ascoltare la storia di Simone, sentirgli raccontare cosa vuol dire vedere il proprio videogioco giocato da quell’Igarashi che per te è stata fonte di ispirazione? Frega una sega, non è abbastanza strappalacrime. Poco importa che sia un riconoscimento mica da ridere del fatto che si, anche in Italia sappiamo fare i giochini.
Mi sono rotto il cazzo di chi non solo non fa parlare gli sviluppatori, ma non parla più nemmeno con loro a meno che non si stiano insultando le mamme su Twitter.
Con Simone c’abbiamo parlato noi, la speranza è che adesso voi ascoltiate. E magari vi ricordiate di Timothy quando uscirà in giro sulle varie piattaforme.