C’è un momento in cui ci chiediamo quando si diventa adulti. Come farò ad accorgermene? Probabilmente per molti arriva quando gli argomenti di discussione con gli amici alla sera virano gradualmente verso lavastoviglie o pannolini e asili. Nel mio caso la consapevolezza è arrivata mentre giocavo ad Art of Rally. La prima volta che ci giochi, vieni preso da un irrefrenabile desiderio di andare veloce ad ogni costo, derapate e schivate all’ultimo secondo che inevitabilmente ti portano verso una sconfitta miserabile, un “danno terminale”, prendi il controller e lo abbandoni sul divano.

La prima volta che ci giochi, vieni preso da un irrefrenabile desiderio di andare veloce ad ogni costo...

Poi scatta qualche cosa, un pensiero si insinua: e se fossi io? Se non fosse il gioco? Allora riprendi il controller in mano e lo affronti da un’altra prospettiva, capisci che sei davvero tu, che stai facendo le cose senza pensare, cambi approccio, ti calmi e ti concentri su una cosa alla volta: l’ingresso in curva, realizzi e capisci che non c’è un cazzo da fare: per fare bene qualche cosa ti devi preparare prima, non si può aspettare sempre all’ultimo e poi utilizzare la tattica alla spera in dio. Così ti applichi e ci lavori e chi se ne fotte del risultato, tanto comunque stai andando avanti anche nel gioco, nella carriera, nella tua consapevolezza.

Poi ti focalizzi sulla percorrenza e ti riaffiorano inevitabilmente ricordi di quando avevi 13 anni, che andavi a giocare a Gran Turismo a casa del compagno figo e se non sbandavi eri un coglione e realizzi di quanto sei davvero stato coglione irruento e presuntuoso nella tua vita a voler sbandare ad ogni costo, a volere impressionare gli altri alla ricerca di una disperata approvazione che tanto non arriva, se non interessata. E poi ti ricordi di tuo padre che ti compra con i tuoi soldi la Play Station usata del collega che tu sei grande, ma va bene così, perché ti togli lo sfizio e giochi ancora a quel Gran Turismo che tanto ti piaceva quando eri un ragazzino. Intanto il gioco avanza, le tua abilità migliorano e inizi a vincere qualche tappa; e anziché goderti il tuo momento di fama e soddisfazione, intima e personale, dici:

Perché no? Perché non dovrei mettermi alla prova?

Arcade
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E aumenti la difficoltà, aumenti l’intensità dei danni, insomma ti sfidi e sai che c’è? Ti piace il rischio, il gusto del mettere in pratica ciò che hai appreso, il perverso piacere del fluire della macchina su quelle stradine tanto strette in quei paesaggi così belli ed onirici, che se non fosse per il tanto maledetto scorrere del tempo, ti fermeresti a guardare. Ma sai che c’è? Allora sei pronto per l’ultimo passo: alzi lo sguardo e guardi avanti, ti sposti dal tuo io, dalla tua vettura e vai oltre, ricerchi la prossima curva, il prossimo ostacolo, analizzi il percorso che dovrai fare e questo ti genera ansia, il divano diventa scomodo e te non sei a tuo agio, oh no che non lo sei.

Ma ciò che inizia come una fugace sbirciata, come quasi perverso voyeurismo, diventa tattica, si muta in analisi, capisci che non puoi stare concentrato sul momento attuale, ma devi guardare più in là, l’ansia muta in consapevolezza, il discomfort in potere. E proprio quando hai raggiunto la pace, la pienezza ed il controllo dei tuoi mezzi, allora sei libero, sei libero di pensare e programmare e pianificare, ed il gioco va avanti, ti concede tutto questo e ti dà lo spazio per apprendere e sbagliare ed accettare gli errori e te stesso, ti sprona a migliorare ma non ti suggerisce come, dio bono, il come sta a te trovarlo; dopotutto la vita arriva solo con un tutorial dei fondamentali e noi come si usa WASD lo abbiamo imparato a fare da tanto tempo.

Un solo appunto mi sento di fare al gioco: quei maledetti spettatori a lato della strada, fateceli schiacciare, dopotutto, noi, siamo cresciuti anche con Carmageddon.

Questo articolo è frutto dell'iniziativa Crowdsourcing sovversivo di Gameromancer. Che è 'sta cosa?