Che gli “zeldini” siano ormai un trend affermato è un’affermazione difficile da contraddire, più peculiare è la varietà degli stessi, di cui Arranger è forse l’esponente più originale di tutti (tolto Cadence of Hyrule che però è, a tutti gli effetti, uno Zelda in cui Nintendo ha messo soldi).
Una puzzle adventure dove la protagonista, Jemma, è capace di muovere sotto i suoi piedi un mondo immobile, impaurito, bloccato, dove la sua indole ribelle è una boccata d’aria fresca per un mondo che puzza di vecchio. Più facile vedere un video che spiegarlo o, ancora meglio, più facile scaricarlo dal proprio abbonamento Netflix (coi controlli touch che funzionano pure bene), però Arranger mi ha colpito per come sappia molto bene cosa fare, come farlo e smettere di usare una meccanica nell’esatto momento in cui il cervello l’ha assimilata, passando ad una nuova variabile, ad un nuovo ambiente, nuovi adorabili personaggi da aiutare a scampare alla Stasi (che non sono i servizi segreti italiani). D’altronde ci ha lavorato gente che ha partecipato allo sviluppo di Celeste, Braid, ETHEREAL, Carto, quindi insomma, due robe le si impara e si è poi capaci di metterle in pratica.
Ogni enigma ambientale, combattimento, perfino la semplice esplorazione da un luogo a un altro è un piccolo/medio/grande esercizio mentale, tessera dopo tessera spostata sulle assi X e Y, ed è una goduria assoluta arrivare alla soluzione, circondati da una direzione artistica adorabile (riconoscerete lo stile estetico di Braid) e da una colonna sonora di alto livello. Il tutto impacchettato da una storia che affronta tematiche rilevanti con una leggerezza e un’ironia fantastiche, esaltate dalla dolcissima localizzazione italiana di Localize IT!.
Arranger è l’ennesimo esempio di come le idee, nel panorama indipendente (veramente indipendente in questo caso) non siano certo finite e, anzi, vada data la giusta rilevanza a titoli che rischiano di passare come una folata di brezza estiva, lasciando solo una leggera sensazione sulla pelle.