Forse troppo.
Lone Ruin mi ha spiazzato. Mi ha spiazzato tanto. Non proprio in positivo. O meglio, per alcune cose sì, per altre diciamo che è tutto quasi surreale per come siamo abituati a fruire oggi i videogiochi. Voglio partire però dal principio e dirvi che Lone Ruin è un roguelike isometrico esteticamente veramente da sborrata sulle mani. Però poi è finito tutto presto.
Accendo il gioco e mi trovo davanti un mondo 3D con protagonista 2D pixelato. Figata, mi piacciono ‘ste cose un po’ a metà. Subito mi rendo conto che con il gamepad è ingiocabile: mirare è impossibile e il personaggio si muove a cazzo. Con mouse e tastiera è tutta un’altra storia, veloce, reattivo e si mira da dio. Davanti a me la versione demoniaca del maniaco in impermeabile apre la veste e mi invita a scegliere un’arma. Ora, l’opzione “il suo cazzo” per fortuna non era disponibile, ma mi accorgo che posso scegliere tra un botto di armi e alcune con un piccolo + in alto a destra.
“Cazzo, mi fanno provare le armi all’inizio? Non sono randomiche o potenziamento generico dell’arma base generica?” Poi mi accorgo che sono spell e quindi ci sta, ne scegli una all’inizio e durante la run te ne capiteranno altre. Buono, carina anche l’idea di darti casualmente delle spell potenziate così da invogliarti a cambiare arma per non utilizzare sempre la stessa. Prendo il laserone della morte potenziato e vado avanti.
Due porte mi bloccano la strada e sopra di loro delle icone sconosciute. Ok, funziona come Hades, ogni stanza ti apre due porte, ne scegli una in base a cosa troverai dentro e non potrai più tornare indietro. Mi piace, approvato. Entro in una porta con sopra quella che sembra una delle spell provate in precedenza e poi parte un caricamento con delle linee e degli omini usciti da Space Invaders. Varcata la soglia iniziano a spawnare dei mob fighissimi. Un po’ troppa roba a schermo, ma si gestisce. Lasero la qualunque con la mia spell e mi accorgo che in alto a destra c’è una timeline con le orde da affrontare. Daje. Faccio fuori tutti, raccolgo l’oro caduto dai nemici sconfitti e prendo la nuova spell. Un soffio di lava di merda. Ottimo, non la userò mai.
Vado avanti a snowballare qualsiasi cosa osi affrontarmi e poi arrivo al boss. Bello eh l’albero spara palle fermo al centro, molto figa anche la scelta di renderlo un bullet hell bastardo; però sono a modalità normale con un’arma potenziata che shotta qualsiasi nemico, quanta cazzo di vita ha sto coso? Fatta fuori la spugna passo al prossimo stage, che visivamente è identico se non che parte con uno shop acchittato sulla strada come sul litorale laziale il 15 d’agosto. Ed è lì che mi accorgo di non avere una lira. Faccio due più due (con tanta difficoltà vista la mia discalculia) e arrivo alla conclusione che ogni danno subito fa perdere monete.
Peccato che non ci sia manco un briciolo di feedback per ‘sta cosa. Cioè prendi danno, lo schermo ha un ictus (e tu anche) ma non cadono monete, non senti suoni, sei troppo concentrato a non prendere altri danni per accorgerti che in alto a sinistra il contatore delle monete scende, e ti ritrovi con un pugno di mosche per lo stage successivo. Vabbè, sti cazzi, il gioco è figo, tengo a mente il fatto e si va avanti.
Sì. perché per i livelli successivi il gioco è identico ad eccezione dei boss e di due chiazze di lava a cazzo in giro. Stessi nemici, stesso ambiente, stesso design delle stanze e stessi premi. I boss sono fighissimi ma rimangono delle spugne e poi arriva il boss finale della run. Oh, attenzione, è la prima partita, sconfiggerlo mi permetterà sicuramente di sbloccare nuove aree, nuove armi, nuovi nemici, poi è figo in culo, non vedo l’ora di batterlo.
Mi avvicino, la telecamera si abbassa un po’ perché è un nemico davvero enorme e facciamo a pizze. Tra colpi ingiusti e schivate degne di Chuck Norris lo sconfiggo. Godo. Chissà cosa succederà, la base ci sta tutta, sarà sicuramente come The Binding of Isaac quando sconfiggi il cuore… Titoli di coda. Semplici titoli di coda. Alla fine una Leaderboard con i punteggi mondali. Prima run, gioco terminato, vi agevolo lo screen.
Ora, del punteggio mi frega il giusto (non è vero dovete inchinarvi al re) e sicuramente quando uscirà questa recensione di Lone Ruin sarò tra gli scarti come Marco “Brom” Bortoluzzi su TGM, però il gioco è davvero tutto qui. Sì, ci sta una modalità sopravvivenza stile Vampire Survivor dove spari a tutto ciò che ti viene incontro, fai esperienza, prendi potenziamenti e speri di sopravvivere per una decina di minuti. Per il resto il gioco è tutto qui, la ripetizione di se stesso alla ricerca del punteggio perfetto. Qualche nemico diverso, qualche situazione leggermente cambiata, ma la sostanza è questa.
Una continua ripetizione infinita dello stesso gioco, bello, ma senza il gusto del progresso a cui siamo abituati. E voi mi direte “eh ma questo è un roguelike puro, Rogue in ASCII funzionava così e mi faceva pure una pompa”, vero, infatti non vi sto dicendo che fa schifo e andrebbe bruciato, vi sto dicendo che è questo il gioco e che sinceramente mi ha lasciato un po’ interdetto. In un mondo in cui la non rigiocabilità intesa come progressione infinita è uno stigma, ritrovarmi un roguelike puro, il cui unico scopo è flexare il punteggio, è qualcosa di inaspettato. A voi le conclusioni. Io altre due o tre run me le sparo.
Però va bene che repetita iuvant, ma ad una certa anche basta.