Fuori in 60 frame per secondo
Il problema non è Dragon's Dogma 2 a 30 fps su console, è che anche oggi la next gen la facciamo la next volta
Abbiamo perso la guerra tra risoluzione e frame-rate. Sempre se questa guerra s’è mai combattuta, perché ha tutti i connotati di una lotta di classe vinta dai ricchi senza manco scendere in campo. Le aziende hanno capito una vita fa che a livello di marketing era molto più comodo puntare sulla grafica perché la grafica la vedi, il frame-rate invece devi percepirlo. E visto che ci sono più casual user che persone con gli occhi utenti core ecco che diventa tutto un “Ultra HD”, “schermi retina”, “4K”.
È davvero così soprendente che Dragon’s Dogma 2 su console giri in 4K ma punti ai 30 frame per secondo? Alla fine pure il tuo TV QLED 70’’ Samsung che sta placidamente in salotto te l’hanno venduto parlando di risoluzione, è probabile che tu non abbia nemmeno idea di quale frequenza di aggiornamento abbia lo schermo. È probabile che tu non abbia nemmeno idea di che cazzo vuol dire “frequenza di aggiornamento”, in realtà – detto male e in breve, è il frame rate massimo supportato dalla TV/monitor/quello che è.
Per dire se Dragon’s Dogma 2 a 30 fps sia un problema dovremmo prima giocarci il giochino. Quello che possiamo già dire però è che è l’ennesimo sintomo di una next-gen che di “next” ha avuto stocazzo.
Prima del content™ però c’è il bieco placement della puntata del podcast di questa settimana. Featuring i ragazzi di LevelArt, aka uno dei pochi contenuti gaming su YouTube Italia che prova a fare qualcosa alla Jacob Geller senza risultare un insopportabile so-tutto-io che Hermione Granger levati.
Che fatica la vita da Gamer…
Fatica nei videogiochi può voler dire tante cose. La fatica di tenere premuto R1 perché altrimenti Yorda viene raggiunta dalle ombre e tu, Ico, rimani bloccato in quel castello di cui non conosci i segreti.
Quella di scalare un colosso o attraversare le UCA da solo, mettendo a dura prova il tuo fisico ma anche la tua psiche, perché alla fine di quella scalata perdi te stesso e finita l’attraversata l’Unico Vero HiDio utilizzerà contro di te le ultime 50 ore di gioco per farti soffrire come unə bastardə.
Che fatica la vita da Gamer. Soprattutto quando devi pulire tutta la mappa.
Fame Rate: una next-gen che ci tiene a digiuno
Quando Sony ha presentato DualSense mi sono sborrato nei pantaloni.
Era l’aprile del 2020, Microsoft aveva già fatto vedere da un po’ la nuova Xbox e in sala un po’ tuttə si chiedevano come avrebbe risposto Sony. E Sony avrebbe risposto mostrandoti solo il controller della nuova macchina. Abbastanza per fare molte più interazioni sui social di tutto il cucuzzaro di Xbox Series X. Abbastanza per dare a me tutto quello che voglio dai videogiochi: sognare il futuro.
DualSense doveva portarci attraverso lo specchio, novelle Alice finalmente in grado di toccare quel Paese delle Meraviglie che fino a quel momento avevamo soltanto potuto vedere, al massimo sentire quando non stavi giocando su Game Boy e tiravi giù il volume per far durare di più quelle batterie stilo. Il feedback aptico era tutto quello che mancava al videogioco: sì, ok, c’era la vibrazione – c’era l’HD Rumble di Nintendo Switch –, ma erano tentativi goffi ed embrionali. DualSense stava per aggiungere finalmente le vocali ad un alfabeto che ne era rimasto privo per troppi anni.
Ad oggi c’è un solo gioco per PS5 che sfrutta davvero bene DualSense. Tutti gli altri match-point sono stati buttati nel cesso.
S’è usato eh, per carità di HiDio. Giochi di corse dove quando le ruote driftano i grilletti fanno la stessa cosa. Giochi di spari dove cambia la resistenza a seconda dell’arma da fuoco. Però poca roba. Dov’è quell’Horizon dove mentre Aloy tende l’arco io lo tendo con lei? Dov’è quel Death Stranding dove sento la fatica nelle scarpe di Sam sotto i miei polpastrelli? Dov’è tutta la roba che quella meravigliosa tech demo che si chiama Astro’s Playroom ci ha fatto vedere, prima illusi e poi delusi dall’unica cosa davvero “next” di quella next-gen?
