Neuroni. Cellule digitali di un sistema altrimenti analogico. Basta una foto, una faccia, un odore – perfino una canzone – ed è subito downgrade. Nessun mangianastri su cui premere rewind, nessuna penna Bic per riavvolgere la cassetta. Puro digitale, memorie ad accesso casuale. La cutscene parte come un cazzotto in faccia e premere start per saltarla non serve a niente; il contenuto lo sai già, ti ha lasciato i suoi segni addosso.
È il tempo di un paio di battiti – il clock del cuore è incostante come solo un segnale analogico può esserlo –, ma basta.
La nostalgia è parte di tutto questo. La parte commerciale e consenziente di tutto questo: vuoi tornare ai pomeriggi post-scuola quando il massimo della pianificazione era fare i compiti per il giorno dopo e compri la N.Sane Trilogy. Basterebbe la copertina, un video su YouTube o – fuck the system – una ISO pirata da emulare. Ma riconfezionato è meglio che preconfezionato, perché la versione precedente era meno consapevole e i file originali sono corrotti. Ce li ricordiamo rimasterizzati e giocare l’originale adesso distruggerebbe l’illusione. Perché se ripenso a Tekken 3 (Anno Domini 1997) me lo ricordo con la grafica di Tekken 7? È un bug, una feature, una cospirazione?
Ma poi c’è la parte inconsapevole, quella che speravi di aver superato ma che è ancora lì. Quando tua madre era in ospedale e tu riducevi il mondo a uno schermo 160×140 in scala di grigi. Quella volta che stavi giocando Shadow of the Colossus e poi sei precipitato anche nella vita reale, quella davanti allo schermo. Il fottuto ripristino a tradimento ad una versione precedente che è ancora lì, perché parte di un sistema praticamente analogico che non si può mai formattare del tutto.
Quando si matura non si riparte mai da zero. Come insegna Hideo Kojima, se riporti il sistema a uno poi uno (ri)diventa inevitabilmente due. E quindi non puoi scappare da chi eri. Ma con la consolazione che almeno Metal Gear Solid 4 è un giocone della madonna.
Il destino è diventato 2.0, pseudo-casuale come solo un computer può approssimare e sbattuto in faccia a brutto muso come – beh – solo un computer potrebbe fare. Come in effetti anche il tuo computer (o tablet, o smartphone, o tostapane inutilmente dotato di un browser che intanto manca ancora su Nintendo Switch) sta facendo adesso, mettendoti per qualche motivo sotto gli occhi queste righe.
E non ci puoi fare niente. Puoi essere d’accordo o no, continuare a credere nella fatalità o dare la colpa a Skynet. Non cambia niente: puoi sostituire Dio con un un’altra variabile o toglierlo dall’equazione e il risultato non cambia. Non puoi scappare dalle versioni precedenti.
E quindi che fai?
Ignori il problema. Fingi a che quella versione non sia mai esistita. Che la versione attuale sia sempre stata quella ufficiale, le altre erano soltanto warez. Può funzionare. Perché non dovrebbe? Nel mondo dove tutto è algoritmo stai facendo esattamente la stessa cosa. Calcoli cosa mostrare e cosa nascondere dal tuo feed a chi ti conosce – a chi ti segue anche fuori dai display – per massimizzare le interazioni. Migliorare l’Esperienza Utente.
Oppure ti rendi conto che non sei il programma. Sei più simile al programmatore, e le regole alla fine le detti tu. Sei tu quello che ha deciso di aggiornare – di passare alla versione successiva. Non c’è nessun amministratore di sistema, nessuna politica aziendale a cui dare la colpa: ad un certo punto hai deciso di crescere. Il fatto che basti poco a regredire era specificato in Termini e Condizioni, anche se hai premuto “Accetta” senza leggere. Ma puoi vederla come un’occasione. Un modo per leggere il changelog e vedere quali sono le novità, capire se stai andando nella direzione giusta e reintrodurre qualche vecchia feature. Eri più ingenuo, ma anche più empatico. O magari sapevi a memoria tutte le fatality di Mortal Kombat II.
Cose su cui riflettere.
O da ignorare, dando ascolto a quella vocina banale, spoetizzante ma in qualche modo suadente che ti sussurra che dovresti scopare di più e pensare di meno.