Quello stereoscopico, da occhialetti al cinema e/o davanti alla TV. Quello che ha fatto staccare un sacco di biglietti ad Avatar anche se era praticamente Pocahontas con gli effetti speciali. Ok al cinema fanno ancora roba in treddì. Perché è facile e comodo venderti il biglietto a 2-3-4 euri in più. Però quando è davvero un valore aggiunto? Se togli Avatar, non resta un cazzo. Ed è successa la stessa cosa anche con le TV, perché ad un certo punto hanno infilato il 3D ovunque anche là ma il mercato se n’è sbattuto abbastanza. Perché adesso vogliamo il quattrokappa, vogliamo.
Nei videogiochi? Uguale. Ad un certo punto c’era 3D dappertutto. 3D sulla console di punta di Nintendo, anche se è la console portatile che hanno venduto a meno gente. E finché non è venuta fuori la perversione della versione 2D di una console 3D (che ha senso per tantissimi motivi, ma rimane una perversione) giochi che giocavano davvero con questa nuova profondità c’erano. Ma giochi dove fosse questione di vita o di morte, anche no. Poi ad un certo punto puff. Il 3D non era più un trend, non era più trendy (che pare la stessa cosa ma non lo è). Le pubblicità hanno iniziato a riempirsi la bocca con la Realtà Virtuale, la Realtà Aumentata, l’Intelligenza Artificiale. E noi uguale, perché alla fine la VR (per quanto sia ancora nel suo stadio proto-adolescenziale) sta avendo un impatto sul nostro intrattenimento, in meglio. Perché la AR è una mezza fuffata, ma fa sempre figo tirare fuori il telefono e usare la fotocamera dell’iPhone al posto del metro e cose del genere. Inutility, che però ti fanno sentire meno stronzo per aver speso 1000 e rotti euri di apparecchio e ti rendono figo agli occhi degli altri per 5 secondi. Status Symbol. Effimeri, ma sempre tali.
Come ci siamo dimenticati dei treddì abbiamo iniziato a vivere nel futuro. Perché adesso è tutto un continuo comando vocale, Computer amazza Flanders e un sacco di cose che fino all’altro ieri erano pura fantascienza, sci-fi da scaffale della libreria che adesso si è digitalizzato e gamificato. Abbiamo la testa così ficcata nel culo della fantascienza che la fantascienza in pratica non esiste più. Perché per definizione è un immaginario che si nutre di long shot plausibili (magari anche vagamente inquietanti) che al momento sono molto lontani dall’arrivare nelle nostre vite. Ed è qualcosa che quando vivi al ridosso della singolarità non riesci più a fare, perché i tempi si accorciano sempre di più e tutto sembra davvero imminente, la Next Big Thing passa più velocemente dell’autobus per andare in centro. Cosa c’è dopo i comandi vocali? Il non dover chiedere ma trovarsi le cose già pronte. Ed è già così, perché il mio telefono ogni martedì e giovedì sa che dopo il lavoro vado ad allenamento e mi propone già l’itinerario più veloce per arrivarci. Siamo molto più prevedibili di quello che pensiamo, o sono le macchine che sono più sveglie?
C’è forse un solo ultimo baluardo della fantascienza. Ma sarebbe troppo facile dirvi qui qual è. Viviamo nel nuovo millennio, siamo trans-mediali e da poco anche cross-podcasting. E di tutto questo (e anche di più) abbiamo infatti parlato nell’ ottava puntata di Proxi Luminale. Un vero e proprio Manifesto Cyberpunk che parla di quello che potrebbe succedere dopodomani.