Perché il resto, dai, il resto potevamo immaginarlo per i cazzi nostri. Addirittura per lunghi tratti potevamo giocarlo su PS4 e Xbox One. Ok, la pandemia, il Canale di Suez, la crisi dei semiconduttori, il buco dell’ozono. Fregnacce, perché a livello economico nulla di tutto questo ha ostacolato la crescita pazzesca che ha avuto l’industria del videogioco negli ultimi 5 anni. Anche considerando i licenziamenti annate 2023 e 2024 (che non sono certo finiti qui, anzi) si sta comunque molto meglio che nel quinquiennio precedente. Solo che non stiamo giocando nulla che non avessimo già giocato durante la generazione precedente: è più bella la grafichina, ogni tanto ci si fa la grazia di poter scegliere di sacrificarne un po’ per avere un frame rate migliore – spesso è una supercazzola, Final Fantasy 7 Rebirth in modalità prestazioni comunque oscilla tra i 50 e i 60 fps, tanto vale capparlo a 30 e giocare in modalità grafica –, ma per il resto niente di nuovo.
La produzione AAA di alto profilo è ancora The Witcher 3 con una skin diversa. Qualcuno ogni tanto si azzarda a parlare di “quadrupla A”, salvo poi uscirsene con Skull and Bones.
“Not all video games”, ovviamente. È uscito Returnal che adesso che c’è la dovuta distanza dalla release si può ritenere il capolavoro che era già dal day one. L’inadeguatezza di Selene, il suo personale Ade allegorico pieno di mostri autogenerati, le versioni dei loop passati che diventano minaccia e fiaccano la speranza di raggiungere la Pallida Ombra. Per tantissimi versi non si vedeva una cosa così franca nel raccontarsi attraverso il gameplay da Hellblade.
È uscita roba più piccola che dovrebbe far vergognare chi con una vagonata di soldi non riesce a tirare fuori qualcosa che emozioni come un Tunic. È uscito Elden Ring e c’abbiamo perso giustamente la testa, ma arriva quando la rivoluzione l’ha già fatta riscoprire Dark Souls. Sta facendo il botto (anche se SpaccioGames dice di no) Palworld, che è un gioco di Cristo, ma pure qua l’intuizione è stata rendere quasi idle un survival e metterci gli pseudo-pokémon.
Roba che gira tranquillamente anche su Steam Deck e su Xbox Series S, e per quanto l’handheld di Valve non dia fastidio a nessuno alla fine purtroppo la mia profezia si è avverata e Series S ha reso perfettamente inutile l’essere “la console più potente di sempre” della sua sorella maggiore. A fronte di vendite tutto sommato risibili, perché il punto è che alla gente non piace Xbox manco quando costa 200€ in meno e Game Pass ti permette di non comprare mai più virtualmente nulla, preferiamo PlayStation 5 anche se PlayStation 5 passerà alla storia come la console Sony con la peggior lineup di sempre di questo passo.
Alla luce di tutto questo Dragon’s Coso 2 che va a 30 fps è davvero il problema? No, ne è solo un sintomo, manco così inedito perché basterebbe guardarsi un po’ alle spalle per trovare tracce di delusioni molto simili. Ci siamo volutə illudere che dipendesse dal dover uscire cross-gen e vedrai che succede appena abbandonano PS4.
Quello che è successo è che continui a giocare a The Witcher 3. E continua a girare pure a 30fps. E continui ad invocare il cambio di hardware sperando che plachi la tua fame, quando il problema non è di teraFLOPS o di altre stronzate.
È più grave. E riguarda le idee.
Compriamo remake e remastered perché quando proviamo a immaginare il futuro gli sbirri ci corcano di mazzate.
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
È la cifra stilistica della nostra generazione, una morte che scontiamo vivendo fin dal 19 luglio 2001. Cambia la città ma non cambia la sostanza: Genova, Bologna, adesso Pisa. Cambia la data e l'unica cosa che possiamo dire ai noi del passato è "c'avevate ragione". Ma la ragione è dei fessi.
E allora compriamo per l'ennesima volta il remake di Final Fantasy 7 perché Final Fantasy 16 ci fa paura.
È troppo nuovo, troppo diverso, troppo fuori da quella zona di comfort che è l'unico posto dove la polizia non ci carica, dove nessun politico ci etichetta come bamboccioni, lassisti, drogati. In Final Fantasy 7 alla fine alla Shinra la mettavamo in culo. Addirittura riuscivamo a salvarlo, 'sto cazzo di mondo.
Adesso invece ci ritroviamo a invidiare Aerith, morta prima di vederci fallire per colpe che non sono le nostre.
Esattamente come Carlo Giuliani.
