Per la prima volta nella mia vita post università, ho un lavoro. Certo, è una roba noiosa che mi fa rimpiangere ogni giorno di non aver scelto altro, però mi regala quei pochi soldi al mese che posso sputtanare in videogiochi senza sentirmi in colpa. Per la prima volta in vita mia, voglio supportare al meglio una delle mie software house preferite e regalare loro i soldi di una limited edition. Ho aspettato anni per vedere il ritorno di Alan Wake e sono pronto a svenarmi pur di portarmi a casa la limited che, sicuramente, conterrà una valanga di gadget fighi da esporre sugli scaffali della mia camera.
Mi dicono che lo fanno per i giocatori, che serve ad abbassare i costi e che è meglio così. Ed è anche vero. Effettivamente, se guardate il prezzo di Alan Wake 2 sui vari store è più basso rispetto agli altri giochi e, sicuramente, rispetto ad una edizione fisica, ma sono comunque gli stessi prezzi che avevano sulle ormai obsolete PS4 e Xbox One.
Per la prima volta in vita mia, sono incazzato con i produttori di videogiochi. Non tanto per il desiderio di posizionare quella statuina in scala di Alan Wake sulla mensola, accanto alla mia collezione di Funko di Harry Potter tremendamente sudata a suon di ovetti Kinder e colesterolo che mi si è sgretolato davanti agli occhi. Sono incazzato perché è la prima volta che mi tolgono la possibilità di decidere cosa voglio comprare.
Non mi importa dei costumini carini da mettere in game. Se il mio personaggio corre nudo per le strade o gira borchiato dalla testa ai piedi, mi cambia pochissimo. Le limited in digitale, con l’artbook in PDF e tutte quelle stronzate, non servono a nessuno. Se voglio guardare delle foto in jpeg del gioco, mi basta cercare su Google. Anche se me le impaginate bene, rimangono sempre delle scansioni virtuali.
Quello che mi frega è che Alan Wake 2, che comprerò e amerò (l’ho già detto, è il mio gioco preferito), è, almeno per me, il capostipite di un nuovo trend che mi lascia perplesso. Perché non posso decidere di spendere 10 euro in più per avere una custodia e un disco da tenere nella mia libreria? Perché questa scelta deve essere lasciata agli sviluppatori e non al consumatore?
È un fastidio che ho già sperimentato pochi mesi fa, quando ho comprato la mia PlayStation 5. Scelgo l’edizione fisica e pago la differenza di prezzo con la digital più che volentieri. Come ho sempre fatto su console, voglio avere i miei giochi su disco e decidere se mi piacciono talmente tanto da conservarli o se mi hanno fatto cacare e preferisco rivenderli.
Scelgo il bundle con God of War Ragnarok, ovviamente. È un gioco clamoroso e non vedo l’ora di metterci le mani sopra.
L’unica cosa che trovo nella confezione della mia PS5 è un triste bigliettino con un codice da riscattare sullo store. Ok, direte voi, cazzi tuoi. E avete pure ragione. Ma era davvero così complesso prendere una delle mille copie su scaffale di God of War Ragnarok e ficcarla dentro quella maledetta scatola? Avrebbe cambiato radicalmente i costi del gioco? Le avete già fatte, buttatele dentro.
E lo so che su PC parlare di copie fisiche è blasfemia. Anche io godo tantissimo ogni volta che trovo un giochino in offerta al 90% e mi porto a casa la mia bella copia digitale a 10 euro o meno. Ma è questo l’unico modo sensato di costringermi ad usare il digitale. Non puoi farmi i tuoi flexatissimi saldi estivi e mettere il gioco più conveniente a 60 euro.
La cosa peggiore è che la scelta di abbassare il prezzo finale, attualmente, è stata presa solo da Remedy. Immaginate un futuro in cui dovrete pagare 80 euro per un gioco al day one, ma solo in digitale. Quasi tutti i titoli, attualmente, almeno su PlayStation Store, hanno quello standard come prezzo di partenza, indipendentemente dal fatto che siano su copie fisiche o in digitale. A parità di prezzo, per quale motivo dovrei scegliere di avere meno?
Per la prima volta in vita mia, sono le software house a decidere quale supporto preferisco acquistare.
Questo articolo è frutto dell'iniziativa Crowdsourcing sovversivo di Gameromancer. Che è 'sta cosa?