Non so nemmeno io perché. Non so nemmeno se Roberto Baggio poi sappia cos’è un Dreamcast. So solo che a 22 anni dal sogno di SEGA è più facile parlarne un po’ per tutti. Quanto era avanti Dreamcast, quanto ci ha insegnato. Quanto lo abbiamo depredato per lanciare la prima Xbox, poi 360, poi PlayStation 3. Siamo Marcello Lippi che ammette l’errore quando ormai il Codino ha appeso gli scarpini al chiodo e la domenica non gioca più, non segna più.
È quel commento facile e comodo che acchiappa pure i like, ma è tremendamente fuori tempo massimo. Baggio andava apprezzato in campo e Dreamcast andava comprato sugli scaffali, non nei mercatini dell’usato.
Quindi ecco, guardo un Dreamcast e mi viene in mente quel numero 10 che giocava con le ginocchia a pezzi, e ci vedo la stessa testardaggine di Isao Okawa che lascia a SEGA 700 milioni in punto di morte. Sono due mondi così distanti, forse pure malvisti uno dall’altro. Perché il calcio nei videogiochi è da casualone e i videogiochi nel calcio sono buoni solo per FIFA.
A me però danno le stesse emozioni. E quandi penso ai Baggio e agli Adriano non posso non pensare ai Dreamcast e ai Clover Studio a cui siamo sopravvissuti nostro malgrado.
Credits:
Musiche: Keys of Moon
Regia: Francesco Alteri
Voci: Stefania di Tella, Rami Nazha
Testi: Pietro Iacullo