Riscoprirsi delatori nel 2024 è un attimo: basta avere una posizione di potere ed essere stronzi.
di Richard “Amaterasu” Sintoni
Quanto deve esser girato il culo a quel curatore di Steam che s'è voluto riscoprire gendarme per iniziare a flaggare i titoli che considera "woke" con il tag "Sweet Baby Inc. Detected" pur di aizzare le folle di stronzi. Tanti da aumentare la sua lista di follower di svariate migliaia di indignati contro il politicamente corretto e le fantomatiche agende che chissà in quali cassetti stanno.
Che poi chi muove 'ste folle inferocite lo sa perfettamente che queste compagnie non agiscono nell'ombra, ma sotto contratto e pagate per dar suggerimenti e non imposizioni. Ma col cazzo che lo fanno presente, perché è meglio non dare indizi su nemici talmente invisibili che non esistono.
Che poi davvero, io vorrei capire cosa c'è di woke in alcuni dei titoli "supervisionati" da Sweet Baby come God of War: Ragnarok eh. Ah già, c'è Angrboda nera: quale oltraggio cambiarle il colore della pelle in un titolo dove la mitologia norrena prende una tangente bella differente rispetto ai suoi miti.
La verità è che l'unica cosa che 'sta gente vuole è un nuovo Gamergate per sentirsi legittimata a far cagare, a dire che l'agenda woke vuole silenziarla e che "non si può più dire nulla".
Un po' come Vannacci eh, che me lo ritrovo sui giornali ed in televisione un giorno si e l'altro pure.
FF7 Rebirth: diario di gioco di Amaterasu (1)
"Vivo la mia vita a un quarto d'ora di ritardo al giorno", e quella videoludica non fa eccezione, motivo per il quale non potrei mai fare il newser per i giochini.
Ma a prima area completata (si spera) e col biscione all'orizzonte due impressioni me le sono fatte. Vediamo 'ndo cazzo ci porterà 'sto Unknown Journey di Nomura Kitase dell' allegra compagnia di Final Fantasy 7.
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Il design per sottrazione è una stronzata.
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Funziona nell'arte. Lì "less is more" è effettivamente un concetto che ha senso e dignità, togliere finisce sempre per dare qualcosa in più che altrimenti si sarebbe perso in mezzo a mille fetch-quest del cazzo o a un sacco di funzioni inutili messe nel tuo smartwatch solo per giustificarne il prezzo – e drenare la batteria.
Nella vita vera però togliere fa male. Less is less.
Non scegli le persone a cui voler bene. Ti capitano, carte da poker in un gioco dove pure le carte bluffano e quellə che pensavi essere l’asso diventa un due. Non lo sai finché non la giochi, finché non provi a fare scala o almeno coppia e le regole prendono forma per poi perderla alla prossima mano.
Facile dire “da oggi solo persone che mi danno positività”. È una zona di comfort. Come tutte le zone di comfort non porta a niente che abbia valore.
Il senso della vita è sempre al di là di queste trappole che costruisci per sottrazione. Provare a raggiungerlo vuol dire aggiungere cose e persone che probabilmente finiranno per farti male.
Per questo il design per sottrazione è una stronzata. Per questo la vita fa schifo a livello di game design.
Ma è l’unica cartuccia che puoi mettere nella tua console. E quindi tocca premere start.
Spammini Tattici Nucleari™
I’m a (cooking) mama boy
Il piccolo Riccardino Fuffolo Riccardo Minisola non scriveva nulla da qualche annetto. Il crowdsourcing di Gameromancer è molto contento di ospitarlo ancora. Tra l’altro, se vuoi, puoi tranquillamente scrivere anche tu.
Intanto trovi la SegaMentale sul solito Sacro Blog™ →
L’arrocco di Gambit Shifter
Ma questo revival di Francesco Alteri? A settimane dall’uscita di Gambit Shifter continuiamo a parlare solo noi. Fra qui lo fa attraverso un dialogo, perché evidentemente era un po’ che non ricordava ai presenti che ha fatto il DAMS.
Però il pezzo mi è garbato molto. Lo trovi qua →
L’utopia degli oggetti: una lettura postmaterialista di “Barbie”
Lo Specchio Scuro è un altro di quei progetti editoriali col mignolino alzato che sanno alzare il mignolino: non sono artificiosi, elitisti o stronzate del genere, e la curatela degli argomenti da trattare penso sia un buon termometro di questo. Qui Stefano Caselli parla di Barbie. Sì, anche questo spammino contribuisce alla quota DAMS di questa settimana.
È importante dare letture politiche della cultura di massa. Quindi clicca →
Helldivers 2 e i democratici per finta
Marco Bortoluzzi questa settimana si chiede se siamo l’intrattenimento che consumiamo o no partendo da Helldivers (che è in effetti una giga-parodia degli USA che però è facile vedere come una sua esaltazione. Un po’ come Warhammer coi fasci).
