Come faccio a non pensare che per lə videogiornalistə di giochini, in Italia, non ci sia posto? Non solo, il posto non c’è mai stato, perché il settore è una partita del Gioco delle Sedie iniziata negli anni ’80-’90. Solo che la musica non si è fermata davvero mai. Nemmeno quando i very giornalisty di settore hanno tipo prosciugato qualunque prodotto da edicola incapaci di capire che stava arrivando l’Internet. 30 anni dopo guardi i nomi di chi gestisce i vari .it e .net dell’Italia del videoludo e i nomi sono quasi tutti gli stessi.
I very giornalisty di settore pensano di essere una casta. E da casta si comportano. Prova a parlare in modo critico del loro lavoro e quello che riceverai in cambio è mansplaining. Anche se c’hai il cazzo, perché il loro sessismo non ammette sesso – quando gli fa comodo. Io sono nel giro da una vita e tu non sai un cazzo. Non hai mai dovuto negoziare con una concessionaria pubblicitaria e non hai mai preso uno stipendio fisso scrivendo stronzate precotte. Io si. Poco male che il mio stipendio sia pagato dal sudore di 300 peones che devono ribattere 6 notizie in 4 ore per 200€ al mese.
Poco male se in realtà non è vero che non sai un cazzo. Se è una decade che ti barcameni per tenere online un portale che fa pure dei discreti numeri considerato che è tutto a zero budget. Se alla fine qualcosina su come funziona Internet, l’algoritmo di Google e quelle menate da SEO Evangelist te le sei pure studiate e quindi qualche meccanismo in più di un lettore normie lo riesci a interpretare. Non conta nemmeno se hai avuto in live qualche loro collega a dirti le stesse cose che ti stanno dicendo loro. Non sai, non ti permettere, lei non sa chi sono io.
Quando ti dice particolarmente male arriva immancabile la minaccia di querela. Che in un settore dove se levi 10 persone nessuno ha un contratto e mediamente vieni pagato 20€ al pezzo, è un po’ come gli Stati Uniti minacciassero di nuclerarizzare il Gabon. Metti caso che subisci qualche molestia o un po’ di sano mobbing. Già sei tutelato zero perché in quanto collaboratore occasionale la legge risponde LOL e hai meno sindacati di uno sviluppatore. O abbozzi o te ne vai, perché l’alternativa è la tua parola contro quella di chi sta nel giro da anni, c’ha un nome-pubblicazioni-università-e-pure-vie col suo nome. Non ti salvi nemmeno se denunci il tutto a Ferragosto. L’avvocato tanto è nelle chiamate rapide e il cease and desist arriva così veloce che Nintendo sta a rosicà.
In pratica finisce che ti attacchi al cazzo se il tuo Commodoro di redazione ti tratta così male che devi andare dallo psicologo. Anzi, a suo dire devi pure ringraziarlo perché avevi problemi e adesso sei in cura. Devi stare zitto se alla cena redazionale fan battutine sulla tua accompagnatrice. Anche davanti a merda più soft, tipo che avevi pattuito come pagamento 10€ a pezzo e poi il boss tira fuori dalla tasca solo 2 euri e mezzo, non puoi fare nulla se non andartene. Già se sbatti la porta rischi un sacco di cazzi.
Due cose. In ordine di importanza, soprattutto. La prima è non perdere la voglia di parlare di videogiochi. Il settore è una merda, una roba di una tossicità immane. Ma i videogiochi non meritano di rimanere ostaggio di una Game Critic così. Apri un blog, un profilo Twitch, una pagina su medium. Usa il nostro crowdsourcing o banalmente scrivi sui tuoi social. Tutto, solo non mollare. Non ti dico di unirti alla ribellione o di venire a giocare oltre alle regole. Solo di resistere. Se serve, siam qui. Anche se non ci conosciamo e suona falso e ridicolo.
La seconda cosa che puoi fare è sbirrarli tutti. Scrivici, contattaci un po’ dove vuoi. Anche in forma anonima o chiedendo l’anonimato. Non abbiamo nessun tipo di problema a far scoppiare un casino. Ripuliamo questa merda di settore assieme. Counter it!