Quindi sì, è uscita la nuova serie di Zerocalcare e sì, è tremendamente bella come quella che l’ha preceduta. L’ho divorata in una sera sola, sbattendomene allegramente il cazzo di centellinarmela come un buon vino e lasciandomi prendere a pugni da Zero e dalla sua penna.
Già con “Strappare lungo i bordi” quel disgraziato m’aveva fatto un male tremendo, mettendomi di fronte ai miei cazzo di traumi giovanili mai risolti, al rapporto con mia madre, al mio costante cercare di star fermo per evitare di combinare cazzate e, soprattutto, cercare di venir fuori come le mie figure genitoriali si auspicavano.
Ma se Strappare lungo i bordi m’ha preso a sberle man mano che gli episodi si consumavano così non è stato per “Questo mondo non mi renderà cattivo”, che le botte me le ha date tutte insieme a serie finita, mentre andavo a fumare una volta concluso l’ultimo episodio.
Attenzione! Da questo momento ci saranno spoiler. Vi avverto così evitate di cagare il cazzo siete attenzionati.
La serie ruota attorno all’apertura di un centro di accoglienza nel quartiere di Zero, creando due schieramenti di manifestanti: da una parte i nazi che non ne vogliono sapere di avere gente che gli ruba il lavoro in giro e che pretendono la chiusura del centro, dall’altra chi si oppone ai nazi e non vuole che a questi venga data voce. E questo è stato il punto critico per me, perchè mentre guardavo i comportamenti di Zero, dei suoi amici e di tutto il resto del cast della storia mi ero scordato del perchè si stessero scontrando coi nazi.
Preso dalle storie dei vari personaggi che si evolvono, la crudele e spietata descrizione del comportamento dei giornalisty in televisione, Enrico con il suo passato da tossico che si schiera contro Zero ed i suoi amici e via discorrendo io di quel centro d’accoglienza ad una certa me n’ero dimenticato.
E quando nell’ultimo episodio le persone che vi risiedono escono ed una di queste inizia a parlare con Zero ho capito perchè le avevo messe in secondo piano.
Fa male? Si. Boccone duro da digerire? Avoja. Perchè é vero, sono privilegiato. Perché nella mia piccola realtà non ho mai avuto a che fare con queste cose. Non ho mai assistito a palesi scontri tra centri sociali ed estrema destra, non ho mai visto arrivare barconi o pullman colmi di disgraziati che hanno perso tutto e visto di tutto, non ho mai avuto a che fare con queste cose. Mai, anche se ci sono. Vivo in una bolla, tagliato fuori da queste circostanze che vedo solo in televisione o sui social e che mi fanno incazzare come una bestia, ma che a conti fatti non appartengono alla mia quotidianità. Forse perché non le voglio vedere io.
Sono vincolato ai media, alle immagini ed alle informazioni che mi propongono Facebook o la televisione, non tocco le cose con mano né le vedo coi miei occhi. Certo, ho le mie idee a riguardo, ma sono sempre e solo idee. Ed in un Paese mondo come il nostro non toccare certe cose è davvero qualcosa che dovrebbe farci pensare a quanto cazzo di culo abbiamo avuto ad esser stati partoriti da questa parte del globo, invece che crogiolarci tranquilli nelle nostre trapunte di ignoranza mista a piuma d’oca.
Aggiungiamo anche che chi vi scrive è maschio, bianco, etero e cis. Ed anche questo è un merda di privilegio in un paese fottuto come il nostro dove parlamentari e ministri applaudono mentre affossano il DDL Zan.
Vogliamo rincarare? Possiamo eh, perchè mica finisce qui.
Avere un contratto decente ed una paga dignitosa sono diventati un fottuto privilegio in questo paese, fatto di contratti a progetto, stage, periodi di prova e lavori fatti e finiti pagati come hobby.
E spesso chi ti “paga” non ha manco la decenza di evitare di sventolare le chiavi del SUV mentre entra in ufficio due ore dopo di te. A cazzocottero proprio.
La verità è che tante cose sono ormai diventate privilegi. Essere eterosessuale ti permette di non rischiare di prenderti le botte se cammini col partner mano nella mano, essere uomo ti apre più porte se cerchi un lavoro (e non rischi di restare incinto, che i permessi di maternità fanno male alle aziende), essere nato da questa parte del Mediterraneo ti rende Italiano. Succede quando si confondono i termini “privilegio” e “diritto”, ma ‘sta è cosa strana visto che non si assomigliano manco per sbaglio.
Forse dovremmo ridefinire un po’ di robe, cercare di ritracciare quelle linee sbiadite dal calpestio e dall’usura che definivano cos’erano i diritti prima che iniziassimo a perderli di vista.