Ma com’è che nei videogiochi il sesso è trattato alla cazzo? Ne stavamo parlando tipo l’altro giorno con il solito noto autore fantasy. Ci sono un sacco di menate e paranoie, quando nei videogiochi è il momento di trombare. O la si butta in caciara e si fa semplicemente sobbalzare una macchina mentre i due personaggi stan dentro seduti, oppure c’è qualche cinematica che poi viene sfumata quando si arriva al sodo. Manca l’interazione, nel sesso che si fa nei videogiochi.
Ricordo male? Si, in realtà ne avevamo già parlato. Ma eravamo ingenui e soprattutto poveracci senza microfoni fichi.
Ma perché? Perché quando si parla di sesso nei videogiochi, lo si fa male e senza dettagli, interazione e insomma senza cura? È colpa di chi li fa, i videogiochi. Riflettiamoci: i più grandi produttori di balocchi elettronici che terrorizzano Carlo Calenda sono americani e giapponesi. Gli americani approcciano il sesso in modo molto bigotto, per cui è naturale che questa cosa si ritrovi anche nei loro videogiochi. D’altronde li in Rednecchia si è completamente desensibilizzati alla violenza (cose che capitano, quando ogni mattina qualcuno potrebbe fare una strage nella tua scuola) ma il sesso è ancora molto tabù. E ci si fa un sacco di pare sul rating, soprattutto. Non è un caso che fino all’altro ieri, o meglio all’uscita di Deadpool, nessuno manco ci avesse mai provato a fare un blockbuster su tizi in tutina che si beccasse un rating R, cioè “vieni a vedere il film con mammà o inculati“.
Gli altri grandi maestri del videogioco sono i giapponesi. Io direi erano, ma è un discorso da fare n’altra volta. Che qua cazzo carne al fuoco ce n’è già in abbondanza. E i giapponesi, beh, i giapponesi sono un popolo di complessati che non scopa, come possiamo pretendere che parlino di sesso nei videogiochi?
Ti pare normale, che debba essere un podcast di disagiati ad occuparsi del perché nei videogiochi non si faccia sesso? Ti pare normale soprattutto che certi personaggi ne tirino fuori anche un discorso serio, che va a toccare il cyberpunk, il background culturale dell’industria e tiri in mezzo anche la Realtà Virtuale ed Elon Musk? Forse è anche per questo, che l’argomento è tabù. È la critica per prima a non parlarne in modo sano. Anzi, forse sarebbe la critica stessa a non capire un prodotto del genere, a mal interpretarlo. Posto che poi in realtà della critica non frega un cazzo a nessuno, a livello di vendite.
Però ecco, l’ambiente non sarebbe assolutamente salutare sulle prime. Nemmeno alle latitudini di chi invece dovrebbe farsi promotore di questo cambiamento, fondamentale per la crescita dell’oggetto culturale che il giochino ambisce ad essere. I videogiochi parlano della vita stessa ma ne ignorano scientemente una grossa parte.