Uno dei suggerimenti che appaiono vi rimanderà ad una citazione di Eraclito. La storia ci ha consegnato il pensiero di uno dei Nerd ante-litteram, uno di quelli che essendo morto cinque secoli prima della nascita di nostro signore non ha potuto passare la propria vita a bere Mountain Dew nello scantinato della casa dei genitori rankando su League of Legends, e quindi ha scelto di fare il filosofo.
Ci è stato detto che cambiare idea è una figata.
Ci è stato chiesto di confrontarci con quella presa di posizione, ma siamo ancora qui a fare spallucce e a far finta di niente.
Cambiare idea non solo è lecito, ma necessario.
Eraclito
Questo proto-sfigato, all’alba dei tempi, ha cercato di insegnarci che la vita si basa sul dubbio e sull’incertezza, e che l’unica cosa che possiamo fare per sopravvivere è abbandonarci alla corrente e lasciarci trasportare.
Noi invece no, siamo nati stronzi e continuiamo a piantare paletti, erigere muri e creare recinti dentro cui pascolare come bestie.
Non è una novità: abbiamo paura del cambiamento, abbiamo bisogno di illuderci di avere il controllo sulle cose e, soprattutto, cambiare idea ci terrorizza.
Siccome viviamo in un mondo che ha preferito la retorica del tifo da stadio al dialogo, non siamo più in grado di compiere delle scelte. Ci limitiamo a schierarci istintivamente con la fazione più rumorosa o con quella che ci fa sentire più al sicuro, senza ragionare su ciò che ci autoconvinciamo di credere. Non cerchiamo di informarci, cerchiamo solo di trovare qualcuno che la pensi come noi perché siamo troppo spaventati e troppo pigri per fare un passo in più.
Due milioni di anni di evoluzione in realtà non ci hanno portato da nessuna parte. Siamo ancora fermi ai blocchi di partenza, e non contenti tentiamo di azzoppare chi prova ad allontanarsi dal gregge.
Posso sentire l’agitazione di chi legge, la domanda è nell’aria:
C’entra eccome.
La verità è che mi sanguina il cuore ogni volta che mi ritrovo incastrato in discussioni sui giochini, perché a quanto pare è sempre più comune il fatto di parlare per sentito dire. Ci affidiamo al pensiero di Youtuber, influencer e recensori, decidiamo da che parte stare e ci fossiliziamo lì.
Qualcuno, tempo fa, diceva che l’uomo è un animale curioso per natura, ma a me non sembra affatto così. Non più.
Anzi, l’impressione che ho mentre faccio zapping in rete è che stiamo perdendo la nostra sete di sapere e di scoprire cose nuove.; siamo così pigri che abbiamo addirittura permesso al mercato di dirci quali videogiochi dobbiamo aspettare febbrilmente. Il Capitalismo si sta mangiando la mia passione più grande, e io devo starmene qui a guardare senza fare niente?
Col cazzo.
Dobbiamo riscoprire il gusto di uscire dal seminato, di camminare su sentieri non battuti. Dobbiamo fare fatica e provare ad apprezzare quello che non comprendiamo al primo colpo, sbatterci la testa cento volte, perché non si può dire di amare qualcosa finché non se ne conoscono e apprezzano quelli che a primo impatto ci sembrano dei difetti.
Ve lo ricordate quel momento magico per cui appassionati di tutta Italia hanno sputato sangue per imparare l’inglese pur di giocare a Final Fantasy VII? Se quello schieramento che marcia ostinato sul campo di battaglia all’urlo di “Scaffale!” usasse metà delle energie che spreca per berciare insulti contro ogni annuncio di videogiochi che non supportano la lingua del bel paese per andare oltre al proprio pregiudizio potrebbe scoprire che Persona 5 è un gioco meraviglioso, o potrebbe godersi una passeggiata all’ombra dei neon di Kamurocho nei panni di Kiryu Kazuma.
E invece no, ci trinceriamo dietro alla scusa della lingua, ci diciamo che “Youtuber X ha detto che è brutto, quindi non ci gioco“, “le animazioni sembrano vecchie” e che “Bartolini Simulator LOL scaffale” e ci perdiamo delle esperienze meravigliose e schifosamente divertenti.
Arriva per tutti il giorno in cui non si può più tornare indietro, tanto vale sbattersi e provare a cambiare idea. Sui videogiochi, sui libri, sul cinema, sulle nostre credenze del cazzo o su quel ristorante thailandese all’angolo.
C’è stato un periodo in cui mi rifiutavo di giocare Jrpg e Shoot ‘em up.
Guardavo gli altri impazzire per Final Fantasy e mi chiedevo che cosa ci trovassero di bello nel combattere attraverso i menù; entravo nelle sale giochi e mi chiedevo perché ci fossero degli invasati che passavano il loro tempo a comandare delle astronavine che facevano pew pew (o, come direbbe l’Avvocato, Pio Pio). Poi è successa una cosa che ha cambiato il mio modo di vedere i videogiochi per sempre: mi sono buttato.
E cazzo, quanto sono contento di averlo fatto.
Twitch e Youtube sono delle belle realtà, ma non possono in nessun modo sostituire la soddisfazione che si prova quando si prende il pad in mano e si scopre qualcosa di nuovo, di diverso, di apparentemente alieno al proprio gusto. Quella stupida chiusura mentale ha rischiato di impedirmi di emozionarmi ascoltando Dancing Mad durante lo scontro finale di Final Fantasy VI e di scoprire il potere terapeutico e calmante dei Bullet Hell più incalzanti come Ikaruga e Donpachi.
Il mondo dei videogiochi ha raggiunto una varietà di forme e generi talmente tanto profonda ed intricata che è impensabile che possa piacere tutto, questo è palese. Eppure è triste rendersi conto di quante persone arrivino a compiere la scelta più castrante di tutte e rifiutarsi a prescindere di fare certe esperienze.
Basterebbe provare per rendersene conto: avere grandi aspettative e vederle soddisfatte non è nemmeno lontanamente paragonabile al non aspettarsi nulla e a venire colti di sorpresa.
Questo articolo è frutto dell'iniziativa Crowdsourcing sovversivo di Gameromancer. Che è 'sta cosa?