Sai cosa vuol dire essere nato alla fine degli anni ’80, ma aver conosciuto i videogiochi solo nella tarda adolescenza? Sai cosa significa aver vissuto lontano dall’ambiente videoludico quando questo vomitava perle a un ritmo che ora ce lo sogniamo? E sai cosa significa non poterle recuperare, quelle perle, perché l’hardware è introvabile e il software non viene ripubblicato, aggiornato per renderlo compatibile con le piattaforme moderne?
Sai cosa significa avere la consapevolezza di essersi persi pezzi fondamentali della cultura videoludica e non poterci metter mano perché il produttore non li ritiene lucrativi abbastanza? O, peggio, ha perso i sorgenti?
E allora porc- questo contenuto non è abbastanza lucrativo– io, non venirmi a menare il cazzo con “piratare è immorale”. Ciucciami le palle tu e il tuo “se non è originale nemmeno lo guardo”. Annusami le scorregge, “bisogna preservare la memoria”. Questo è peggio di sapere che moriremo e non vedremo i capolavori futuri. Questo è peggio, por- scusate, ci siamo persi il codice sorgente – io, lo puoi quantificare.
Vuoi preservare la storia? Benissimo, ma io non sono il fottuto direttore di un museo. Ti fai i seghini sulla copia fisica? Benissimo, ma a me non me ne frega un cazzo del supporto, io bramo l’esperienza del software.
Non ti sto dicendo che sbagli. Ti sto dicendo che se non ho modo di dare i soldi allo sviluppatore perché è lui a non volerli (o che cazzo me ne frega a me della sua situazione) non puoi venirmi a parlare di pirateria. E se lo fai, ti risponderò solo di annusarmi il sottopalla.
Questo articolo è frutto dell'iniziativa Crowdsourcing sovversivo di Gameromancer. Che è 'sta cosa?