Una storia che inizia nel posto più improbabile del globo, quella di SEGA. Alle Hawaii, quelle isole dove prima lo prendi e poi lo dai. Sono gli anni ’50 e viene fondata Rosen Enterprises da un certo David Rosen. L’idea è quella di occuparsi di arte. I videogiochi sono ancora un’idea lontana, ma il sogno di Rosen è comunque quello di portare la cultura giapponese in America. E per farlo il veicolo è proprio l’arte. Ma il limone duro con quella cosa che ritenete arte senza pensarlo davvero scatta quasi subito, perché da li ad iniziare ad importare coin-op e giochi elettromeccanici – salutiamo il Kompagno Calenda – è un attimo. Anticipando un dominio della scena Arcade/cabinato che va avanti fino a domani.
Ci si arriva nel più americano dei modi, acquisendo una società dal nome abbastanza anonimo. Nihon Goraku Bussan però s’era inventata questa cosa dei SErvice GAmes per vendere i loro jukebox e slot machines in patria, e insomma, il brand funzionava. O comunque per qualche motivo qualcuno ha pensato che avesse senso rinominare la zaibatsu risultante dalla fusione delle due aziende SEGA. Tutto rigorosamente in maiuscolo, tutto rigorosamente senza sganciare altre bombe sul suono nipponico (che dopo la Seconda Guerra Mondiale non si sa mai). La storia – la genesi – di SEGA inizia grossomodo qui.
È il 1970 e a Master System mancano ancora una quindicina di anni abbondanti. Ma SEGA non lo sa, e si butta sui videogiochi lo stesso. Sotto la bandiera di Gulf+Western iniziano le prime timide pubblicazioni su Atari 2600 e Colecovision. Alcuni di questi titoli sviluppati o pubblicati da SEGA sono parte della storia dei videogiochi. Nomi familiari anche a chi non ha mai messo le mani su certe anticaglie. Tipo? Tipo Frogger. La cosa bella? Gulf+Western all’epoca era la holding che controllava Paramount. Proprio la casa cinematografica che quest’anno ha distribuito al cinema il film di Sonic. È la Storia dei Videogiochi che fa dei giri immensi pur di tornare indietro.
Si arriva quindi al Master System e al suo controller da stigmati stile Padre Pio, versione potenziata della prima console ufficiale SEGA (SG-1000) e primo grosso successo della casa. Ok, per ogni Master System venduto Nintendo piazzava circa 16 NES, ma la softeca annovera notevoli sleeper hit (Wonder Boy 3, per dirne uno) e curiosamente un clamoroso successo in Brasile. Com’è come non è, Master System rimane in produzione un botto di tempo. Quasi 10 anni pieni, visto che esce nell’85 e viene dismesso ufficialmente solo nel ’95, all’alba dello sciagurato Sega Saturn.
Con Master System erano prove tecniche di invasione. La strategia, quella agguerrita da guerriglia contro Nintendo, parte con Genesis/Mega Drive (a seconda di cosa dice il vostro passaporto). Gli attori protagonisti qui sono Michael Katz, al comando di SEGA per un annetto dal mese successivo all’uscita della nuova macchina, e Tom Kalinske. È con loro che si delinea la campagna marketing aggressiva, videoludicamente scorretta, che si può riassumere con un semplice concetto: Genesis does what Nintendon’t.
Kalinske non è un pirla, per dirla alla Mourinho. Ha un curriculum della madonna in fatto di giocattoli, e in quegli anni i videogiochi sono soprattutto giocattoli, distribuiti alle nostre latitudini da Gig e Giochi Preziosi. È sua l’idea di rendere Sonic l’anti-Mario, la mascotte della nuova macchina (per quanto poi downgradato anche su Master System e Game Gear). E sua è l’intuizione di prendere Street of Rage e renderlo un prodotto di punta, qualcosa che qualunque collegiale a stelle e strisce avrebbe voluto nella sua console, nel suo dormitorio. Kalinske ha un solo problema: è un americano.
Ai giapponesi, a cui per quella storiaccia di Hiroshima un po’ fumano ancora, che uno Yankee arrivi e gli voglia insegnare come si vendono i videogiochi, non fa esattamente piacere. Anche perché sono stati proprio gli Yankee a distruggere il loro mercato interno di settore e a propiziare l’arrivo di NES, quindi un “ma questo cazzo vuole” parrebbe più che legittimo. Il problema è che Kalinske ci prende, e ci prende un sacco. Tant’è che in America Nintendo per la prima volta arranca, perché la competizione è serrata e per ogni Super Mario di Miyamoto SEGA mette in campo la Storia: della musica (Michael Jackson), dello Sport (Madden), di tutto.
Prima Mega CD, un add-on per aggiungere quei Compact Disk che sembrano il futuro dell’intrattenimento sulla macchina. Poi 32X, altro accrocchio che sulla carta dovrebbe rendere Mega Drive una macchina a 32 bit… Uscito a prezzo pieno a tipo 6 mesi dal lancio di Saturn. Per non parlare appunto di Saturn, comunicato male e realizzato peggio, perdendo l’occasione di creare una partnership con quella Sony tradita di fresco da Nintendo. Kalinske aveva già il deal pronto, ma SEGA of Japan ferma tutto. Non ce li vogliono, questi qui famosi per il Walkman a fare affari con loro. Finirà che PlayStation polverizzerà la concorrenza facendo sostanzialmente le stesse cose che Kalinske aveva fatto una generazione prima.
Ma non finisce di certo qui, perché SEGA sogna. Sogna il rilancio in grande stile con Dreamcast, la macchina della rottura, quella che dovrebbe sovvertere una volta per tutte gli equilibri sul mercato.