Il Cummenda ti ha scammato i soldi della sub di Patreon per giocarsi Super Mario Bros. Wonder e scriverci ‘sta recensione di merda. Che qualche stronzo gli ha dovuto impaginare da zero. Che vita grama. Sia la mia che la tua.

Allora. Prendiamo per buone le parole dei colletti bianchi Nintendo. Sul fatto che Wonder sia stato un capitolo sviluppato senza scadenze, “when it’s ready”, con totale libertà creativa, in un ambiente super rilassato. Praticamente l’Eden dello sviluppo. Ecco, io delle megacorp diffido quasi per partito preso, ma. Ma non sono Jason Schreier, non ho infiltrati a Kyoto, e quindi non posso confutare queste affermazioni.
Però, insomma, se esistesse un gioco capace di comunicare serenità lavorativa, beh, Super Mario Bros. Wonder sarebbe quel gioco, senza dubbio.

Sembra quasi un’operazione alla “Cadence of Hyrule”, un capitolo apocrifo concesso in licenza a un team indipendente di squilibrati iconoclasti

E invece è tutta farina del sacco di Nintendo EPD. Ha una leggerezza e una consapevolezza tale nel rompere, ribaltare, strizzare le regole ultratrentennali dell’IP più conosciuta al mondo, rendendola quasi irriconoscibile, da sembrare tranquillamente un potenziale primo capitolo di una serie tutta nuova. Vi ricordate gli aneddoti degli sviluppatori di Splatoon, che raccontavano come Miyamoto ogni tanto mettesse la sua testa dentro l’ufficio, tipo Jack Torrace in Shining, sibilando di mettere i personaggi di Mario nel gioco, ‘che se no “non avrebbe venduto manco due copie”, fallendo però nel suo intento?

Diciamo che sarebbe stato plausibile che ci fosse riuscito intromettendosi nello sviluppo di, boh, Cazzibuffi Wonder, convincendo il director a trasformarlo in un capitolo di Super Mario. Ma sto partendo per la tangente. La meraviglia che sta nel titolo, qui, è la chiave, la regola, l’interruttore, la molecola virtuale che viene assorbita dagli occhi per poi ficcarsi nei neuroni e scatenare reazioni lisergiche (ciao Pietro). In un platform dove saltare, tutto sommato, è mediamente un’operazione di routine e non certo di precisione assoluta o di atletismo ludico (eccetto specifici casi dove il focus si sposta totalmente in questo campo, facendolo da dio), è il bombardamento audiovisivo a diventare nucleo incandescente dell’opera, raggiungendo picchi che, nel genere, si sono visti a sprazzi solo nei bellissimi Rayman Origins e Legends.

Solo che qua, l’effetto WOW, il sense of wonder, è tale da trasformare praticamente ogni livello (e sono circa 15 ore di livelli) in un’esperienza, un gameplay, un’idea capace di stare in piedi da sola, portata alle estreme conseguenze nell’arco di 5 minuti per poi passare ad un’altra, totalmente diversa. Sembra quasi un test clinico; “vediamo cosa ti succede se ti somministro questo Fiore Meraviglia”.

Spoiler: succede un picco di endorfine

In tutto questo la deliziosa fisica, tipica, filigranata, non replicabile, diventa l’unico punto di riferimento nella fattanza generale che stordisce il giocatore. La carta millimetrata è ancora lì sotto, la perfezione del controllo, l’inerzia, le collisioni tra Mario e tutto il resto, solo che quel sapere, quell’artigianalità da “level designer della qualità” è stata usata per un fine ben più alto, a sto giro; far ridere. Super Mario Bros. Wonder è pura platform comedy elevata a game design. Un susseguirsi di gag interattive, momenti folli, nuove animazioni inserite per il puro sfizio di rendere Mario il nuovo Charlie Chaplin del videogioco.

Lo stesso ritmo è quello di uno spettacolo comico; prima ti mette a tuo agio, ti fa sorridere, ci gira intorno, fa montare l’attesa con la giusta espressività e poi spara la battuta che ti piega in due, irresistibile come quando si entra in contatto con un Fiore Meraviglia e succede DI TUTTO. Idea geniale, realizzazione straordinaria. Un capitolo unico, probabilmente irripetibile e ancor meno replicabile (auguri vivissimi a chi vorrà cimentarsi in un platform ispirato a Wonder e, soprattutto, tanta stima per il coraggio) partorito da una Nintendo in pieno controllo, sulla cresta dell’onda come non succedeva dai primi tempi di Wii, mostrando anche un ricambio generazionale importantissimo e riuscito, dove l’energia degli sviluppatori più giovani è percepibile. E qua si potrebbero aprire altri discorsi, anche piuttosto interessanti, da portare magari in podcast.

Ora però il mio OCD mi impone di finire Wonder al 100%.

quanto spendere
60 /60€
bignami per pigri
30 anni a dire che i funghi in Super Mario erano un’allegoria della droga, quando la droga invece arrivava dai fiori.
top&flop
> WOW

> La rehab che tocca una volta finito