Che poi Uncharted non è forse l’estrema conseguenza di Another World, Flashback e dell’eredità di Eric Chahi? E infatti Lunark di Canari Games, basta un singolo screenshot per intuirlo, è un tribute game puro, dichiarato, un’avventura sci-fi che alterna con cognizione di causa un’estetica cyberpunk alla Total Recall ad un incedere da Predatori dell’Arca Perduta, tra cospirazioni, antichi artefatti e governi guidati da ambigue intelligenze artificiali, in cui il protagonista, Leo, si trova irrimediabilmente invischiato; e chi l’avrebbe mai detto.

Una dedica talmente innamorata di quelle avventure anni ‘90 da replicarne la legnosità del sistema di controllo, quasi fosse un voto, una promessa, assolutamente non necessaria ma sentita e rispettata, in modo molto coerente e sapiente.

Ma anche meno andava bene

Cha-chi? Tipo il tizio a cui dobbiamo Fumito Ueda. E tutto il discorso del linguaggio dei giochini che ormai esportiamo pure nelle redazioni della critica dabbene.

Tutto sommato quando ci si prende la mano funziona pure, anche perché il ritmo aiuta ed è tutto regolato in base all’agilità del protagonista, che si muove quasi su una griglia invisibile con animazioni deliziose. Nonostante la goffaggine ci si ritrova invischiati in un action-platform super atletico, tra salti, arrampicate, corse, rotolate evasive e, ovviamente, sparatorie molto tattiche e “realistiche”, con la necessità di ripararsi, accucciarsi e inventarsi qualcosa al volo per gestire le situazioni più calde, tipo le boss fight. Quello che è altrettanto apprezzabile è la varietà di nemici, situazioni e location che tendono sempre a variare approcci al combattimento, platforming, puzzle solving, senza mai strafare o tirare fuori chissà che idee.

Antiche rovine, prigioni fluttuanti, sobborghi cittadini diventano set piece dove il gameplay viene sempre declinato in base all’ambiente e alla sceneggiatura, con sequenze stealth, inseguimenti, fughe su treni lanciati a millemila km/h, condensando il meglio della cinematic adventure e rivelandosi un gioco di genere purissimo, che si guarda bene dall’inventare qualcosa e anzi, tenderà a guardare storto chi si aspetta qualcosa di più di una cover, lato estetico compreso. Non è che sia particolarmente impressionante in sé, soprattutto in un panorama che negli ultimi anni ha visto sbocciare pixel art da museo, talmente sono belle, però sto gioco ha una palette cromatica spettacolare che esalta una cura per il dettaglio non banale, talmente brillante da riempire con personalità anche TV di dimensioni generose, illuminando la sala come uno dei suoi scorci al neon. I momenti più spettacolari sono però i brevi filmati in rotoscope, una roba da masturbazione visiva che fa pensare quanto sarebbe clamorosamente figo avere un gioco fatto tutto (o tutto fatto, visto quanto sarebbe lisergico) con questo stile, magari proprio il prossimo titolo di Canari Games, chi lo sa.

Fatto sta che Lunark rimane una bella avventura, creata seguendo alla lettera la “ricetta del Nonno” e aggiungendo qualche citazione ludo-cinematografica anni ‘80-’90 che piace tanto a una certa fetta di pubblico, quella a cui piace la roba tradizionale, mica la nouvelle cuisine.

quanto spendere
13 /20€
bignami per pigri
La cinematic adventure di una volta proprio, 16-bit, pixel art, annessi e connessi, setting sci-fi con una venatura da Indiana Jones, controlli in legno massello e un senso dello spettacolo non indifferente, con una bella varietà di situazioni e level design, per un lavoro di gran mestiere, fatto bene e totalmente innocuo per l’evoluzione del genere: Lunark è un puro tributo.
top&flop
> Varietà
> Spettacolarità
> Pixelà(rt)

> Control system del 15-18, anche meno dai