Dove? Ovviamente su PoteriArcani La Rivista Ufficiale™ →
Se vuoi segnalare cose sai dove trovarci. Siamo ovunque: Telegram, Instagram, Facebook, cercando “Gambit Shifter” su Google perché nessunə altrə stronzə s’è presa la briga di coprirlo e poi però quando fa comodo urla ai quattro venti che è ləi la voce dell’indie.
Non sono assolutamente tiltato dalla cosa, perché dici così?
… E mo Miyamoto gira in Ferrari
Doveroso update della newsletter di settimana scorsa dove si discuteva il caso “Nintendo vs Yuzu”. È finita che i dev di Yuzu si sono cacati (comprensibilmente) addosso e si sono accordati extra-giudizialmente con Kyoto.
Risultato: gli devono due milioni e mezzo di dollari, Yuzu e Citra (emulatore per 3DS) cessano di essere sviluppati e i sorgenti vengono rimossi dalle loro repository, sconfitta per tuttə. Non tanto per quanto riguarda Yuzu in sé (che è già stato forkato in un paio di progetti), ma perché perdersi Citra è una bella botta. E checché se ne dica questo è un brutto precedente. Non dico che i dev di Yuzu fossero dei santi (anche la scorsa settimana dicevo che è da merde piratare Tears of the Kingdom quando è appena uscito), ma la pena dovrebbe essere proporzionale. E invece in questo caso è semplice deterrenza.
Basta giocare The Phantom Pain per capire che la deterrenza non funziona. O ripassare un po’ di nozioni sulla Guerra Fredda. O pensare a che sta succedendo adesso in Ucraina.
Spero davvero che Hellblade 2 sia quello che è stato Hellblade per il videogioco di ottava generazione. Spero che faccia evolvere il linguaggio, mi dia finalmente una giustificazione per aver buttato un sacco di soldi prima in console e poi per un PC. Spero che le soluzioni paventate tanto da Sony quanto da Microsoft, ovvero l’uscire prima o poi multipiattaforma con tutto, non ci rimbalzino in culo livellando ulteriormente un mercato già così piatto che l’anno scorso il titolo più rivoluzionario è stato Baldur’s Gate 3, una cosa che fa perno su delle meccaniche di gioco (di ruolo da tavolo) che esistono dal 1974.
Lo spero non tanto perché ne va della mia redditualità e perché a giochino grosso corrispondono tante interazioni se ne parli, ma perché è quello di cui ho bisogno io. Per raccontare le mie storie qua o in podcast ho bisogno delle storie degli altri, che mi vengano raccontate quando prendo un pad in mano e che mi facciano venire la voglia di non posarlo mai.
Ho bisogno che l’industria sia all’altezza del suo passato, non che vi si rifugi per bieche questioni commerciali a botte di remake e remastered che iniziano con le stesse due lettere della parola “recessione”. Ho bisogno del wow factor che mi ha tenuto incollato a The Witcher 3, non del suo ennesimo clone del cazzo.
E sono abbastanza sicuro che ne hai bisogno anche tu.
PS che spero Pulciaro non legga prima della pubblicazione: il 6 marzo questa newsletter compiva un anno. il 90% delle uscite sono state revisionate proprio da lui, perché io sono una sega a beccare i typo. E quindi il traguardo è quantomeno al 30% suo.
Grazie. Per questo ma anche per tantissimo altro che è giusto rimanga tra noi pochə.
Un anno di newsletter che voglio festeggiare, un anno in cui sono e siamo cresciuti, un anno che mi ha mostrato ancora una volta che anche a 42 anni suonati c'è sempre una infinità di cose da imparare, basta solo avere la forza di mettersi in ascolto e fare.
Un anno di ribellione in forma scritta, tutta da leggere.
Spesso diciamo a noi stessi che manca il tempo, viviamo tutto troppo velocemente, ma se mai ti dovessi trovare a giocherellare con lo smartphone in mano scrollando qualche social o aggregatore di notizie allora ti consiglio di fermarti qui:
Scorri l'elenco dell'archivio della newsletter, prendi una settimana qualsiasi e prendi del tempo per leggere.
Scoprirai quanto ancora c'è da fare perché si possa cambiare un minimo il mondo, o almeno noi stessi.
Per me è perfettamente okay craccare Tears of the Kingdom anche se appena uscito.
Alla fine parliamo di aziende miliardarie e se il videogioco è arte come diciamo allora deve essere fruito da tutti e tutte.