Vengeful Guardian Moonrider è un gioco vecchio. Non vecchio nel senso che mancano alcune cose che ormai sono funzioni standard e se non ce le metti o sei Miyazaki o sei unə coglionə. Tipo boh, non tipo che non c’è l’autosave, l’autosave c’è. È vecchio nel senso che è il classico giochino di genere che vuole suonare come suonerebbe una cover band che si mette a rifare Mega Man. Però mettendoci il distopismo e i robo-samurão meccanici. E sinceramente da un team brasileiro me l’aspetto pure.Parliamo di gente che c’ha avuto un sacco di dazi – ma anche di cazzi – ad importare le varie console. Col risultato che è l’unica nazione al mondo dove c’è una scena Master System rilevante.
È una roba 16bit archetipale, direbbero quelly bravy. Narrativa ridotta alla premessa, focus sul gameplay, azione pixel-perfect e via così. È proprio un gioco anni ’90 da questo punto di vista. Senza contenuti roboanti messi lì per allungare il brodo e completabile in un paio d’ore, una volta che c’hai fatto la mano. Solo che per farci la mano di ore te ne servono un bel po’ di più, perché il gioco mena e i nemici elargiscono danni che quantificherei come “una madonna e mezza”. Non a caso al primo game over Vengeful Guardian ti droppa così, aggratis, un modulo equipaggiabile che abbassa i danni subiti. Cappando il punteggio massimo ottenibile per il livello a B, ma nelle prime partite non è un dramma.
Le prime partite su Vengeful Guardian Moonrider servono a misurare la temperatura dell’acqua. Prendere dimestichezza coi controlli, assimilare i frame e le finestre dell’attacco in corsa e di quelli in salto – che diventano spendibili anche lato platforming. Finire un livello è una cosa, finirlo bene, con un buon tempo e un punteggio dignitoso, tutt’altra. E a complicare le cose c’è il fatto che Mega Man nell’intro mica te lo citavo a cazzo.
Ad eccezione del primo e dell’ultimo livello, la progressione in mezzo è libera. Questo vuol dire che puoi decidere tu l’ordine con cui puoi fare le cose (come in Mega Man) e quali altri boss-samurão tirare giù per primi fregandogli l’arma (come in Mega Man). Ovviamente i moduli aggiuntivi per il protagonista si sbloccano andandoseli a cercare a manina nei livelli. Leggasi: a seconda dell’ordine scelto il gioco può essere più o meno infame. Soprattutto perché poi uno dei moduli serve a localizzare in modo più facile gli altri moduli, e diciamo che sbloccato per ultimo se ne perde un po’ il senso all’interno delle meccaniche di gioco. O meglio ancora te lo dai in culo.
L’idea dei dev sostanzialmente è farti giocare alla nausea finché non speedrunni tutto. Proprio per questo il gioco sembra punirti parecchio se sbagli le prime volte ma poi ti rendi conto che in realtà entrato nel mood è in equilibrio tra la sfida e il permissivo. Capisci che puoi rosicchiare qualche secondo se quel nemico lo tiri giù calciando in volo, quell’altro conviene evitarlo mentre no, quella roba che spara i proiettili elettrici sott’acqua meglio tirarla giù.
Forse dovremmo apprezzarli di più, i giochi così. Quelli che si danno degli obiettivi prendibili e li raggiungono pure. Fiordaliso cantava non voglio mica la luna e no dai questa è troppo stupida pure per i miei standard. Moonrider è il classico gioco di genere, fa quello che prometteva senza diventare memorabile, ok, ma senza manco sbavare. Se ci si entra in sintonia è un gran bel giocare, una cover band che alla fine si sente ama davvero i brani che sta suonando come fossero suoi anche se la SIAE non sarebbe tanto d’accordo.